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Pericolosità sociale e recidiva: il chiarimento

Un’imputata, condannata per false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, ha impugnato la sentenza contestando l’applicazione della recidiva. Sosteneva che i soli precedenti penali non fossero sufficienti, richiedendo una motivazione specifica sulla sua accresciuta pericolosità sociale. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno ritenuto che il nuovo reato, unito a una serie di recenti crimini contro il patrimonio e alla sua finalità di nascondere altre violazioni, dimostrasse una rinnovata e peculiare pericolosità sociale, giustificando così pienamente l’applicazione della recidiva.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Recidiva: Quando i Precedenti Penali Non Bastano

La recente ordinanza della Corte di Cassazione Penale offre un’importante riflessione su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione della recidiva e la necessaria valutazione della pericolosità sociale del condannato. Spesso si crede che la presenza di precedenti penali comporti automaticamente un aggravamento della pena, ma la giurisprudenza, come vedremo, richiede un’analisi più approfondita e motivata da parte del giudice. Questo caso specifico, riguardante una condanna per false dichiarazioni, ci permette di capire quali elementi concreti possono giustificare un giudizio di rinnovata e più spiccata pericolosità.

Il Caso in Esame: Dalla Falsa Dichiarazione alla Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Brescia per il reato di cui all’art. 495 del codice penale (falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale). L’imputata, tuttavia, non contestava la sua colpevolezza per il reato in sé, ma un aspetto specifico della condanna: l’applicazione dell’aggravante della recidiva, prevista dall’art. 99, comma 4, del codice penale.

Con un unico motivo di ricorso, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel non escludere tale aggravante. Secondo la tesi difensiva, per applicare la recidiva non è sufficiente la mera esistenza di precedenti condanne, ma è indispensabile che il giudice fornisca una motivazione specifica e puntuale che dimostri una maggiore e più accentuata pericolosità sociale del soggetto. Un semplice elenco di precedenti, quindi, non basterebbe a giustificare un aumento di pena.

La Decisione della Corte: La Valutazione della Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile perché manifestamente infondato. I giudici supremi hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse, in realtà, fornito una motivazione congrua e logica, superando la critica mossa dalla difesa.

La decisione si basa su una valutazione complessiva della condotta dell’imputata. La Corte non si è limitata a prendere atto dei precedenti, ma ha analizzato il contesto e la natura del reato per cui si procedeva, integrandolo con la storia criminale recente della ricorrente. Questo approccio olistico è stato fondamentale per confermare il giudizio di aggravata pericolosità sociale.

Le Motivazioni: Oltre il Semplice Elenco di Precedenti

La Corte di Cassazione ha evidenziato come la sentenza impugnata avesse correttamente motivato il suo giudizio su tre pilastri fondamentali:

1. La natura del nuovo reato: Il fatto di reato oggetto del processo non è stato visto come un episodio isolato, ma come l’espressione di una “rinnovata pericolosità sociale” dell’imputata.
2. La storia criminale recente: I giudici hanno dato peso alla “recente commissione di una serie di reati contro il patrimonio”. Questo elemento è stato interpretato come un indicatore di una certa “proclività al delitto”, ovvero una tendenza consolidata a violare la legge.
3. La strumentalità del reato: Un aspetto decisivo è stato il fine per cui il reato di false dichiarazioni era stato commesso. L’imputata aveva mentito per “occultare la violazione di norme del codice della strada”. Questa strumentalità, secondo la Corte, corrobora ulteriormente il giudizio di “peculiare pericolosità sociale”, dimostrando una premeditazione e un’attitudine a delinquere per conseguire scopi illeciti.

In sostanza, la Corte ha affermato che la motivazione sulla recidiva non deve essere astratta, ma può basarsi su elementi concreti desumibili dal fatto stesso e dalla condotta complessiva del reo, che nel loro insieme dipingono un quadro di accresciuta pericolosità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione della recidiva non è un automatismo legato alla presenza di precedenti penali. È sempre necessario un giudizio del giudice sulla maggiore pericolosità sociale del reo. Tuttavia, questa pronuncia chiarisce che tale giudizio può essere validamente fondato su una valutazione logica che colleghi il nuovo reato alla storia criminale del soggetto e alle finalità illecite perseguite. La decisione insegna che la qualità, la prossimità temporale e la natura dei precedenti, unite alle modalità del nuovo crimine, sono elementi sufficienti per dimostrare quella maggiore riprovevolezza e pericolosità che giustificano un trattamento sanzionatorio più severo.

È sufficiente avere precedenti penali per vedersi applicata l’aggravante della recidiva?
No, secondo l’impostazione del ricorso, non è sufficiente. La sentenza chiarisce che il giudice deve fornire una motivazione specifica che dimostri una più spiccata pericolosità sociale del condannato, non potendosi limitare a elencare le precedenti condanne.

Come valuta il giudice la pericolosità sociale di un imputato in questi casi?
Il giudice valuta la pericolosità sociale analizzando il nuovo reato come espressione di una rinnovata tendenza a delinquere. Considera elementi come la commissione di altri reati in tempi recenti (in questo caso, contro il patrimonio) e la finalità del nuovo crimine (ad esempio, occultare altre violazioni di legge), che insieme possono dimostrare una peculiare pericolosità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna decisa nei gradi di giudizio precedenti diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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