Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14434 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14434 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
COGNOME NOME, nato a Salerno il DATA_NASCITA;
avverso il decreto emesso il 20/01/2021 dalla Corte d’appello di Salerno, sez. misure d prevenzione;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni formulate dal P.M., nella persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, ricorre per cassazione avverso decreto del 20 gennaio 2021 con il quale la Corte d’appello di Salerno ha confermato la misur social preventiva della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza applicata dal Tribunale di Salerno in data 09 ottobre 2017 sul presupposto che il proposto fos un soggetto pericoloso inquadrabile nella categoria di cui all’art. 4 lett. c), d.lgs. 06 s 2011, n. 159 del 2011, in relazione all’art. 1, lett. b), del d.lvo. n. 159 del 2011.
Il provvedimento in verifica consegue alla pronuncia della Prima sezione della Corte cassazione che, in data 29 novembre 2019, ha annullato con rinvio il decreto emesso il 2 novembre 2018 dalla Corte d’appello di Salerno – che, in parziale riforma del provvedimento d applicazione della misura di prevenzione personale, emesso dal Tribunale di Salerno in data 09 ottobre 2017, aveva ridotto da tre a due anni la durata della stessa -, invitando il giudi rinvio a verificare se, a seguito della sentenza n. 14 del 27 febbraio 2019, con la qua Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 d.lgs n. 159 nella parte in cui stabilisce che i provvedimenti previsti al Capo II del decreto medesi applicano anche alle persone indicate all’art. 1 lett. a) del decreto citato, vi fossero a presupposti per il mantenimento della misura imposta ai sensi dell’art. 1, lett. b), d. Igs del 2011.
Con un unico motivo, proposto per violazione di legge e per violazione del divieto reformatio in pejus, lamenta che, con il provvedimento in verifica, tardivamente notificato, corte d’appello:
ha confermato la durata di anni tre della misura applicata dal Tribunale di Salerno in data ottobre 2017, omettendo di considerare che con il decreto della corte territoriale de novembre 2018 – poi annullato dalla Prima sezione della Corte di cassazione – la stessa er stata ridotta ad anni due;
ha omesso di considerare, per un verso, che per taluni dei titoli di reato presi in e erano intervenute pronunce di assoluzione e, per altro verso, che il proposto, nell’ambito procedimento nel quale era imputato, quale capo e promotore, per il delitto di cui agli art e 74 d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, conclusosi con la condanna, aveva ammesso le sue responsabilità, così ottenendo la concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonché l revoca della misura della libertà vigilata, da ciò derivando l’incompatibilità della de assunta all’esito del procedimento di prevenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Quanto al primo profilo di censura – che involge la violazione del divieto di reformatio in pejus, per avere i giudici di appello confermato, anche in termini di durata, il decreto emes dal Tribunale di Salerno in data 09 ottobre 2017, senza considerare che, con provvedimento della corte territoriale del 28 novembre 2018 la stessa era stata ridotta ad anni due ricorrente omette di considerare che, proprio in ragione dell’annullamento con rinvio delibera dalla Prima sezione della Corte di cassazione, la valutazione della corte territoriale, impugnata, ha avuto ad oggetto il decreto emesso dal giudice circondariale.
3. Privo di pregio è anche il secondo profilo di censura.
Dal corpo motivazionale del decreto impugnato, emesso a seguito dell’annullamento con rinvio della Prima sezione della Corte di cassazione, si evince che la corte di appello ha correttament e adeguatamente verificato la sussistenza dei presupposti di legge idonei a fondare, anche ai sensi dell’art. 1, lett. b), d. Ivo n. 159 del 2011, la misura di prevenzione personale applic proposto, dando rilievo sia all’attività criminale svolta dal medesimo anche dopo l’avviso oral rispetto alla quale, lo stesso ricorrente ha dichiarato essere intervenuta una pronuncia condanna in ordine al delitto di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990 -, sia all’asse una stabile attività lavorativa, dichiarata e, tuttavia, mai documentata.
Quanto, poi, all’asserita incompatibilità tra il provvedimento di revoca della misura di sicur della libertà vigilata e il procedimento di prevenzione, sul presupposto che il concett pericolosità sociale non possa che essere unico, correttamente i giudici d’appello hann osservato che, tenuto conto dell’assenza di «elementi significativi di un reale cambiamento stili di vita e di una reale intenzione di voltare pagina» la presunzione di pericolosi risultava vinta da alcun elemento fattuale, il cui accertamento, in ogni caso, non è suscetti di alcuna censura in sede di legittimità atteso che nel procedimento di prevenzione sono deducibili solo violazioni di legge e non vizi motivazionali.
Sul punto, nella giurisprudenza di legittimità, da tempo, è consolidato il principio di secondo cui «la revoca della misura di sicurezza della libertà vigilata non influ automaticamente sul procedimento di prevenzione, poichè la pericolosità che assume rilievo nell’ambito di quest’ultimo è quella “sociale” in senso lato, desunta dalla predisposizion delitto o dalla presunta vita delittuosa di un soggetto nei cui confronti non sia stata rag la prova certa di reità in ordine ad un delitto, mentre per l’applicazione di una misu sicurezza è sempre necessario il collegamento ad una affermazione di responsabilità in ordine a determinati reati» (Sez. 2, n. 17111 del 13/03/2013, Runfola, Rv. 256924).
Ne deriva che la decisione impugnata è corretta.
Dalle suesposte considerazioni consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 26/01/2024.