Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19623 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19623 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a Carmagnola il DATA_NASCITA; COGNOME NOME nato a Carignano il DATA_NASCITA; avverso il decreto del 29 settembre 2023 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; lette le memorie depositate il 25 marzo 2024 dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, nell’interesse del ricorrente NOME COGNOME, e dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse del ricorrente NOME COGNOME, con le quali, anche in replica alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, si insiste per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Torino – Sezione per le misure di prevenzione, con decreto emesso in data 14 luglio 2021 (e confermato successivamente dalla Corte
d’appello), applicava a NOME COGNOME la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni tre e disponeva contestualmente la confisca di una serie di beni (analiticamente indicati) riferiti al medesimo NOME COGNOME (ed in parte a NOME COGNOME), a NOME COGNOME e NOME COGNOME, restituendone, tuttavia, altri, anch’essi oggetto di previo sequestro.
Il giudizio di pericolosità (generica: art. 1, comma 1 lett. b, del d.lgs. n.15 del 2011) veniva perimetrato, per NOME COGNOME, dal 1977 sino al 2013; per NOME COGNOME, dal 1979 al 2014; per NOME COGNOME, dal dicembre 2006 all’attualità e si accertava, nei rispettivi periodi di pericolosità, l’esistenza di una significat sproporzione tra i redditi leciti valutabili e gli impieghi realizzati.
Investita dei ricorsi proposti da NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, questa Corte (con sentenza n. 20595 del 2023), pur dando atto dell’infondatezza di alcune censure sollevate (quanto alla mancata inclusione nella redditività lecita dei proposti – dei redditi derivanti da attività economic non illegali ma sottratte alla imposizione fiscale; alla invocata applicazione retroattiva della confisca disgiunta, in rapporto alla temporanea vigenza dell’art. 14 legge n. 55 del 1990, normativa che non consente la confisc:a per la pericolosità semplice se non in rapporto a determinati titoli di reato), annullava il decreto emesso dalla Corte d’appello in relazione alla delimitazione dei rispettivi periodi di pericolosità, rimettendone la determinazione, anche al fine di individuare i singoli beni confiscabili, al giudizio di merito.
All’esito del giudizio di rinvio, la Corte d’appello di Torino confermava il provvedimento impugnato.
4. Ricorrono per cassazione NOME e NOME COGNOME
4.1. Il ricorso proposto nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE si compone di due motivi d’impugnazione.
Il primo deduce violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. e degli artt. 1, lett. b), e 4, lett. c), del d. Igs. n. 159 del 2011 nella parte in cui il giudi rinvio, confermando gli originari confini temporali del giudizio di pericolosità, d un canto, avrebbe violato l’esplicito disposto contenuto nella sentenza di annullamento (quanto all’impossibilità di far decorrere la pericolosità dal 1977), dall’altro, avrebbe continuato a valorizzare fattispecie delittuose prive di rilevanza (in quanto caratterizzate da condotte non lucrogenetiche o riferite a fatti non accertati nella loro storicità fattuale).
Il secondo motivo ripropone quello parallelo formulato nell’originario ricorso per cassazione (non deciso in quanto ritenuto assorbito) e deduce la violazione
dell’art. 24 del d.lgs n. 159 del 2011, 117 Cost, e 8 CEDU, nella parte in cui la misura ablatoria, aggredendo (anche) una casa di abitazione familiare, in ragione della tutela convenzionale e costituzionale del domicilio, sarebbe sproporzionata rispetto allo scopo che essa stessa intende raggiungere, non essendo possibile che una normativa tesa a perseguire le accumulazioni patrimoniali illecite possa colpire indiscriminatamente tutti i beni del proposto.
4.2. Il ricorso formulato nell’interesse di NOME COGNOME si compone di cinque motivi d’impugnazione.
I primi tre deducono, in termini analoghi alle censure sollevate con il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME AVV_NOTAIO, la violazione degli artt. 627 cod. proc. pen., 1, 16, 18 e 24 d. Igs. n. 159 del 2011 nella parte in cui la Corte, nel rideterminare il perimetro di pericolosità, da un canto, non avrebbe tenuto conto delle precise indicazioni fornite nella sentenza di annullamento (sia quanto alla possibilità di valutare, in generale, i delitti tentati o le altre cond ontologicamente inidonee a produrre reddito; sia quanto all’esplicita esclusione di singoli specifici fatti; sia, infine, quanto alla necessità di accertare la concre redditività di ciascun delitto valorizzato); dall’altro non avrebbe tenuto conto che, anche a prescindere dalla violazione delle prescrizioni imposte dalla Corte di cassazione al giudice del rinvio, alla luce delle indicazioni offerte dalla Cort Costituzionale con la nota sentenza n. 24 del 2019, difetterebbero comunque ì presupposti sui quali fondare il giudizio di pericolosità: dal 2006 al 2010 non è stato commesso alcun reato produttivo di reddito; i fatti successivi e, in particolare, il furto del 2010 (oggetto solo di un provvedimento cautelare) non può essere attributo con certezza al ricorrente; i furti del 2012 sono stati commessi a tre giorni di distanza l’uno dall’altro e, comunque, la relativa condanna è oggetto di giudizio di revisione. Mancherebbe, quindi,, quel sostrato probatorio sul quale ritenere che il COGNOME abbia posto in essere, dal 2006 all’attualità una pluralità di condotte delittuose produttive di reddito illecito e da esse abbia tratto l principale fonte di sostentamento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il quarto deduce la violazione dell’art. 8 CEDU ed è formulato in termini sovrapponibili al secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME.
