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Pericolosità sociale e confisca: la decisione Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale e la confisca di una polizza assicurativa nei confronti di un soggetto con numerosi precedenti per traffico di stupefacenti. La sentenza stabilisce che una consolidata ‘traiettoria criminale’ è sufficiente a dimostrare la pericolosità sociale. Inoltre, ha ribadito che la presunzione di illecita provenienza dei beni si applica anche quando non viene fornita la prova della liceità dei capitali usati per avviare l’attività economica da cui deriverebbero i fondi per l’acquisto del bene confiscato.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità sociale: quando il passato criminale giustifica la confisca dei beni

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, numero 21312 del 2025, offre importanti chiarimenti sui presupposti per la dichiarazione di pericolosità sociale e le sue conseguenze patrimoniali, come la confisca. La Corte ha stabilito che una carriera criminale consolidata è un elemento sufficiente a dimostrare tale pericolosità, e ha delineato i rigidi oneri probatori per chi intende dimostrare l’origine lecita dei propri beni. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione fondamentale.

I fatti del caso

Il caso riguarda un soggetto che ha presentato ricorso contro un decreto della Corte di Appello di Roma. Tale decreto confermava l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni e la confisca di una polizza assicurativa del valore di circa 27.000 euro. Le corti di merito avevano basato la loro decisione sulla conclamata pericolosità sociale del soggetto, derivante da una lunga serie di condanne per traffico di stupefacenti, anche a livello internazionale.

Il ricorrente si opponeva a questa valutazione, sostenendo due principali argomenti:
1. La valutazione della sua pericolosità era indebitamente fondata solo sui suoi precedenti penali.
2. I fondi usati per acquistare la polizza nel 2017 provenivano da fonti lecite, in particolare dalla vendita di attrezzature di una sua società nel 2016 per un valore di oltre 47.000 euro.

Le motivazioni della Cassazione sulla Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni. Per quanto riguarda il primo punto, i giudici hanno chiarito che la valutazione della pericolosità sociale non era affatto superficiale o basata solo su un elenco di precedenti. Al contrario, le corti di merito avevano correttamente delineato una vera e propria ‘traiettoria criminale’ del soggetto.

Questa traiettoria mostrava una progressione costante nell’attività delittuosa, a partire dal traffico locale fino a un ruolo di ‘broker’ nell’importazione intercontinentale di cocaina. Secondo la Corte, una simile, ininterrotta attività criminale, che costituisce la principale fonte di sostentamento, è la prova più evidente della sussistenza di una pericolosità qualificata e generica. Il ricorso su questo punto è stato quindi ritenuto un tentativo di rimettere in discussione l’analisi dei fatti, cosa non permessa in sede di legittimità.

La confisca e la presunzione di illecita provenienza

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla confisca della polizza, è stato respinto. La difesa del ricorrente si basava sull’idea di poter dimostrare un’entrata lecita (la vendita di macchinari) sufficiente a coprire l’investimento nella polizza. Tuttavia, la Cassazione ha avallato il ragionamento dei giudici di merito, che si fondava su due pilastri:

1. Assenza di redditi dichiarati: Le dichiarazioni fiscali del soggetto negli anni in questione lo descrivevano come privo di redditi.
2. Mancata prova dell’origine del capitale iniziale: Il ricorrente non ha fornito alcuna prova della disponibilità di redditi leciti per ottenere il mutuo bancario con cui aveva avviato l’attività sportiva e acquistato le attrezzature poi rivendute.

Su questo punto, la Corte ha applicato un principio giurisprudenziale cruciale: la presunzione di illecita accumulazione patrimoniale opera anche quando un bene è acquistato tramite un finanziamento. Infatti, il finanziamento deve essere rimborsato, e l’onere finanziario corrispondente deve essere sostenibile con risorse lecite. Se non si può dimostrare la provenienza legale dei fondi per avviare un’impresa, anche i ricavi di quell’impresa sono ‘contaminati’ dalla presunzione di illeceità.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali in materia di misure di prevenzione:

1. La pericolosità sociale può essere ampiamente dimostrata da una carriera criminale costante e progressiva, che evidenzia come l’attività illecita sia una scelta di vita e una fonte di reddito stabile.
2. L’onere di provare la legittima provenienza dei beni è estremamente rigoroso. Non è sufficiente indicare una singola transazione apparentemente lecita se l’intero quadro economico del soggetto, comprese le fonti di finanziamento iniziali delle sue attività, non è supportato da prove concrete di legalità. La presunzione di provenienza illecita, in assenza di tale prova, rimane pienamente operante e giustifica la confisca.

Un curriculum criminale è sufficiente a dimostrare la pericolosità sociale?
Sì, secondo la sentenza, una serie di precedenti penali non isolati, ma che delineano una ‘traiettoria criminale’ costante e una progressione nell’attività delittuosa, è un elemento sufficiente a dimostrare una pericolosità sociale, sia generica che qualificata, specialmente se emerge che il soggetto vive dei proventi di tali attività.

È possibile subire la confisca di un bene acquistato con i proventi di un’attività commerciale?
Sì, è possibile se il soggetto, ritenuto socialmente pericoloso, non riesce a dimostrare la provenienza lecita dei fondi utilizzati per avviare quell’attività commerciale. La presunzione di origine illecita si estende dai capitali iniziali ai ricavi generati, ‘contaminando’ anche gli acquisti successivi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove per decidere se una persona è pericolosa?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può riesaminare le prove o i fatti, ma solo verificare che le corti inferiori abbiano applicato correttamente la legge e che la loro motivazione sia logica e non contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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