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Pericolosità Sociale: i requisiti della Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la misura della sorveglianza speciale basata su una valutazione di pericolosità sociale. La decisione si fonda sulla lunga carriera criminale del soggetto, sulla natura lucrativa dei reati e sull’assenza di un’attività lavorativa lecita, respingendo le censure sulla motivazione del provvedimento.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione fissa i paletti per la sorveglianza speciale

Il concetto di pericolosità sociale è uno degli elementi più delicati del nostro ordinamento, poiché consente di applicare misure restrittive della libertà personale non sulla base di un reato già commesso, ma sulla previsione che se ne possano commettere in futuro. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri necessari per fondare un giudizio di questo tipo, confermando la legittimità di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale nei confronti di un soggetto con un lungo trascorso criminale. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e il versamento di una cauzione. La misura era stata disposta dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bari sulla base della ritenuta pericolosità sociale del soggetto, derivante da una lunga serie di condanne per reati contro il patrimonio commessi in diverse parti d’Italia a partire dal 1989.

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una motivazione carente e apparente. A suo dire, i giudici di merito non avrebbero considerato adeguatamente le sue argomentazioni difensive, tra cui il fatto che le violazioni più recenti fossero legate a un unico procedimento per cui aveva già scontato la pena e che un lungo periodo di detenzione avrebbe dovuto far riconsiderare l’attualità della sua pericolosità. Contestava inoltre la prescrizione di non usare apparecchi telefonici, ritenuta contraddittoria con la necessità di cercare un lavoro, e chiedeva la revoca della cauzione per impossidenza.

I Criteri per la valutazione della Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno colto l’occasione per ribadire che, in materia di misure di prevenzione, il ricorso in Cassazione è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Questo vizio include anche la motivazione ‘inesistente o meramente apparente’, ma non permette di contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito.

Nel caso specifico, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta solida e ben argomentata. La Suprema Corte ha evidenziato come il giudizio sulla pericolosità sociale non fosse basato su meri sospetti, ma su elementi di fatto concreti e specifici. La decisione si fondava sull’applicazione di un triplice requisito, consolidato dalla giurisprudenza anche costituzionale:

1. Abitualità dei delitti: I reati devono essere stati commessi in un arco temporale significativo, a dimostrazione di una scelta di vita criminale.
2. Carattere lucro-genetico: I delitti devono aver generato profitti per il soggetto.
3. Fonte di reddito: Tali profitti devono aver costituito l’unica o principale fonte di sostentamento.

La Corte ha ritenuto che tutti e tre i requisiti fossero presenti nel caso in esame, data la lunga e ininterrotta serie di reati contro il patrimonio e l’assenza di un’attività lavorativa lecita documentata per lunghi periodi.

L’attualità della Pericolosità e le Prescrizioni

La Cassazione ha inoltre respinto la tesi secondo cui il lungo periodo di detenzione avrebbe interrotto il giudizio di pericolosità. Al contrario, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato come, anche dopo la prima decisione del Tribunale, fossero sopraggiunte altre condanne definitive, a dimostrazione della persistenza della tendenza a delinquere. Questo conferma che il giudizio di pericolosità sociale deve essere ancorato al momento della decisione, tenendo conto di tutti gli elementi disponibili.

Anche le censure relative alle prescrizioni accessorie, come il divieto di uso del telefono e la cauzione, sono state respinte. La Corte ha motivato che l’uso di apparecchi di comunicazione aveva agevolato la commissione di reati in passato. Per quanto riguarda la cauzione, ha ribadito che spetta al proposto l’onere di dimostrare concretamente la propria impossidenza, non essendo sufficiente una mera affermazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sul principio che il giudizio di prevenzione non può essere una riedizione del processo penale, ma una valutazione prognostica basata su elementi oggettivi. La Corte ha stabilito che la motivazione della Corte d’Appello non era né mancante né apparente, ma saldamente ancorata a una pluralità di elementi fattuali: la continuità e la serialità dei reati, la loro estensione territoriale (da Bari al Nord Italia), il loro carattere associativo e la finalità di profitto. Questi elementi, nel loro insieme, disegnano un quadro di ‘professionalità nel crimine’ che giustifica pienamente la pericolosità sociale e l’applicazione della misura di prevenzione.

Il ricorso è stato quindi interpretato come un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, piuttosto che denunciare una reale violazione di legge. La Corte ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare il merito, ma di verificare la coerenza logico-giuridica della decisione impugnata, che in questo caso è stata ritenuta ineccepibile.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma la validità e i contorni della valutazione sulla pericolosità sociale come strumento di prevenzione. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. Rigore nella valutazione: Il giudizio di pericolosità non può essere arbitrario, ma deve basarsi su un’analisi rigorosa di elementi concreti che dimostrino un’inclinazione stabile verso il crimine come fonte di sostentamento.
2. Limiti del ricorso in Cassazione: In materia di prevenzione, la Cassazione esercita un controllo di legittimità e non di merito. Le censure devono riguardare violazioni di legge o vizi motivazionali gravi (motivazione assente o palesemente illogica), non una diversa interpretazione dei fatti.

In definitiva, la decisione consolida un orientamento giurisprudenziale che bilancia la necessità di tutela della collettività con le garanzie individuali, richiedendo ai giudici di merito una motivazione rafforzata e ancorata a precisi ‘elementi di fatto’.

Quando si può ricorrere in Cassazione contro una misura di prevenzione?
Il ricorso è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò significa che non si può contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice, ma solo un’errata applicazione della legge o un vizio grave della motivazione, come la sua totale assenza o la sua palese illogicità.

Quali sono i requisiti per definire una persona socialmente pericolosa sulla base dei reati commessi?
Secondo la Corte, devono sussistere tre condizioni: 1) i delitti devono essere stati commessi abitualmente in un arco di tempo significativo; 2) devono aver generato un profitto economico (carattere lucro-genetico); 3) devono aver rappresentato l’unica o principale fonte di reddito per l’individuo.

Un lungo periodo di detenzione annulla automaticamente la pericolosità sociale di un individuo?
No. La detenzione è un elemento che il giudice deve considerare, ma non elimina automaticamente la pericolosità. Il giudizio deve essere ‘attuale’, e la sua persistenza può essere dimostrata da altri elementi, come nuove condanne definitive, anche se relative a fatti passati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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