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Pericolosità sociale: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla persistente pericolosità sociale, basata su una carriera criminale in crescendo e nonostante il tempo trascorso dall’ultimo reato (periodo passato in detenzione), è una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione del giudice non è meramente apparente.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sorveglianza Speciale e Pericolosità Sociale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’applicazione di una misura di prevenzione come la sorveglianza speciale si fonda su un giudizio delicato: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo. Ma cosa accade quando il soggetto ritiene che tale pericolosità sia venuta meno? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 44098/2024) offre chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso contro queste misure, ribadendo la differenza tra un riesame dei fatti e una violazione di legge.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di un anno. La misura era stata disposta a seguito di una serie di reati contro la persona, culminati in una condanna a sette anni e un mese per tentato omicidio.

L’interessato presentava istanza di revoca della misura, sostenendo che la sua pericolosità sociale non fosse più attuale. A sostegno della sua tesi, evidenziava il tempo trascorso dall’ultimo fatto delittuoso (risalente al settembre 2021) e il suo percorso di reinserimento sociale, anche attraverso lo studio. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la sua istanza, confermando la misura. Di qui il ricorso per Cassazione, basato sulla presunta mancata valutazione dell’attuale condizione del soggetto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: in materia di misure di prevenzione, il controllo della Cassazione è limitato alla sola “violazione di legge”. Non è possibile, in questa sede, contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito, a meno che la motivazione del provvedimento non sia del tutto assente o meramente apparente, ovvero così illogica da equivalere a una violazione dell’obbligo di motivare.

Le Motivazioni: la valutazione della pericolosità sociale spetta al merito

La Corte ha spiegato che le censure mosse dal ricorrente non integravano una violazione di legge, ma si traducevano in una critica alla valutazione di merito compiuta dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione completa e logica, illustrando in modo adeguato le ragioni della sua decisione.

In particolare, i giudici di merito avevano correttamente considerato la storia criminale del soggetto, caratterizzata da un “crescendo” di delitti contro la persona, iniziata nel 2015 e culminata nel grave episodio di tentato omicidio. Questo percorso è stato ritenuto un indicatore solido di una radicata pericolosità sociale.

Inoltre, la Corte d’Appello aveva dato il giusto peso al lasso di tempo trascorso dall’ultimo reato. Tale periodo non è stato ritenuto significativo ai fini di una rivalutazione della pericolosità, poiché il soggetto si trovava in stato di detenzione. La detenzione, infatti, aveva di per sé impedito la commissione di ulteriori reati, non potendo quindi essere interpretata come un segno di effettivo ravvedimento. Pur valorizzando il percorso di studi intrapreso, la Corte di merito aveva ritenuto che non fosse un elemento sufficiente a superare il giudizio di pericolosità, limitandosi a ridurre la durata della misura.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce che la valutazione sulla persistenza della pericolosità sociale è un giudizio complesso che spetta ai giudici di merito. Il ricorso in Cassazione non può diventare un terzo grado di giudizio per ridiscutere i fatti. Un periodo di buona condotta, specialmente se trascorso in regime detentivo, non è automaticamente sufficiente a dimostrare la cessazione della pericolosità, soprattutto di fronte a una carriera criminale grave e progressiva. Per ottenere la revoca di una misura di prevenzione, è necessario presentare elementi nuovi e concreti che dimostrino un reale e profondo cambiamento, capaci di superare la valutazione logica e completa già effettuata dai giudici nei gradi precedenti.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una misura di prevenzione come la sorveglianza speciale?
Il ricorso in Cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o la logicità della motivazione, a meno che quest’ultima non sia totalmente assente o meramente apparente.

Il tempo trascorso dall’ultimo reato è sufficiente a dimostrare la cessata pericolosità sociale?
No, non necessariamente. Se il periodo di tempo è stato trascorso in stato di detenzione, la Corte può ritenerlo non rilevante, in quanto la condizione detentiva ha impedito la commissione di nuovi reati, senza che ciò implichi un effettivo cambiamento del soggetto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
È stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni del ricorrente non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti (la sua attuale pericolosità), attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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