Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33442 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33442 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TOCCO DA CASAURIA il 28/09/1975
avverso la sentenza del 17/03/2025 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la sentenza impugnata.
Rilevato che il ricorso è manifestamente infondato;
Considerato, infatti, che NOME COGNOME con il primo motivo di ricorso svolto avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte d’appello di L’Aquila ha confermato quella del Tribunale di Pescara del 7 giugno 2023 (che lo aveva riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 76 d.lgs. 159/2011), lamenta che entrambi i giudici di merito avrebbero eluso il doveroso controllo di legittimità dell’atto amministrativo in punto di motivazione della pericolosità sociale, immotivatamente ritenuta sulla mera scorta di segnalazioni di polizia;
Ritenuto, al riguardo, che l’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi aspecifici e manifestamente infondati;
Considerato, infatti, GLYPH che – come già affermato da questa Corte con orientamento costante – il giudice penale non può sostituire la propria valutazione al giudizio di pericolosità espresso dal Questore, in quanto in tal modo eserciterebbe un inammissibile sindacato giurisdizionale di merito sull’atto amministrativo mentre, invece, è consentito e doveroso il sindacato di legittimità sul provvedimento, consistente nella verifica della sua conformità alle prescrizioni di legge, tra le quali rientra l’obbligo di motivazione sugli elementi da cui viene desunto il giudizio di pericolosità del soggetto; ricordato che pertanto il provvedimento, per fungere da valido presupposto del reato, deve esplicitare gli elementi di fatto, in base ai quali esprime il giudizio di appartenenza del destinatario ad una delle categorie indicate nell’art. 1 d.lgs. n. 159/2011 e indicare i motivi che inducono a ritenerlo socialmente pericoloso, non essendovi coincidenza tra l’appartenenza a una delle categorie di cui al citato art. 1 e la pericolosità sociale del soggetto, che va desunta da ulteriori circostanze di fatto, delle quali si deve dare atto in modo specifico e che nel caso in cui il provvedimento del Questore sia sufficientemente motivato, indichi in modo chiaro, intelligibile e razionale le ragioni dell’affermata pericolosità del sottoposto a foglio di via obbligatorio, esso può essere disapplicato solo a fronte dell’accertata insussistenza degli elementi addotti a sostegno della ritenuta pericolosità; ritenuto che a tali superiori e condivisi principi il provvedimento impugnato si è correttamente attenuto, valorizzando quanto emerso dal decreto del Questore, che ha esposto gli elementi fattuali, sui quali si è incentrato il giudizio di pericolosità sociale ;
Ritenuto che, pertanto, la motivazione della decisione, sintetica ma compiuta, ha riscontrato nel provvedimento amministrativo la presenza di idonea
specificazione sia della pericolosità del soggetto, sia degli elementi a tal fine significativi;
Considerato, altresì, che le censure contenute nel secondo motivo sono anche esse inammissibili in quanto relative ad una questione (l’applicazione dell’art. 131bis cod. pen.) che non era stata oggetto dei motivi di appello e, quindi, proposte in violazione del principio in base al quale con il ricorso per cassazione non possono essere dedotte questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame al fine di evitare che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di merito (Sez. 2, n. 29707 del 8/3/2017, Rv. 27031
Rilevato, infine, che il terzo motivo (riguardante il trattamento sanzionatorio) è anche esso manifestamente infondato atteso che la relativa censura oblitera il principio, secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito esercita la discrezionalità che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, Rv. 239754). Una valutazione siffatta è insindacabile in sede di legittimità, purché sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). Nel caso poi venga irrogata, come nella specie, una pena inferiore alla media edittale, non è necessaria un’argomentazione specifica e dettagliata da parte del giudice e il parametro valutativo può essere desunto dal testo della sentenza suo complesso motivazionale e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena stessa (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rv. 267949);
Ritenuto, pertanto, che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cas delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in Roma il 25 settembre 2025.