Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2133 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 2133 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI SALERNO nel procedimento a carico di:COGNOME COGNOME nato a CAVA DE’ TIRRENI il 28/01/1971
ANBSC – AG. NAZIONALE BENI SEQUESTRATI CONFISCATI
avverso il decreto del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha richiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto impugnato impugnata la Corte d’appello di Salerno ha revocato la confisca di prevenzione disposta dal Tribunale di Salerno nei confronti di NOME COGNOME e disposto il dissequestro delle quote sociali e degli altri beni mobili oggetto della suddetta misura ritenendo non dimostrata la pericolosità del proposto all’epoca della loro acquisizione.
Avverso il decreto ricorre il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Salerno articolando due motivi.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge, eccependo il difetto assoluto del provvedimento impugnato in merito alla sussistenza, oltre che della pericolosità qualificata del proposto, anche di quella generica ai sensi dell’art. 1 lett. b) d.lgs. n 159 del 2011, pure ritenuta dal Tribunale nel decreto con il quale era stata applicata la misura di prevenzione patrimoniale facendo riferimento alle condanne per contrabbando riportate dal Ferrara, alla misura cautelare cui questi era stato sottoposto per il reato di abusivismo finanziario ed al procedimento per stupefacenti nel quale lo stesso era stato indagato, nonché al fatto che era stata accertata la sua
frequentazione abituale di pregiudicati alcuni dei quali appartenenti a clan camorristici. 2.2 Ulteriore violazione di legge viene denunziata con il secondo motivo in merito all’esclusione della pericolosità qualificata ai sensi dell’art. 4 lett. b) d.lgs. n. 159 2011 del proposto. Anzitutto la Corte territoriale non avrebbe considerato come ai sensi della disposizione menzionata la pericolosità qualificata del Ferrara discende dal fatto stesso che egli è indagato per plurimi reati di cui all’art. 512-bis c.p. In secondo luogo erroneamente il provvedimento impugnato del merito avrebbero ritenuto non decisiva tale circostanza solo perché il procedimento relativo ai suddetti reati pende tuttora nella fase delle indagini preliminari non essendo ancora stato richiesto il rinvio a giudizio. In tal modo i giudici del merito avrebbero omesso di procedere ad una autonoma valutazione degli indizi di reità emergenti dal procedimento in questione, di per sé sufficienti ai fini dell’affermazione della pericolosità di colui che viene proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione, e in particolare di quelli compendiati nell’informativa della DIA del 15 giugno 2022 e che hanno portato all’applicazione al Ferrara di una misura cautelare.
Il difensore del proposto ha depositato memoria con la quale ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o venga rigettato. In tal senso la difesa
contesta che il provvedimento impugnato non abbia motivato sulla configurabilità della pericolosità generica e non abbia operato una autonoma valutazione degli indizi dei reati di cui all’art. 512-bis c.p., rilevando che, in riferimento ad uno degli episodi cita dal PG ricorrente, proprio nell’evocato incidente cautelare sarebbe stata esclusa la fittizia intestazione del bene oggetto di contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Anzitutto va ricordato che, per il consolidato orientamento di questa Corte asseverato anche dal giudice delle leggi con le sent. n. 321/2004, n. 80/2011 e n. 106/2015 – in tema di misure di prevenzione, la riserva del sindacato di legittimità alla violazione di legge non consente di dedurre il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e) c.p.p., sicché il controllo del provvedimento consiste solo nella verifica della rispondenza degli elementi esaminati ai parametri legali, imposti per l’applicazione delle singole misure e vincolanti, in assenza della quale ricorre la violazione di legge sub specie di motivazione apparente (ex multis Sez. 5, n. 19598 dell’8 aprile 2010, Palermo, Rv. 247514).
Non di meno va ricordato come, sempre per il consolidato insegnamento di questa Corte, il giudice della prevenzione non è vincolato alla valutazione compiuta nel procedimento penale dal quale vengono mutuati gli elementi indizianti posti a fondamento della sua decisione, rimanendo egli titolare di un autonomo potere di valutazione degli stessi stante la diversa natura dell’oggetto dell’accertamento demandatogli e della regola di giudizio che lo governa (ex multis Sez. 2, n. 26774 del 30 aprile 2013, COGNOME e altro, Rv. 256819).
Va ancora ribadito che il giudizio di pericolosità espresso in sede di prevenzione va scisso – nelle sue componenti logiche – in una prima fase di tipo “constatativo” rapportata alla importazione di dati cognitivi idonei a rappresentare l’avvenuta condotta contraria alle ordinarie regole di convivenza tenuta – in passato – dal soggetto proposto (tra cui, ovviamente, ben possono rientrare i pregiudizi penali derivanti dall’accertamento di fatti costituenti reato) cui si unisce una seconda fase di tipo essenzialmente prognostico, per sua natura alimentata dai risultati della prima, tesa a qualificare come “probabile” il ripetersi di condotte antisociali, inquadrate nelle categorie criminologiche di riferimento previste dalla legge. L’esistenza di tale duplice profilo consente – anche in chiave di rispetto dei valori costituzionali di tutela dell’individuo – di adottare le limitazioni alla sfera di libertà del soggetto raggiunto d tale prognosi; di qui il rilievo che anche il giudizio di prevenzione, lungi dal consistere
in una mera valutazione di pericolosità soggettiva (la parte prognostica del giudizio) si alimenta in primis dall’apprezzamento di “fatti” storicamente apprezzabili e costituenti a loro volta “indicatori” della possibilità di iscrivere il soggetto proposto in una del categorie criminologiche previste dalla legge (la parte constatativa e dunque ricostruttiva del giudizio) (ex multis Sez. 1, n. 23641 del 11/02/2014, COGNOME, Rv. 260104; Sez. 1, n. 16038 del 02/02/2016, Targia; Sez. 5, n. 15492 del 19/01/2018, COGNOME Rv. 272682).
Alla luce di questi consolidati principi va anzitutto osservato che sono insussistenti i lamentati difetti di motivazione del provvedimento impugnato, atteso che, contrariamente a quanto eccepito, la Corte territoriale ha ampiamente argomentato le ragioni della ritenuta insussistenza della pericolosità non qualificata del proposto all’epoca dell’acquisto dei beni di cui è stata disposta la confisca, facendo buon governo del principio per cui la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche “misura temporale” del suo ambito applicativo (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262605).
Nemmeno corrisponde a verità che i giudici del merito si siano sottratti all’autonoma valutazione degli elementi ritratti dal procedimento penale pendente nei confronti del proposto per il reato continuato di cui all’art. 512-bis c.p.
Ne consegue che quelli prospettati dal ricorrente si rivelano essere meri vizi di motivazione del provvedimento impugnato, come già ricordato indeducibili con il ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.
Così deciso il 6/11/2024