Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30130 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30130 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Gioia Tauro il 23/12/1988
avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Reggio Calabria il 14/01/2025;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato il decreto con cui è stata applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni nei confronti di COGNOME NOME, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza.
Pesce sarebbe soggetto portatore di pericolosità sociale qualificata; il giudizio d pericolosità sarebbe conseguente agli elementi posti a fondamento della ordinanza custodiale, confermata anche dalla Corte di cassazione, avente ad oggetto i delitti di cui agli artt. 416 bis – 629- 416 bis. 1 cod. pen.
Ha proposto ricorso per cassazione il proposto articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge.
Il giudizio di pericolosità sociale sarebbe stato fatto discendere dal contenuto di un serie di conversazioni intercettate, rispetto alle quali la difesa aveva “offerto” procedimento penale una “chiave di lettura” diversa ed evidenziato, quanto al reato associativo, che il proposto aveva avuto rapporti solo con COGNOME NOME, suo cugino, senza tuttavia fornire alcun contributo al sodalizio, e, quanto al reato di estorsione, c il ricorrente non poteva considerarsi concorrente nel reato (si fa riferimento all’es negativo della perquisizione eseguita dopo l’incontro con la persona offesa), essendosi limitato a recepire passivamente le confidenze del cugino.
La motivazione della Corte di appello, che avrebbe invece ritenuto che quelli del ricorrente non fossero solo rapporti neutri con il cugino, ma rivelassero una più generale condivisione dei fini dell’omonima cosca mafiosa, sarebbe viziata, non essendo stato chiarito quale sarebbe stato il contributo in concreto fornito dal ricorrente.
Il decreto impugnato sarebbe viziato anche quanto al requisito dell’attualità della pericolosità sociale.
Il reato di estorsione sarebbe stato commesso nell’agosto del 2018, cioè quattro anni prima della emissione del decreto di prevenzione, e il proposto, allo stato, non risult essere stato condannato per il reato associativo
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 270080).
Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito come possa dirsi ormai pacifico l’indirizzo giurisprudenziale che, con riguardo a tutti i casi nei quali il ricors Cassazione è limitato alla sola “violazione di legge”, esclude la sindacabilità dell’illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., i quanto vizio non riconducibile alla tipologia della violazione di legge.
“Si ritiene infatti che, in queste ipotesi, il controllo di legittimità non si e all’adeguatezza delle linee argomentative ed alla congruenza logica del discorso giustificativo della decisione, potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso
di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 12 del 28/05/2003, COGNOME): quando essa manchi assolutamente o sia, altresì, del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero le linee argomentativ del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento” (Così, Sez. U., n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710).
Nello stesso senso Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera e altri, RV. 216665, secondo cui vi è mancanza della motivazione non solo quando l’apparato giustificativo manchi in senso fisico-testuale, ma anche quando la motivazione sia apparente, semplicemente ripetitiva della formula normativa, del tutto incongrua rispetto al provvedimento che dovrebbe giustificare.
Acutamente si è osservato che la violazione di legge sussiste in caso di mancanza di motivazione “la quale si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del su estrinsecarsi in argomentazioni non idonee rivelare la’ ratio decidendi’ (cosiddett motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili”(Sez. U. civ., 16 maggio 1992, n. 5888, Rv. 477253; Sez. U. civ., 30 ottobre 1992, n. 11846, Rv. 479257; Sez. U. civ., 24 settembre 1993, n. 9674, Rv. 483829).
In tal senso, si afferma che, in tema di provvedimenti applicativi della misura d prevenzione, la violazione di legge sussiste ove si profila la totale esclusione argomentazione su un elemento costitutivo della fattispecie che legittima l’applicazione della misura, configurandosi, in caso di radicale mancanza di argomentazione su punto essenziale (Sez. U., n. 111, del 30/11/2017, COGNOME, Rv. 271511).
In applicazione dei principi indicati, non sussistono gli ipotizzati viz provvedimento impugnato.
La Corte di appello, richiamando e valorizzando gli esiti investigativi che hanno condotto alla emissione del titolo cautelare nel procedimento penale per i reati di associazione mafiosa ed estorsione aggravata ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen. – il cui quadro indiziario è stato confermato anche dalla Corte di cassazione -, ha spiegato perché nei riguardi del ricorrente sia possibile formulare un giudizio di pericolosi qualificata; in tal senso è stata richiamata testualmente la motivazione della sentenza emessa dalla Corte di cassazione all’esito del giudizio cautelare.
Si è spiegato come il proposto sia un soggetto portatore di una vicinanza operativa rispetto alle finalità del sodalizio mafioso e abbia avuto un ruolo concreto e specifico n grave fatto estorsivo.
Rispetto a tale quadro di rifermento, nulla di specifico è stato dedotto, essendosi limitato il proposto, da una parte, a contestare, in modo assolutamente generico, il
contenuto delle captazioni e, dall’altra, a reiterare le stesse argomentazioni portate al cognizione dei Giudici di merito e da questi correttamente valutate .
4. È inammissibile anche la parte del motivo relativo alla valutazione del requisito dell’attualità della pericolosità sociale, avendo la Corte correttamente fatto rilevare co
la contestazione associativa sia “aperta” e siano assenti elementi dimostrativi di una rescissione del vincolo e, dall’altra, che il fatto estorsivo si colloca nel 2018, e cioè a
elevata distanza di tempo dalla emissione del titolo cautelare nel 2021.
Anche in questo caso nulla di specifico è stato dedotto.
5. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
Ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma 1’8 maggio 2025
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