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Pericolosità sociale e confisca: la visione unitaria

La Corte di Cassazione conferma la misura di prevenzione della sorveglianza speciale e la confisca di beni a carico di due soggetti. La decisione si basa su una valutazione complessiva della loro pericolosità sociale, considerando una continuità di condotte illecite nel tempo e una manifesta sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, respingendo i ricorsi che tentavano di frammentare la valutazione delle singole condotte.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Confisca: La Cassazione Conferma la Visione d’Insieme

La valutazione della pericolosità sociale ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione, come la sorveglianza speciale e la confisca dei beni, non può basarsi su una visione frammentata dei singoli episodi criminali. È necessario, invece, un giudizio complessivo che consideri lo stile di vita del soggetto, la continuità delle condotte illecite e la sproporzione patrimoniale come indicatori di un’abitualità a vivere dei proventi di reato. Questo è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza che ha respinto i ricorsi di due persone e di una terza interessata contro un decreto di confisca.

I Fatti di Causa

La Corte di Appello di Torino aveva confermato un decreto che applicava la sorveglianza speciale a due conviventi e disponeva la confisca di diversi beni, tra cui un immobile, veicoli e somme di denaro. La misura era stata motivata sulla base della pericolosità sociale generica e qualificata dei due soggetti, derivante da un lungo curriculum di reati contro il patrimonio (furti, ricettazione) e da una recente condanna per intestazione fittizia di beni.

I ricorrenti si opponevano a questa valutazione, sostenendo che i giudici avessero erroneamente ‘sal dato’ reati molto distanti nel tempo, ignorando un lungo periodo di apparente inattività criminale. Contestavano, inoltre, il giudizio di sproporzione tra i beni posseduti e i redditi dichiarati, adducendo giustificazioni sulla provenienza lecita del denaro utilizzato per gli acquisti.

La Valutazione della Pericolosità Sociale

La Cassazione ha ritenuto infondate le doglianze, sposando pienamente l’approccio dei giudici di merito. La Corte ha chiarito che la pericolosità sociale non si valuta sommando aritmeticamente le condanne, ma analizzando il quadro complessivo che emerge dalla vita del soggetto. Nel caso di specie, la Corte ha considerato:

* Le condanne passate: Numerosi episodi di furto e ricettazione, anche se risalenti nel tempo.
* I reati recenti: Una condanna per intestazione fittizia di beni (art. 512 bis c.p.) e per indebito conseguimento del reddito di cittadinanza, indicativi di una persistente attitudine all’illegalità.
* Le conversazioni intercettate: Dialoghi che rivelavano in modo inequivocabile un coinvolgimento sistematico in traffici illeciti e un tenore di vita incompatibile con l’assenza di qualsiasi attività lavorativa lecita.
* La connessione tra i soggetti: Un reciproco coinvolgimento e una cointeressenza nelle attività criminali che dimostravano un’abitualità consolidata nel tempo.

La Corte ha sottolineato come questi elementi, letti in un contesto unitario e sistemico, rivelino uno stile di vita criminale continuo, dove i periodi senza condanne non interrompono la valutazione della pericolosità, ma ne fanno parte integrante.

Il Giudizio sulla Sproporzione Patrimoniale

Anche sul fronte patrimoniale, la Cassazione ha confermato la decisione impugnata. A fronte di un’assenza totale di redditi dichiarati per un lungo periodo (dal 2014 al 2022), i soggetti avevano effettuato esborsi significativi, quantificati in oltre 285.000 euro, per l’acquisto e la ristrutturazione di un immobile e l’acquisto di veicoli.

I giudici hanno ritenuto inverosimili e non provate le giustificazioni fornite dai ricorrenti circa la provenienza lecita delle somme (presunte vendite di materiale ferroso, contributi familiari, ecc.). La Corte ha ribadito che, in materia di prevenzione, l’onere di dimostrare la legittima provenienza dei beni sproporzionati ricade sul proposto. In assenza di tale prova, la confisca è una conseguenza legittima.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Il nucleo centrale della motivazione della Suprema Corte risiede nel rigetto dell’approccio frammentario proposto dai ricorrenti. La difesa ha tentato di isolare i singoli fatti, sostenendo che non potessero, da soli, fondare un giudizio di abitualità. La Cassazione, al contrario, ha affermato che i fatti devono essere letti in un ‘contesto sistemico e unitario’. L’assenza di un lavoro lecito, le conversazioni intercettate e la sproporzione patrimoniale fungono da collante tra i reati passati e quelli presenti, dimostrando non una serie di episodi isolati, ma uno stile di vita consolidato e finalizzato al profitto illecito. I ricorsi, secondo la Corte, non si confrontavano con la logica complessiva della motivazione, ma si limitavano a sollecitare un nuovo accertamento dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione: la pericolosità sociale è un giudizio qualitativo sulla personalità e sullo stile di vita di un individuo, non una mera somma algebrica di reati. La continuità nell’illecito può essere dimostrata anche attraverso elementi indiretti, come le intercettazioni e, soprattutto, la manifesta sproporzione tra il patrimonio accumulato e le fonti di reddito lecite. Per chi vive ai margini della legalità, la confisca dei beni di provenienza ingiustificata rappresenta uno degli strumenti più efficaci per contrastare l’accumulazione di ricchezza illecita.

Come viene valutata la pericolosità sociale ai fini delle misure di prevenzione?
La pericolosità sociale viene valutata non considerando i singoli episodi criminali in modo isolato, ma attraverso un’analisi complessiva e unitaria della condotta di vita del soggetto. Si tiene conto delle condanne passate e recenti, delle conversazioni intercettate, dell’assenza di attività lavorativa lecita e della sproporzione patrimoniale, che insieme possono rivelare un’abitualità a commettere reati a scopo di lucro.

Un lungo periodo senza condanne esclude la pericolosità sociale?
No. Secondo la Corte, un lasso di tempo senza condanne definitive non interrompe necessariamente il giudizio di pericolosità. Se altri elementi, come conversazioni che rivelano traffici illeciti o una sproporzione patrimoniale formatasi in quel periodo, dimostrano la persistenza di uno stile di vita criminale, la pericolosità può essere comunque ritenuta attuale.

Cosa succede se i beni di una persona sono sproporzionati rispetto al suo reddito dichiarato?
Se esiste una sproporzione significativa tra i beni posseduti e i redditi leciti dichiarati, e il soggetto non fornisce una prova convincente dell’origine lecita di tali beni, questi possono essere sottoposti a confisca. L’onere di giustificare la provenienza del patrimonio sproporzionato ricade sul soggetto proposto per la misura di prevenzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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