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Pericolosità sociale: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un decreto che confermava la misura di prevenzione basata sulla pericolosità sociale di un soggetto. La Corte ribadisce che elementi come una condanna definitiva per associazione mafiosa, la lunga latitanza e le condotte in carcere sono sufficienti a dimostrare la persistenza della pericolosità, rendendo il ricorso per cassazione, basato su vizi di motivazione, infondato.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando la Minaccia Persiste nel Tempo

La valutazione della pericolosità sociale è uno degli aspetti più delicati del nostro ordinamento, specialmente nell’ambito delle misure di prevenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22493 del 2024, offre chiarimenti cruciali su come debba essere accertata la persistenza di tale pericolosità, anche a distanza di tempo dai fatti contestati. Il caso analizza la situazione di un soggetto, già condannato per associazione di tipo mafioso, che chiedeva la revoca della sorveglianza speciale, ritenendo venuti meno i presupposti. La Corte ha però respinto il ricorso, delineando i contorni di un giudizio che non può ignorare elementi del passato se questi proiettano i loro effetti sul presente.

I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Misura di Prevenzione

Il caso ha origine dalla richiesta di revoca di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, applicata a un individuo indiziato di appartenere a un’associazione di tipo mafioso. La Corte di Appello aveva confermato il provvedimento del Tribunale, rigettando la richiesta del soggetto e ritenendo ancora sussistente la sua pericolosità sociale.

La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’erronea e illogica motivazione da parte dei giudici di merito. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello si sarebbe basata su presupposti non più attuali, in particolare su una condanna per associazione a delinquere i cui fatti risalivano a molto tempo prima. Inoltre, la difesa contestava la valutazione negativa della condotta tenuta in carcere e delle frequentazioni successive alla scarcerazione, ritenendole non indicative di una persistente indole criminale.

La Valutazione della Pericolosità Sociale Persistente

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione dell’art. 14, comma 2-ter, del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia), che impone una verifica della persistente pericolosità sociale. Il ricorrente sosteneva che la cessazione della permanenza nel reato associativo, accertata con sentenza di primo grado nel 2016, doveva essere considerata un dato dirimente per escludere l’attualità del pericolo.

La Corte di Appello, tuttavia, aveva adottato un approccio differente. Pur riconoscendo la data di cessazione del reato, aveva valorizzato altri elementi per fondare il proprio giudizio. Tra questi, spiccavano la condanna definitiva per il ruolo di capo dell’associazione, la lunga latitanza (oltre quattro anni) e alcune condotte disciplinarmente rilevanti tenute durante la detenzione. Questi fattori, nel loro insieme, sono stati ritenuti sintomatici di un inserimento stabile e profondo nel tessuto criminale, capace di proiettarsi nel futuro.

La Decisione della Corte di Cassazione e la sua Rilevanza sulla Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno innanzitutto ricordato un principio fondamentale: nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Ciò significa che non è possibile contestare la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito, a meno che la motivazione non sia del tutto assente o meramente apparente. Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva fornito argomentazioni specifiche e logiche per respingere i motivi del gravame, escludendo quindi un vizio di motivazione.

le motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive punto per punto.
In primo luogo, ha affermato che una sentenza irrevocabile di condanna per appartenenza a un’associazione mafiosa, specialmente con un ruolo di vertice, costituisce una base solida per formulare un giudizio sulla pericolosità. Questo perché un vincolo associativo di tale natura è tendenzialmente stabile e si proietta “fisiologicamente verso il futuro”. Il fatto che i reati contestati fossero risalenti nel tempo non è stato ritenuto sufficiente a superare la gravità di tale accertamento definitivo.

In secondo luogo, la Cassazione ha sottolineato l’importanza della lunga latitanza. Secondo la giurisprudenza consolidata, sottrarsi all’esecuzione della pena per un periodo prolungato è un chiaro indicatore di una “vasta rete di appoggi da parte dei sodali” e di uno “stabile inserimento nella cosca”. Questo elemento, da solo, è sufficiente a dedurre logicamente l’attualità della pericolosità, poiché presuppone contatti costanti e un supporto attivo da parte del gruppo criminale.

Infine, la Corte ha considerato rilevanti anche le condotte tenute durante e dopo la detenzione, come le infrazioni disciplinari e le frequentazioni “pregiudizievoli”, quali ulteriori elementi che incidono negativamente sul giudizio complessivo.

le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso che non si esaurisce nella mera verifica della data di commissione dei reati. Elementi come il ruolo apicale in un’associazione criminale, una condanna definitiva e la latitanza sono indicatori potenti di un legame con il mondo criminale che non viene reciso automaticamente dal tempo o dalla detenzione. Per la difesa, diventa quindi cruciale fornire prove concrete di un reale e definitivo allontanamento da tali contesti, poiché il semplice trascorrere del tempo non basta a far venir meno la presunzione di pericolosità fondata su elementi così gravi.

Una condanna definitiva per associazione mafiosa, anche se relativa a fatti passati, può giustificare la persistenza della pericolosità sociale?
Sì, secondo la Corte una condanna definitiva per un reato associativo, specialmente con un ruolo di vertice, costituisce una base solida per formulare un giudizio sulla pericolosità, in quanto il vincolo criminale è tendenzialmente stabile e si proietta nel futuro.

La lunga latitanza di un soggetto è un elemento rilevante per valutare la sua attuale pericolosità sociale?
Assolutamente sì. La Corte ha ribadito che una latitanza di lunga durata è considerata indicativa di una vasta rete di appoggi criminali e di un inserimento stabile nella cosca, elementi da cui si può logicamente dedurre l’attualità della pericolosità sociale.

Nel procedimento di prevenzione, il ricorso in Cassazione può contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito?
No, il ricorso per cassazione nei procedimenti di prevenzione è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile censurare il merito della valutazione dei fatti, a meno che la motivazione del provvedimento impugnato non sia totalmente assente o meramente apparente, cosa che non si è verificata in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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