LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Pericolosità sociale: due concetti distinti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo contro una misura di prevenzione, chiarendo che la valutazione della pericolosità sociale per le misure di prevenzione è autonoma e più ampia di quella per le misure di sicurezza. La revoca di una misura di sicurezza come la libertà vigilata non impedisce l’applicazione di una misura di prevenzione se persistono indizi di una vita dedita al crimine. Inoltre, non vi è violazione del divieto di *reformatio in pejus* se la corte d’appello, dopo un annullamento con rinvio, conferma la decisione di primo grado.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Due Concetti Distinti per Prevenzione e Sicurezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per chiarire la differenza tra la pericolosità sociale valutata ai fini delle misure di prevenzione e quella rilevante per le misure di sicurezza. Il caso esaminato riguardava un individuo sottoposto a sorveglianza speciale, il quale contestava la legittimità della misura sostenendo che la revoca di una precedente misura di sicurezza (la libertà vigilata) rendesse incompatibile la sua attuale condizione. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo principi fondamentali sulla autonomia dei due istituti.

I Fatti del Caso

Il Tribunale aveva applicato a un soggetto una misura di prevenzione della sorveglianza speciale per tre anni, ritenendolo persona socialmente pericolosa. Successivamente, la Corte d’appello aveva ridotto la durata a due anni. Questa decisione, però, veniva annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale. Nel nuovo giudizio d’appello, la Corte territoriale confermava la durata originaria di tre anni, stabilita dal Tribunale.

Il ricorrente si rivolgeva nuovamente alla Cassazione, lamentando due principali violazioni:
1. La violazione del divieto di reformatio in pejus, poiché la nuova decisione d’appello aveva ripristinato la durata di tre anni, peggiorando la sua posizione rispetto alla precedente sentenza d’appello (poi annullata) che l’aveva ridotta a due.
2. L’incompatibilità tra l’applicazione della misura di prevenzione e la precedente revoca di una misura di sicurezza (la libertà vigilata), sostenendo che il concetto di pericolosità sociale dovesse essere unico.

La Decisione della Corte e la Distinzione sulla Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi di ricorso. In primo luogo, ha escluso la violazione del divieto di reformatio in pejus. Poiché la prima sentenza d’appello era stata annullata, essa era stata giuridicamente rimossa dall’ordinamento. Di conseguenza, il giudice del rinvio doveva riesaminare la decisione originale del Tribunale, e la conferma della durata di tre anni non costituiva un peggioramento illegittimo.

Il punto cruciale della sentenza, tuttavia, riguarda il secondo motivo. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la valutazione della pericolosità sociale per le misure di prevenzione è distinta e autonoma da quella per le misure di sicurezza.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la pericolosità sociale che giustifica una misura di prevenzione è intesa “in senso lato”. Essa non richiede necessariamente la prova certa di un reato, ma si fonda su una valutazione complessiva della condotta di vita del soggetto, della sua predisposizione al delitto e della sua “vita delittuosa” presunta. Elementi come l’assenza di un’attività lavorativa stabile e documentata e la mancanza di un reale cambiamento nello stile di vita possono essere sufficienti a fondare un giudizio di pericolosità.

Al contrario, la pericolosità che giustifica una misura di sicurezza, come la libertà vigilata, è strettamente collegata all’accertamento di responsabilità per uno o più reati specifici. La sua revoca, quindi, non determina automaticamente il venir meno della pericolosità sociale in senso lato, necessaria per le misure di prevenzione.

I giudici hanno osservato che, nel caso di specie, il ricorrente non aveva fornito alcuna prova di un “reale cambiamento di stili di vita” o di una “reale intenzione di voltare pagina”, lasciando intatta la presunzione di pericolosità che giustificava la sorveglianza speciale.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio giuridico: la revoca di una misura di sicurezza non preclude l’applicazione o il mantenimento di una misura di prevenzione. I due istituti operano su piani diversi e rispondono a finalità distinte: la misura di sicurezza è una conseguenza di un reato commesso, mentre la misura di prevenzione mira a neutralizzare una pericolosità attuale e futura, basata su un giudizio prognostico più ampio. Per i cittadini, ciò significa che anche in assenza di nuove condanne, uno stile di vita ritenuto incline al crimine può essere sufficiente per giustificare l’applicazione di misure restrittive della libertà personale, a patto che il giudizio di pericolosità sia fondato su elementi concreti e attuali.

La revoca di una misura di sicurezza come la libertà vigilata impedisce l’applicazione di una misura di prevenzione?
No. Secondo la sentenza, la “pericolosità sociale” valutata per le misure di prevenzione è più ampia e si basa sulla predisposizione al delitto, a differenza di quella per le misure di sicurezza che è legata a un reato specifico. Pertanto, la revoca della prima non esclude la seconda.

Si verifica una reformatio in pejus se la corte d’appello, dopo un annullamento con rinvio, conferma la durata della misura decisa in primo grado, anche se una precedente sentenza d’appello (poi annullata) l’aveva ridotta?
No. La sentenza chiarisce che l’annullamento della precedente decisione d’appello la rende inefficace. Di conseguenza, il nuovo giudizio d’appello ha come riferimento la sentenza originale di primo grado, e confermarla non costituisce un peggioramento della posizione del ricorrente.

Quali elementi può considerare un giudice per valutare la pericolosità sociale ai fini di una misura di prevenzione?
Il giudice può considerare un’ampia gamma di elementi, come l’attività criminale svolta dal soggetto, l’assenza di un’attività lavorativa stabile e documentata, e la mancanza di prove che indichino un reale cambiamento dello stile di vita, come evidenziato nella decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati