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Pericolosità sociale: espulsione dello straniero

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di una misura di sicurezza di espulsione per uno straniero, chiarendo i criteri di valutazione della pericolosità sociale. La Corte ha stabilito che la valutazione deve basarsi su un’analisi complessiva della personalità del soggetto, includendo precedenti penali, irregolarità sul territorio, uso di alias e condotta generale, anche se attualmente detenuto. L’irregolarità, di per sé, non basta, ma diventa rilevante se impedisce al soggetto di procurarsi mezzi leciti di sussistenza, aumentando il rischio di recidiva.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Espulsione: La Cassazione Fa Chiarezza

La valutazione della pericolosità sociale è un tema centrale nel diritto penale, soprattutto quando si tratta di applicare misure di sicurezza come l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali per un corretto giudizio, sottolineando come questo debba basarsi su un’analisi completa e attuale della personalità del condannato, anche se quest’ultimo si trova già in stato di detenzione.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Il caso esaminato riguarda un cittadino straniero condannato a una pena detentiva per furto e rapina, cui era stata applicata anche la misura di sicurezza dell’espulsione a pena espiata. L’uomo, presente irregolarmente in Italia da quasi trent’anni, vantava numerosi precedenti penali, aveva utilizzato diversi alias e aveva già violato precedenti ordini di espulsione. Il Tribunale di sorveglianza, confermando la decisione del Magistrato, aveva respinto l’appello del condannato, ritenendo sussistente la sua pericolosità sociale sulla base di una serie di elementi: l’irregolarità sul territorio, la mancanza di legami familiari e mezzi di sostentamento, i precedenti, le informazioni negative della polizia e l’applicazione di una nuova misura cautelare per altri reati. Il condannato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la valutazione fosse viziata in quanto basata su un giudizio anticipato e non attuale della sua pericolosità, dato il suo stato di detenzione.

L’Analisi della Pericolosità Sociale Secondo la Difesa

La difesa del ricorrente ha criticato la decisione dei giudici di merito per diversi motivi. In primo luogo, ha sostenuto che il giudizio di pericolosità sociale era stato formulato in un’epoca ‘anticipata’ rispetto al momento in cui la misura di sicurezza sarebbe stata effettivamente eseguita, ovvero alla scarcerazione. In secondo luogo, ha lamentato una carenza nella valutazione della pericolosità ‘attuale’, affermando che lo stato di detenzione impedisce di per sé la commissione di nuovi reati e che l’irregolarità sul territorio non può essere un elemento fondante per un tale giudizio.

La Decisione della Corte: i Criteri per la Valutazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, giudicandolo infondato. I giudici supremi hanno colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati in materia di misure di sicurezza.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la valutazione della pericolosità sociale, intesa come probabilità di commettere nuovi reati, è un compito specifico del giudice e deve essere condotta sulla base degli indici previsti dall’art. 133 del codice penale. Questo significa analizzare la personalità del condannato, la sua capacità criminale, la gravità dei reati commessi, i precedenti e il comportamento tenuto durante e dopo l’espiazione della pena. Lo stato di detenzione non esclude questa valutazione; anzi, il giudice ha l’onere di verificare se, al momento dell’applicazione della misura, persistano le condizioni che caratterizzano la pericolosità del soggetto.

Inoltre, la Corte ha precisato il ruolo dello status di irregolare. Di per sé, la condizione di straniero privo di un valido titolo di soggiorno non è un elemento sufficiente per fondare un giudizio di pericolosità. Tuttavia, assume una valenza significativa quando questa condizione, impedendo all’individuo di procurarsi lecitamente i mezzi di sussistenza, aumenta concretamente il rischio che egli possa delinquere per sopravvivere. Nel caso di specie, la pluralità di precedenti penali, l’uso di alias, le denunce e la violazione di precedenti ordini di espulsione costituivano un quadro complessivo che dimostrava ampiamente la persistenza della pericolosità sociale del ricorrente.

Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio: la valutazione della pericolosità sociale non può essere astratta o basata su un singolo elemento, ma deve derivare da un’analisi globale e concreta della storia e della personalità del condannato. Lo stato di detenzione non rappresenta un ostacolo a tale giudizio, che deve proiettarsi sul momento futuro della scarcerazione. Per gli stranieri irregolari, la mancanza di un permesso di soggiorno diventa un fattore cruciale quando è direttamente collegata all’impossibilità di una vita lecita, confermando che il giudizio del giudice deve sempre essere ancorato a elementi fattuali che indichino una concreta probabilità di recidiva.

Come viene valutata la pericolosità sociale ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza come l’espulsione?
La valutazione deve essere compiuta dal giudice sulla base di un’analisi complessiva della personalità e della capacità criminale del condannato, utilizzando gli indici dell’art. 133 del codice penale. Si considerano la gravità dei reati, i precedenti penali, il comportamento tenuto, l’uso di alias e qualsiasi altro elemento utile a determinare la probabilità che commetta nuovi reati in futuro.

Lo stato di detenzione di una persona impedisce al giudice di valutarne la pericolosità sociale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che lo stato di detenzione non impedisce la valutazione della pericolosità sociale. Anzi, è compito del giudice verificare se, al momento in cui la misura di sicurezza dovrà essere applicata (cioè alla scarcerazione), sussistano ancora le condizioni che rendono il soggetto socialmente pericoloso.

La condizione di straniero irregolare è sufficiente, da sola, a dimostrare la pericolosità sociale?
No, la sola condizione di irregolarità non è di per sé un elemento sufficiente. Tuttavia, può assumere una valenza decisiva quando, a causa di essa, lo straniero si trova nell’impossibilità di procurarsi legalmente i mezzi di sussistenza, con un conseguente e concreto rischio che possa commettere nuovi reati per sopravvivere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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