Il quinto deduce la violazione dell’art. 6 d. Igs. n. 159 del 2011 ed afferisce all’applicazione della misura della sorveglianza speciale, estendendo a tale profilo tutte le considerazioni svolte nei motivi precedenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono fondati nei termini di seguito indicati.
Per come si è detto, secondo l’originaria delimitazione prospettata nel provvedimento applicativo (confermato dalla Corte d’appello, ma annullato da questa Corte con sentenza n. 20595 del 2023), il giudizio di pericolosità veniva perimetrato per COGNOME NOME dal 1977 sino al 2013, per COGNOME NOME dal 1979 al 2014, per COGNOME NOME dal dicembre 2006 all’attualità.
A fronte di questa ricostruzione, questa Corte evidenziava, per quanto in questa sede rilevante:
in termini generali, che i delitti tentati non possono concorrere a costruire la cornice tipica della pericolosità (ai sensi dell’art.1 comma 1 lett. b);
quanto a NOME COGNOME, che non vi era stato alcun esame, in concreto, della effettiva redditività (incidente sul mantenimento dello stile di vita) del condotte poste in essere tra il 1977 e il 1978, cui segue – peraltro – un lunghissimo periodo silente (sino al 1992), il che obiettivamente porta a ritenere non giustificata (in diritto) la collocazione al 1977 del momento di insorgenza della condizione di pericolosità tipica;
quanto a COGNOME NOME, che non può essere correlata l’insorgenza della pericolosità alla condotta del 2006 ed a quella del 2008, pacificamente improduttive di reddito, lì dove è possibile la valutazione autonoma della condotta tenuta nel 2010 (dato che la dichiarazione di prescrizione del reato non la preclude), sempre che il giudice del merito riesca a catalogare il fatto delittuoso come produttivo di reddito in concreto.
Celebrato il giudizio di rinvio, a Corte d’appello ha confermato il giudizio di pericolosità nei termini originariamente prospettati, individuando nel 1978 (e non nel 1977) il confine iniziale delle manifestazioni di pericolosità per NOME COGNOME e nel 2009 per NOME. A tal fine vengono indicati
per NOME COGNOME: la denuncia a piede libero del 1975 per furto della somma di 800.000 lire circa e di un libretto di banca al portatore, con un deposito di 753.000 lire; la denuncia del maggio 1976 per ricettazione e per contraffazione di matricola del telaio di un ciclomotore; l’arresto del maggio 1978 per furto di autovettura; l’arresto del 1978 per il delitto di rapina (avente per oggetto un orologio a pendolo del ‘600); la denuncia del 1989 per usurpazione di funzioni pubbliche e porto ingiustificato di oggetti atti ad offendere; le condanne per furto nel 1992; la denuncia del marzo 1993 per truffa tentata ai danni di NOME; la denuncia del febbraio 2000 per tentata truffa ai danni di due anziani; la falsa denuncia per furto di un’autovettura che in realtà era stata fatta transitare attraverso il posto di frontiera di Ogrodniki (Polonia) diretta in Lituania.
per COGNOME NOME: l’arresto a Genova nel 2006 per tentata truffa ai danni di un’anziana donna; la denuncia del febbraio 2009 per tentata truffa ai danni di un’anziana donna (il procedimento è stato archiviato perché l’accusa non era
sostenibile); la denuncia del 3 dicembre 2010 per truffa ai danni di COGNOME NOME (archiviato perché l’accusa non era sostenibile); la denuncia del febbraio 2011 per il furto di diversi preziosi (archiviato per prescrizione); la misur cautelare disposta con ordinanza dell’8 novembre 2010 per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti in private abitazioni, in danno di vittime anziane e successiva conseguente cessione della refurtiva; i due furti in abitazione commessi, rispettivamente, in data 7 aprile e 8 giugno 2010.
Ebbene, la semplice descrizione del percorso argomentativo offerto dalla Corte territoriale a fondamento del ritenuto giudizio di pericolosità e della conseguente perimetrazione dà conto della fondatezza dell’assunto difensivo.
È pur vero, infatti, che nel giudizio di rinvio il giudice di merito non è vincolat né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i profili storici risultanti dalle emergenze processuali e apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, potendo a tal f accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio. Ma ciò pur sempre nel rispetto dei principi dettati in conseguenza dell’annullamento.
La decisione assunta, invece, nonostante sia formalmente rispettosa dei limiti temporali espressamente indicati da questa Corte (con la sentenza di annullamento): ha valorizzato ancora una volta condotte che si sono arrestate allo stadio del tentativo; per quelle astrattamente lucrogenetiche non ha esaminato in concreto l’effettiva redditività, pur nei limiti di quanto funzionale al giudizio pericolosità; non ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto persistere la pericolosità di NOME COGNOME nel periodo (silente) intercorso tra il 1978 e i 1993; ha ritenuto attribuibili a NOME COGNOME fatti delittuosi oggetto archiviazione, anche ove il relativo provvedimento sia stato adottato per insufficienza di elementi idonei a sostenere l’accusa.
Non risultano, quindi, rispettati i principi indicati e si impone “la rielaborazion del giudizio di merito in punto di delimitazione dei rispettivi periodi di pericolosità Cosicché, va ribadito che:
l’accertamento di pericolosità sociale generica richiesto dall’art. 1 del citato decreto legislativo, dovendo riguardare un arco temporale coincidente con le acquisizioni patrimoniali di origine illecita, oltre ad essere presupposto ineludibile della confisca di prevenzione, è anche ‘misura temporale” del suo ambito applicativo, limitando l’area delle entità economiche suscettibili di ablazione soltanto a quei beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale (Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, dep. 2015, Spinelli, Rv. 262605);
P
sotto il profilo soggettivo, le “categorie di delitto” legittimanti l’applicazi della misura di prevenzione, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, devono presentare il triplice requisito, da ancorare a precisi elementi di fatto, di cui il giudice di merito deve rendere adeguatamente conto in motivazione: deve trattarsi di delitti commessi abitualmente (ossia in un significativo arco temporale), che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca, l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo (Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, Zangrillo, Rv. 280145). Cosicché, in nessun caso, possono essere valorizzate le fattispecie nelle quali la condotta appropriativa è rimasta allo stadio del tentativo;
nell’accertamento del carattere lucrogenetico del fatto imputato, non è necessario accertare in modo specifico la entità del profitto correlato ad ogni condotta delittuosa, sì da trasformare la confisca di prevenzione in una tipologia di confisca latamente «pertinenziale»: una volta stabilita anche la semplice «incidenza» (componente significativa della redditività nel periodo considerato, secondo le indicazioni di Corte cost. n. 24 del 2019) del reddito illecito sul mantenimento del tenore di vita, soccorre a fini di individuazione dei beni confiscabili il presupposto concorrente della «sproporzione» tra redditi leciti e valore degli investimenti realizzati nel periodo;
i fatti oggetto di un procedimento archiviato possono essere rivalutati all’interno di un procedimento di prevenzione (Sez. 6, n. 49750 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 27743802), fermo restando che, in presenza di dati conoscitivi tratti da un procedimento archiviato, il giudice della prevenzione è chiamato ad un’attenta disamina del provvedimento di archiviazione, al fine di verificare se da esso emergano accertamenti ostativi alla trasmigrazione dei dati in sede di prevenzione (Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, Zangrillo, Rv. 280145).
E, nella “rielaborazione del giudizio di merito in punto di delimitazione dei rispettivi periodi di pericolosità”, la Corte valuterà anche la compatibilità dell misura disposta con i principi cristallizzati nell’art. 8 della Convenzione EDU secondo l’interpretazione offerta dalla Corte EDU (n. 28457 del 2010, Aboufadda c. Francia), nella parte in cui la misura, disponendo l’ablazione dell’immobile adibito a casa familiare e, quindi, incidendo sulla vita privata e familiare dei ricorrenti, può ritenersi legittima solo se “prevista dalla legge”, persegua uno o più scopi legittimi (indicati al comma 2 dell’art. 8 CEDU) e sia ‘necessaria in una società democratica” per raggiungerli.
In conclusione, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte d’appello di Torino per una nuova delimitazione dei periodi di pericolosità
•
per entrambi i ricorrenti, alla luce dei principi indicati in precedenza, anche ai fin dell’individuazione dei beni suscettibili di confisca.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato nei confronti di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Torino.
Il Presidente
Così deciso il 2 aprile 2024
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