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Pericolosità sociale: i requisiti secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35392/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo sottoposto a sorveglianza speciale. La Corte ha ribadito che la valutazione della pericolosità sociale non richiede condanne definitive, ma si basa su un quadro complessivo di abitualità criminale, anche desunto da procedimenti pendenti, e sulla dimostrazione che il soggetto viva prevalentemente di proventi illeciti, come evidenziato da una sproporzione tra redditi leciti e tenore di vita.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando si può applicare una Misura di Prevenzione?

La valutazione della pericolosità sociale è uno degli strumenti più delicati del nostro ordinamento, poiché permette di applicare misure restrittive della libertà personale non in seguito a una condanna per un reato, ma per prevenire la commissione di futuri illeciti. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 35392 del 2024, è tornata a fare chiarezza sui criteri necessari per fondare un tale giudizio, confermando un orientamento rigoroso ma pragmatico.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo a cui il Tribunale aveva applicato la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, ritenendolo socialmente pericoloso. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la decisione, riducendo la durata della misura ma confermandone l’impianto. L’uomo ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua pericolosità non fosse stata adeguatamente provata. A suo dire, i giudici si erano basati su procedimenti penali datati o non ancora definiti e avevano presunto erroneamente che vivesse di proventi illeciti, senza considerare fonti di reddito lecite sebbene non formalizzate.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, cogliendo l’occasione per ribadire i principi cardine che governano l’accertamento della pericolosità sociale.

Le Motivazioni: I Criteri per la Pericolosità Sociale

Le motivazioni della sentenza sono fondamentali per comprendere come i giudici debbano approcciare la valutazione della pericolosità di un individuo. La Corte ha seguito un percorso logico ben definito.

Il Giudizio di Abitualità Criminale

Un punto centrale della difesa era che non si potesse fondare un giudizio di pericolosità su procedimenti non ancora conclusi con una condanna definitiva. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che l'”abitualità” nel delinquere può essere desunta da un quadro complessivo. Ciò include non solo sentenze passate in giudicato, ma anche procedimenti pendenti e altri elementi fattuali che, letti insieme, dimostrano una “specializzazione criminale” e una continuità nell’agire illecito. Non è necessario attendere la fine di ogni singolo processo se il quadro generale rivela una radicata e persistente inclinazione al crimine.

I Tre Requisiti della Pericolosità Sociale Generica

Richiamando una fondamentale sentenza della Corte Costituzionale (n. 24/2019), la Cassazione ha ricordato che per applicare una misura di prevenzione basata sulla cosiddetta “pericolosità generica” (cioè quella di chi vive abitualmente con i proventi di attività delittuose) devono sussistere tre requisiti:
1. Abitualità: I delitti devono essere commessi in modo ripetuto in un arco temporale significativo.
2. Profitto: Tali delitti devono aver effettivamente generato un guadagno per il soggetto.
3. Fonte di reddito: I proventi illeciti devono costituire l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di sostentamento.

La Prova della Fonte di Reddito Illecita

La Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito anche sul piano economico. Le indagini patrimoniali avevano rivelato che i redditi leciti dell’uomo, nel periodo considerato, erano assolutamente insufficienti a coprire le normali esigenze di vita. Di fronte a questa evidenza, le generiche affermazioni della difesa su lavori non regolarizzati o aiuti familiari non sono state ritenute sufficienti a confutare il quadro indiziario. In sostanza, quando c’è una palese sproporzione economica, si presume che il soggetto si mantenga con attività illecite.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un principio di grande importanza pratica: il giudizio sulla pericolosità sociale è una valutazione complessiva e non una mera somma algebrica di condanne. Il giudice deve guardare alla storia personale del soggetto, alla continuità delle sue condotte antisociali e alla sua condizione economica per capire se rappresenti un pericolo attuale e concreto per la collettività. Questa decisione conferma che le misure di prevenzione si basano su un’analisi pragmatica della realtà, dove anche procedimenti in corso e una evidente sproporzione reddituale possono costituire prove sufficienti a giustificare l’intervento dello Stato per prevenire futuri reati.

È necessaria una condanna definitiva per dimostrare la pericolosità sociale di una persona?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la pericolosità sociale e l’abitualità nel delinquere possono essere desunte anche da procedimenti penali pendenti e da altri elementi che, nel loro complesso, dimostrino una radicata e persistente inclinazione al crimine, senza necessità di attendere una sentenza definitiva per ogni fatto.

Quali sono i requisiti fondamentali per applicare una misura di prevenzione basata sulla ‘pericolosità generica’?
La sentenza, richiamando la Corte Costituzionale, stabilisce tre requisiti: 1) i delitti devono essere commessi abitualmente in un arco temporale significativo; 2) devono aver generato profitti effettivi per il soggetto; 3) devono costituire la sua unica o principale fonte di reddito.

In che modo viene valutata la fonte di reddito di un soggetto ai fini della pericolosità sociale?
La valutazione si basa su indagini patrimoniali. Se emerge una significativa e ingiustificata sproporzione tra i redditi leciti dichiarati e il tenore di vita, o una totale insufficienza dei redditi leciti per le esigenze quotidiane, il giudice può presumere che il soggetto viva dei proventi di attività illecite. Spetta poi alla difesa fornire prove concrete del contrario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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