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Pericolosità sociale: espulsione se irreperibile

La Corte di Cassazione ha confermato l’espulsione di un cittadino straniero, giudicando persistente la sua pericolosità sociale. La decisione si fonda non solo sul suo status di irregolare e sui precedenti penali, ma soprattutto sul fatto che si è reso irreperibile dopo la scarcerazione, impedendo di fatto al Tribunale di Sorveglianza di valutare un eventuale percorso di reinserimento sociale.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Irreperibilità: Quando Scatta l’Espulsione?

La valutazione della pericolosità sociale di un condannato è un tema centrale nel diritto dell’esecuzione penale, specialmente quando si tratta di decidere misure come l’espulsione dal territorio dello Stato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13140/2024) offre chiarimenti cruciali su quali elementi possano fondare un giudizio di persistente pericolosità, sottolineando il peso dell’irreperibilità del soggetto dopo la scarcerazione. Analizziamo insieme questo caso.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero, condannato per detenzione illecita di stupefacenti, era stato destinatario di un provvedimento di espulsione emesso dal Magistrato di Sorveglianza. La decisione era stata confermata anche in appello dal Tribunale di Sorveglianza di Roma.

L’uomo ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudizio sulla sua pericolosità sociale fosse viziato. A suo dire, i giudici avevano basato la loro valutazione unicamente sull’inidoneità del domicilio da lui indicato al momento della scarcerazione, un elemento ritenuto insufficiente a dimostrare una reale e attuale pericolosità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo gli Ermellini, la decisione del Tribunale di Sorveglianza era corretta e basata su un’analisi completa e logica degli elementi a disposizione. La valutazione non si limitava al solo domicilio, ma considerava un quadro più ampio e preoccupante del comportamento del condannato.

Le Motivazioni: la valutazione della Pericolosità Sociale

Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha giustificato la persistenza della pericolosità sociale. I giudici hanno evidenziato che il ricorrente, dopo essere stato scarcerato, si era reso di fatto irreperibile. Questo comportamento ha avuto una conseguenza processuale decisiva: ha impedito al Tribunale di compiere la “doverosa analisi” sulla cessazione della sua pericolosità. In altre parole, sottraendosi al controllo, il soggetto ha precluso ogni possibilità di verificare un suo eventuale reinserimento nel tessuto sociale.

La Corte ha inoltre valorizzato altri elementi convergenti:
1. Status di Irregolare: Il ricorrente non aveva un valido titolo di soggiorno.
2. Precedenti Penali: L’uomo era gravato da altri precedenti penali oltre alla condanna in esecuzione.
3. Uso di Alias: L’utilizzo di diverse identità è stato considerato un ulteriore indice di scarsa affidabilità.

La Cassazione ha poi distinto il caso in esame da un precedente giurisprudenziale citato dalla difesa. In quel caso, il soggetto, pur irregolare, aveva dimostrato un radicamento sul territorio attraverso un’attività lavorativa stabile e un domicilio certo. Nel caso attuale, invece, l’assenza di qualsiasi prova di un’attività lavorativa o di un legame stabile con il territorio, unita all’irreperibilità, ha reso lo status di irregolare un elemento sfavorevole. Non è l’irregolarità in sé a determinare la pericolosità, ma la sua combinazione con la mancanza di fonti lecite di reddito, che aumenta la probabilità di commissione di nuovi reati per far fronte alle esigenze di vita.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione della pericolosità sociale deve basarsi su un insieme di elementi concreti e attuali. La condotta del condannato successiva alla scarcerazione assume un’importanza cruciale. Scegliere di rendersi irreperibile non è un fattore neutro, ma un comportamento attivo che impedisce la verifica giudiziale e viene interpretato come un forte indizio della persistenza di un profilo di pericolosità. Per evitare misure come l’espulsione, non basta indicare un domicilio, ma è necessario dimostrare con fatti concreti – come un lavoro stabile e un reale radicamento territoriale – di aver intrapreso un percorso di reintegrazione sociale.

Diventare irreperibili dopo la scarcerazione può essere considerato un indice di pericolosità sociale?
Sì, la Corte ha stabilito che rendersi irreperibile dopo la scarcerazione è un comportamento che preclude la doverosa analisi sulla cessazione della pericolosità sociale, costituendo quindi un forte indizio della sua persistenza.

Lo stato di soggiorno irregolare è sufficiente, da solo, a giustificare un giudizio di pericolosità sociale?
No, di per sé non è sufficiente. Tuttavia, assume una valenza negativa quando si combina con altri fattori, come la mancanza di fonti lecite di guadagno, poiché suggerisce una maggiore probabilità che la persona commetta reati per sostenersi.

Quali elementi ha considerato la Corte per confermare l’espulsione del ricorrente?
La Corte ha basato la sua decisione su un insieme di elementi: il fatto che il soggetto si fosse reso irreperibile, il suo status di soggiorno irregolare, la presenza di plurimi precedenti penali e l’uso di diversi alias.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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