Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21312 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21312 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME n. Marino (Rm) 23/06/1975
avverso il decreto n. 63/24 della Corte di appello di Roma del 10/10/2024
letti gli atti, il ricorso e il decreto impugnato; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso,
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato la Corte di appello di Roma ha confermato quello emesso dal Tribunale di Roma in data 06/05/2024, con cui è stata imposta la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza della durata di tre anni nei confronti di NOME COGNOME perché ritenuto soggetto pericoloso tanto in via generica (art. 1, lett. b) che qualificata (art. 4, lett. c) ai sensi del d. Igs. n. 159 del 2011)ed è stata ribadita la legittimità dell misura ablatoria della confisca di una polizza assicurativa dell’importo di 27.420 euro stipulata dal proposto il 3 maggio 2017.
Avverso il decreto ha presentato ricorso per cassazione il difensore del proposto, articolando due motivi di censura.
2.1. Con il primo deduce l’insussistenza delle condizioni legittimanti la declaratoria di pericolosità sociale per mancanza dei relativi elementi oggettivi e soggettivi: secondo il proposto la valutazione di pericolosità sociale è stata, infatti, indebitamente ancorata unicamente ai suoi precedenti penali e in base a questi apoditticamente affermata.
2.2. Con il secondo deduce violazione dell’art. 28 d. Igs. n 159/2011 per assenza dei presupposti legittimanti l’applicazione della misura di prevenzione della confisca, così come ridefiniti dalla Corte costituzionale con sentenza n. 24 del 2019. La confisca, lamenta il proposto, è stata, infatti, disposta da un lato apprezzando le mere risultanze delle dichiarazioni dei redditi presentate alla amministrazione finanziaria e dall’altro, sminuendo la ricostruzione analitica delle risorse economiche di cui egli disponeva, con particolare riguardo alle somme percepite dalla rivendita dei macchinari della RAGIONE_SOCIALE – società di cui era titolare e legale rappresentante avente ad oggetto il noleggio, la manutenzione e la gestione di attrezzature sportive e ricreative – per un ammontare di oltre 47.000 euro nel 2016, ampiamente sufficiente a consentire l’accensione della polizza nel 2017 per un valore di poco superiore a 27.000 euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile, perché basato su motivi improponibili in sede di legittimità o che comunque appaiono manifestamente infondati.
Con riferimento al primo motivo, riferito alle condizioni legittimanti la declaratoria di pericolosità sociale e quindi alla pretesa erronea applicazione dei parametri di riferimento normativi (artt. 1, lett. b] e 4, lett. c] d. Igs. n. 159 2011), deve osservarsi che, una volta sfrondato degli aspetti di prolissità e ripetitività, il decreto impugnato appare immune da censure nell’avere delineato a sufficienza i caratteri della pericolosità, tanto generica che qualificata, del ricorrente, del quale ha anzi tracciato una traiettoria criminale, solidamente ancorata alle relative manifestazioni desunte dai suoi precedenti penali e giudiziari.
In tal senso il decreto ha congruamente evidenziato che il proposto è stato più volte condannato per reati di traffico di sostanze stupefacenti, anche in forma associata e che attualmente si trova in carcere per un’ultima condanna conseguita a Trieste nel 2022, dove è rimasto accertato il suo coinvolgimento nel ruolo di broker di partite di cocaina (del peso di 9 o 10 kg. ciascuna) dalla Colombia al mercato italiano, con un evidente progressione criminale da quando trafficava in sostanze stupefacenti nei Castelli Romani (1999).
Queste, infatti, le condanne indicate a suo carico:
sentenza di applicazione pena (un anncrre -clusione più multa) emessa dal G.u.p. Tribunale di Velletri per art. 73 d ‘ .P.R. n. 309 del 1990 per fatto commesso in Caste! Gandolfo (Rm) il 14/12/1999;
sentenza applicazione pena (tre anni e quattro mes – reclusione più multa) emessa il 31/05/2006 dal Tribunale di Velletri per art. 73, per fatto commesso in Castel Gandolfo il 09/03/2006;
sentenza condanna con rito abbreviato a sei anni e quattro mesi reclusione emessa da Corte di appello di Roma il 26/09/2014 per art. 74 d.P.R. cit. per fatti accertati nel 2004-2005, ma con motivazione attestante che l’attività associativa non si era mai interrotta da quell’epoca;
sentenza condanna G.u.p. Tribunale di Trieste a sei anni e otto mesi più multa per artt. 73-80 d.P.R. cit., per fatti commessi in Fossalta di Portogruaro il 31/01/2022 e il 14/02/2022.
Sulla scorta di tali elementi Tribunale e Corte di appello, al netto di alcune divagazioni, hanno ragionevolmente concluso per la sussistenza di una pericolosità tanto qualificata (art. 4, lett. c, d. Igs. n. 159/2011) che generica (art. 1, lett. b) indicando il proposto come soggetto che vive in tutto o in parte di proventi da attività delittuose.
La valutazione riposa, pertanto, sul rilievo che i precedenti penali costituiscono solo l’emersione di una ininterrotta attività criminale nel traffico delle sostanze stupefacenti, connotata tra l’altro dalla progressiva acquisizione di un ruolo rilevante nel settore dell’importazione intercontinentale di cocaina.
La censura difensiva si appunta sull’eccessiva le a suo dire spropositata /valenza attribuita ai ricordati precedenti penali, ma occorre considerare lda un lato i la legittimità di detto apprezzamento, sia pure nel quadro di una valutazione complessiva della personalità del proposto (a titolo di esempio tenore di vita, abituale compagnia di pregiudicati e di soggetti sottoposti a misure di prevenzione, altre manifestazioni oggettivamente contrastanti con la sicurezza pubblica, Sez. 5, n. 6794 del 14/12/1998, dep. 1999, PM in proc. COGNOME, Rv. 212209) e dall’altro l’obiettiva pregnanza di tali elementi di giudizio, che il giudice della prevenzione non può di certo esimersi dal valutare.
Quanto al secondo motivo, concernente la confisca della polizza assicurativa, va premesso che funa volta ritenuta ragionevole e legittima la tesi di Tribunale e Corte di appello circa l’ininterrotta dedizione del proposto alle attività
di traffico di stupefacenti, la questione della perimetrazione temporale può fi..44 sufficientemente argomentata.
La tesi difensiva è che nel 2016 il proposto aveva proceduto alla rivendita delle attrezzature di una società di tiro al piattello, ricavandone poco più di 47.000 euro e che quelle attrezzature erano state acquistate con un mutuo bancario.
Ora a prescindere dal fatto che le deduzioni così formulate attengono al merito ed alla motivazione del provvedimento, inammissibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 10, comma 3, d. Igs. n. 159 del 2011, va osservato come i giudici della prevenzione abbiano congruamente argomentato sia in ordine all’assenza di redditi leciti da parte del ricorrente sia in ordine alla presunzione di illecit accumulazione all’origine della stipula del negozio giuridico considerato, sulla scorta dei seguenti rilievi:
le denunzie IRPEF di quegli anni hanno descritto il ricorrente come soggetto del tutto privo di redditi;
egli non ha dato, pertanto, prova della disponibilità di redditi leciti per richiedere il mutuo bancario con cui avviare l’attività sportiva di tiro al piattell tramite la società la RAGIONE_SOCIALE
La Corte di appello ha, dunque, fatto corretta applicazione del principio già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui “in tema di misure di prevenzione patrimoniali, la presunzione relativa di illecita accumulazione, fondata sulla sproporzione dei beni confiscati e sull’assenza di prova della loro legittima provenienza, opera anche nel caso in cui l’acquisto del bene confiscato sia avvenuto mediante ricorso al credito bancario, posto che tale finanziamento deve essere rimborsato ed ha un costo, sicché è in relazione a tale onere finanziario che deve essere valutata l’eventuale incapienza di risorse lecite
da parte del prevenuto e del suo nucleo familiare” (Sez. 5 n. 33038 del
08/06/2017, Rv. 271217; conf. Sez. 6 n. 21347 del 10/04/2018, Rv. 273388);
c) ha utilizzato buona parte di quel mutuo con prelievi in contanti per finalità
ignote, restando a sua disposizione una somma con cui avrebbe asseritamente acquistato attrezzature per circa 35.000 euro, rivendendole qualche anno dopo a
prezzo superiore;
d) anche la società non aveva denunciato redditi positivi.
A fronte delle superiori considerazioni (pag. 31-32 decreto) il ricorso contesta, come anticipato, il merito delle valutazioni, evocando invano una violazione del
parametro normativo di riferimento (art. 28 d. Igs. n. 159 del 201), che per quanto detto va recisamente esclusa.
4. Alla dichiarazione d’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al
versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi equo quantificare in euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 18 aprile 2025