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Pericolosità sociale e 41-bis: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un detenuto sottoposto al regime del 41-bis, confermando la proroga della misura di sicurezza dell’assegnazione a una casa di lavoro. La Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale deve basarsi su una visione complessiva che include la gravità dei reati commessi, la condotta carceraria negativa e l’assenza di un percorso di risocializzazione, ritenendo irrilevanti la concessione della liberazione anticipata o il tempo trascorso. La decisione sottolinea che la pericolosità sociale persiste finché non vi sono prove concrete di un definitivo distacco dall’ambiente criminale.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e 41-bis: Quando la Misura di Sicurezza viene Prorogata

La valutazione della pericolosità sociale di un individuo, specialmente se sottoposto al regime detentivo speciale del 41-bis, è uno dei temi più complessi del diritto penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui criteri da adottare per la proroga di una misura di sicurezza, come l’assegnazione a una casa di lavoro, ribadendo la necessità di un’analisi complessiva che vada oltre singoli episodi positivi come la concessione della liberazione anticipata.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo, detenuto da lungo tempo e sottoposto al regime del 41-bis Ord. pen., che ha presentato ricorso contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che prorogava di un anno la misura di sicurezza dell’assegnazione a una casa di lavoro. La difesa del ricorrente si basava su sei motivi principali, tra cui:

* La valutazione della pericolosità sociale basata quasi esclusivamente sul decreto di proroga del 41-bis, senza un’analisi autonoma.
* L’eccessiva considerazione data a sanzioni disciplinari di lieve entità, a fronte della concessione della liberazione anticipata e di relazioni comportamentali positive.
* La mancata considerazione del lungo tempo trascorso dai reati, della buona condotta e del fatto che la sua famiglia risiedesse all’estero, in un contesto avulso da quello criminale.
* La violazione dell’art. 7 della CEDU, considerando la misura di sicurezza come una pena aggiuntiva.
* L’omessa valutazione delle condizioni di salute e dell’età avanzata del ricorrente.
* L’incompatibilità tra il regime del 41-bis e la misura di sicurezza della casa di lavoro.

Il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato l’appello, confermando la persistenza della pericolosità sociale del soggetto, data la sua caratura criminale, il ruolo apicale in un’organizzazione ancora attiva e l’assenza di segnali di un reale distacco dal sodalizio di appartenenza.

La valutazione della pericolosità sociale secondo la Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione dei criteri per valutare la persistenza della pericolosità sociale. I giudici hanno sottolineato che tale valutazione non può essere frammentaria, ma deve considerare tutti gli elementi disponibili, sia passati che presenti.

Nel caso specifico, il Tribunale di Sorveglianza aveva correttamente bilanciato il passato criminale del soggetto (caratterizzato da reati associativi e omicidio) con la sua condotta successiva. Quest’ultima, tuttavia, non era stata esente da critiche, essendo costellata da numerose infrazioni disciplinari che, seppur non gravissime, indicavano un’incapacità di autocontrollo e un mancato avvio di un percorso di risocializzazione significativo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso. In primo luogo, ha affermato che elementi come il tempo trascorso dai fatti o la residenza all’estero della famiglia sono ‘neutri’ se contrapposti alla persistente operatività del gruppo criminale di cui il soggetto era un esponente di spicco. La concessione della liberazione anticipata, sebbene positiva, non equivale a una piena risocializzazione e non è sufficiente, da sola, a dimostrare il superamento della pericolosità.

È stato inoltre chiarito che la misura di sicurezza non costituisce una ‘pena aggiuntiva’ in violazione della CEDU, avendo una funzione special-preventiva distinta dalla pena, volta a impedire la commissione di nuovi reati. Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili le censure relative all’età e alla salute, in quanto non sollevate in sede di appello, e ha respinto l’argomento sull’incompatibilità tra 41-bis e casa di lavoro, richiamando la giurisprudenza costituzionale che ha già affrontato e risolto la questione, stabilendo le modalità di adeguamento del regime speciale alle finalità della misura di sicurezza.

Le conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: la valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso che richiede un’analisi globale della personalità del condannato. Non basta la buona condotta formale o il decorso del tempo per ritenere cessata la pericolosità di chi ha rivestito ruoli apicali in organizzazioni criminali. È necessario un percorso di revisione critica e di distacco dal passato criminale che, nel caso di specie, i giudici di merito hanno ritenuto non essere stato neppure avviato. La decisione conferma quindi un approccio rigoroso nella gestione delle misure di sicurezza per i soggetti di elevata caratura criminale.

Come viene valutata la persistenza della pericolosità sociale per la proroga di una misura di sicurezza?
La valutazione deve basarsi su un esame complessivo della personalità del soggetto, tenendo conto non solo della gravità dei reati commessi, ma anche del comportamento durante l’esecuzione della pena, delle relazioni comportamentali, dei benefici ottenuti e di ogni altro parametro desumibile dall’art. 133 del codice penale, per accertare se esista ancora il pericolo concreto di commissione di nuovi reati.

La concessione della liberazione anticipata è sufficiente a escludere la pericolosità sociale?
No. Secondo la Corte, la concessione della liberazione anticipata, pur essendo un elemento positivo, non equivale a una piena risocializzazione e, da sola, non è sufficiente a dimostrare il superamento della pericolosità sociale, specialmente a fronte di altri elementi negativi come una condotta carceraria costellata di infrazioni disciplinari.

Il regime detentivo speciale del 41-bis è compatibile con la misura di sicurezza della casa di lavoro?
Sì. La Corte ha ribadito che il regime penitenziario previsto dall’art. 41-bis è applicabile anche agli internati in misura di sicurezza. La Corte Costituzionale (sent. n. 197/2021) ha già stabilito che le restrizioni del 41-bis devono essere modulate e adattate per essere compatibili con la finalità risocializzante della misura di sicurezza, ad esempio organizzando programmi di lavoro adeguati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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