Pericolosità Sociale: la Detenzione Non Basta a Dimostrare un Cambiamento
La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 605/2024, affronta un tema cruciale nel diritto penale: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo al termine di un lungo periodo di detenzione. Il caso riguarda un soggetto, precedentemente condannato per associazione mafiosa, al quale è stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. La difesa sosteneva che la lunga pena scontata avrebbe dovuto far riconsiderare l’attualità della sua pericolosità, ma la Suprema Corte ha respinto tale tesi, fornendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione.
I Fatti di Causa
Un uomo, noto per la sua appartenenza a un mandamento mafioso siciliano e per il suo ruolo di supporto a un latitante di spicco, veniva condannato a una pena detentiva significativa. Già prima della condanna definitiva, gli era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per quattro anni. L’esecuzione di tale misura era stata sospesa a causa dello stato di detenzione del soggetto.
Una volta espiata la pena, la Corte d’appello confermava la decisione del Tribunale di procedere con l’esecuzione della misura di prevenzione. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che i giudici di merito non avessero verificato adeguatamente il requisito dell’attualità della pericolosità sociale, ritenendolo implicitamente superato dal tempo trascorso in carcere.
La Valutazione della Pericolosità Sociale Post-Detenzione
Il nucleo della questione giuridica risiede nel determinare se la carcerazione, di per sé, sia sufficiente a far venir meno la pericolosità sociale di un individuo, specialmente se condannato per reati di stampo mafioso. La difesa ha sostenuto che la Corte territoriale avrebbe dovuto condurre un’analisi più approfondita per accertare se, dopo anni di reclusione, il soggetto rappresentasse ancora una minaccia per la società.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, giudicandolo generico e manifestamente infondato. I giudici supremi hanno evidenziato come la Corte d’appello avesse, in realtà, fornito una motivazione logica e congrua per confermare la misura. L’analisi dei giudici di merito si è basata su elementi concreti che andavano oltre il semplice decorso del tempo.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della sentenza sono chiare e si fondano su una valutazione prognostica negativa. La Corte ha stabilito che la lunga detenzione subita dal ricorrente non aveva fatto emergere alcun comportamento, neppure implicito, che potesse indicare un’evoluzione della sua personalità o una recisione dei legami con l’organizzazione criminale.
I giudici hanno considerato diversi fattori per confermare la persistente pericolosità sociale:
1. Stabilità del Vincolo Mafioso: Il legame con un’associazione mafiosa è tendenzialmente stabile e non si presume reciso solo per effetto della carcerazione.
2. Ruolo e Legami Familiari: La duplice qualità del soggetto, cugino e uomo di fiducia di un capo indiscusso, rafforzava la presunzione della persistenza del vincolo.
3. Interessi Economici: Era stato accertato il suo persistente interesse in settori economici strategici per il sodalizio criminale, come gli appalti, il movimento terra e le energie rinnovabili. Ciò indicava una chiara disponibilità a riprendere le attività illecite nel medesimo contesto territoriale.
La Corte ha quindi concluso che l’analisi dei giudici di merito era un apprezzamento di fatto, supportato da un solido apparato argomentativo e corretto in punto di diritto. Di conseguenza, tale valutazione non poteva essere riesaminata in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel valutare l’attualità della pericolosità sociale, il giudice non può limitarsi a considerare il tempo trascorso in detenzione. È necessaria un’analisi concreta e complessiva della personalità del soggetto, dei suoi legami e delle sue prospettive future. In assenza di prove concrete di un reale cambiamento e di una rottura con il passato criminale, la pericolosità si presume persistente, legittimando l’applicazione di misure di prevenzione volte a tutelare la collettività. La decisione sottolinea come la lotta alla criminalità organizzata passi anche attraverso strumenti preventivi che impediscano ai soggetti pericolosi di reinserirsi nel tessuto criminale una volta tornati in libertà.
La detenzione esclude automaticamente la pericolosità sociale di un individuo?
No, secondo la Corte di Cassazione, la carcerazione subita, anche se per un lungo periodo, non è di per sé sufficiente a dimostrare che la pericolosità sociale sia venuta meno. È necessario che emergano comportamenti concreti che indichino un’evoluzione della personalità e una rottura con l’ambiente criminale.
