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Pericolosità sociale e misure di sicurezza: la Cassazione

Un individuo, condannato per associazione di tipo mafioso, ha contestato l’applicazione della libertà vigilata, sostenendo la cessazione della propria pericolosità sociale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la valutazione della pericolosità sociale deve basarsi su un’analisi complessiva che include la gravità dei reati, la condotta post-carceraria, l’assenza di un’attività lavorativa e la mancanza di una revisione critica del proprio passato criminale. La recente scarcerazione giustifica un periodo di osservazione tramite la misura di sicurezza.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: come viene valutata per le Misure di Sicurezza?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 22622 del 2024, offre importanti chiarimenti sui criteri di valutazione della pericolosità sociale di un condannato ai fini dell’applicazione di una misura di sicurezza come la libertà vigilata. Il caso in esame riguarda un individuo condannato per un grave reato associativo, che contestava la persistenza della sua pericolosità dopo la scarcerazione.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di sorveglianza aveva confermato l’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata nei confronti di un soggetto, già condannato in via definitiva a dodici anni di reclusione per aver promosso e organizzato un’associazione di stampo mafioso. La misura era stata originariamente disposta con la sentenza di condanna della Corte di Appello.

L’interessato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, il Tribunale non avrebbe indicato elementi concreti e attuali a sostegno del giudizio di persistente pericolosità sociale, limitandosi a richiamare la gravità del reato commesso in passato.

La Valutazione della Pericolosità Sociale secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i principi che governano la valutazione della pericolosità sociale. Tale giudizio non può basarsi unicamente sulla gravità dei reati per cui è intervenuta la condanna, ma deve fondarsi su un’analisi complessiva e aggiornata della personalità del soggetto.

Il giudice deve tenere conto di tutti gli elementi disponibili, inclusi i fatti successivi alla condanna e il comportamento tenuto durante e dopo l’espiazione della pena. La decisione del Tribunale di sorveglianza è stata considerata corretta perché basata su una motivazione logica e completa.

Le Motivazioni

Il giudizio di persistente pericolosità sociale era supportato da una serie di elementi concreti e attuali, tra cui:

1. I precedenti penali e la gravità del reato: Il soggetto era stato condannato come promotore di un’associazione mafiosa, un reato che di per sé indica una notevole capacità a delinquere.
2. La condotta di vita attuale: La mancanza di un’attività lavorativa stabile e la permanenza nello stesso contesto territoriale in cui erano stati commessi i reati sono stati considerati indici negativi.
3. L’assenza di revisione critica: Dalle relazioni dei servizi sociali (UEPE) non emergeva alcun segno di riflessione critica o di presa di distanza dalle pregresse scelte criminali.
4. La recente scarcerazione: Il Tribunale ha correttamente evidenziato che, essendo il soggetto uscito dal carcere da poco tempo, era necessario un adeguato periodo di osservazione attraverso la misura di sicurezza per monitorarne la condotta e valutare un’eventuale cessazione della pericolosità.

In sostanza, la Cassazione ha chiarito che il ricorso mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità. Il ragionamento del giudice di merito è stato ritenuto esente da vizi logici e giuridici.

Conclusioni

Questa sentenza conferma che la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso che deve essere ancorato alla realtà attuale della persona. Non è sufficiente il semplice trascorrere del tempo o la fine della pena detentiva per escluderla automaticamente. Elementi come l’inserimento lavorativo, l’atteggiamento collaborativo e la revisione critica del proprio passato sono fondamentali per dimostrare un reale cambiamento. La libertà vigilata, in questo contesto, non è una punizione aggiuntiva, ma uno strumento di controllo e verifica finalizzato a prevenire la commissione di nuovi reati e a favorire il reinserimento sociale del soggetto, una volta accertata la cessazione della sua pericolosità.

Come viene valutata la pericolosità sociale per applicare una misura di sicurezza?
La valutazione non si basa solo sulla gravità del reato commesso, ma su un’analisi complessiva che include i precedenti penali, la mancanza di un’attività lavorativa, la permanenza nel territorio dove sono stati commessi i reati e l’assenza di segni di riflessione critica sulle scelte passate.

La recente scarcerazione di un condannato ha un peso nella valutazione della sua pericolosità?
Sì, il fatto che un condannato sia stato scarcerato da poco tempo è un elemento rilevante. Giustifica la necessità di un adeguato periodo di osservazione tramite una misura di sicurezza per monitorare la sua condotta prima di poter dichiarare cessata la sua pericolosità sociale.

Cosa accade se un ricorso contro l’applicazione di una misura di sicurezza viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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