Cosa deve valutare il giudice per applicare una misura di prevenzione dopo un lungo periodo di carcere?
Il giudice deve compiere una valutazione prognostica basata su elementi concreti, come la stabilità del vincolo associativo, i legami familiari e di fiducia all’interno dell’organizzazione criminale, e il persistente interesse del soggetto in settori economici illeciti. L’obiettivo è verificare se esista ancora un’effettiva e attuale probabilità che l’individuo torni a commettere reati.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico, in quanto si limitava a ripetere le argomentazioni già respinte in appello, e manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che la valutazione della pericolosità sociale compiuta dai giudici di merito era un apprezzamento di fatto, congruamente motivato e corretto in diritto, e quindi non sindacabile in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 605 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 605 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il 05/10/1963 a Castelvetrano avverso il decreto del 26/05/2023 della Corte d’appello di Palermo.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
1. La Corte d’appello di Palermo, con il provvedimento in epigrafe, ha confermato il decret del Tribunale di Trapani che disponeva procedersi all’esecuzione nei confronti di NOME della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per durata di anni quattro, già applicata con decreto n. 22/2017 definitivo il 7 marzo 20 rimasta sospesa per lo stato di detenzione sofferto dal proposto.
Il profilo prognostico della persistente e attuale pericolosità sociale di NOME – riconos appartenente al mandamento mafioso di Castelvetrano e che in tale veste e come cugino di NOME COGNOME aveva assicurato a questi assistenza e supporto durante la latitanza – è desunto sia dalla tendenziale stabilità del vincolo di militanza mafiosa, della cui recision vi è alcuna traccia anche per la duplice qualità rivestita di cugino e uomo di fiducia del indiscusso di cui ha curato per lungo tempo la latitanza, sia dal suo persistente interess settore degli appalti, del movimento terra e delle energie rinnovabili, di sicuro riliev sodalizio criminale nel territorio di Castelvetrano.
Il difensore di NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso detto decreto censurandone la violazione di legge poiché la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente verificato la configurabilità del requisito di attualità della pericolosità sociale.
Il motivo di ricorso si palesa per un verso generico, siccome meramente ripetitivo dell doglianze mosse con l’atto di appello e già motivatamente disattese da quel giudice, e per alt verso manifestamente infondato.
NOMECOGNOME nei cui confronti l’esecuzione della misura di prevenzione personale del sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni quattro, applicata c decreto n. 22/2017 definitivo il 7 marzo 2020, era rimasta sospesa per lo stato di detenzione cui versava, ha finito di espiare una pesante condanna a ben 12 anni di reclusione per l’acclarata partecipazione al mandamento mafioso di Castelfidardo E per una serie di reati satellite in materia di appalti nel settore dei lavori di movimento terra, fra l’altro garantito a suo cugino NOME COGNOME, capo indiscusso di Cosa nostra, assistenza e supporto durante il lungo periodo di latitanza.
Orbene, i giudici della prevenzione, con adeguato apparato argomentativo in fatto, hanno ritenuto che la carcerazione subita non avesse affatto evidenziato comportamenti, neppure impliciti, dimostrativi di una evoluzione della personalità e di una maturata recisione decorso del tempo, del vincolo di militanza mafiosa. E, tenuto conto in concreto dell’accerta disponibilità di NOME a proseguire, sulla base dell persistente vincolo associativo medesimo contesto territoriale, l’attività d’impresa nel settore del movimento terra, coer con gli interessi illeciti della consorteria criminale, ne hanno conseguentemente e logicament desunto in diritto (cfr., in tema di revoca della misura, Cass., Sez. 1, n. 19657 del 24/01/2 Palermo, Rv. 269947) il giudizio prognostico negativo in ordine all’attuale ed effet pericolosità sociale del proposto.
Trattasi, a ben vedere, di apprezzamenti di merito che, siccome congruamente giustificati con coerente apparato argomentativo e corretti in linea di diritto, non sono a sindacabili in sede di controllo di legittimità del provvedimento impugnato.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al delle spese del procedimento e della somma, ritenuta equa, di tremila euro alla C ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese p e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 09/11/2023