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Pericolosità sociale: confisca e limiti temporali

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9443/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale, confermando la revoca di una confisca. Il caso riguarda la valutazione della pericolosità sociale di un soggetto e il suo impatto sulla confisca di un’impresa. La Corte ha stabilito che la pericolosità sociale, accertata a partire da un certo anno, non può essere retrodatata per giustificare la confisca di un bene acquisito oltre un decennio prima, soprattutto in presenza di una precedente sentenza di assoluzione per quel periodo storico.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione Fissa i Paletti Temporali per la Confisca

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9443 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti applicativi delle misure di prevenzione patrimoniali, in particolare sulla confisca. Il principio cardine ribadito è che la pericolosità sociale di un individuo, accertata in un determinato periodo, non può essere estesa a ritroso in modo indiscriminato per colpire beni acquisiti in un’epoca antecedente, specialmente se coperta da un giudicato assolutorio. Questa decisione consolida la necessità di un rigoroso nesso temporale tra la condotta pericolosa e l’arricchimento patrimoniale.

Il Caso in Esame

La vicenda giudiziaria trae origine dal ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello avverso un decreto che, pur confermando una misura di prevenzione personale nei confronti di un imprenditore, aveva revocato la confisca della sua attività commerciale, un bar-pizzeria.

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente disposto sia la misura personale sia la confisca, ritenendo che l’attività, avviata nel 2006, fosse riconducibile alla pericolosità sociale del proposto. La Corte di appello, invece, ha riformato la decisione sulla parte patrimoniale. Secondo i giudici di secondo grado, la pericolosità qualificata del soggetto era provata solo a partire dal 2018, pur con radici risalenti al 2012. Di conseguenza, non era possibile collegare tale pericolosità all’acquisizione del bar, avvenuta nel 2006, un periodo per il quale, tra l’altro, l’imprenditore era stato definitivamente assolto dall’accusa di partecipazione ad un’associazione mafiosa nel contesto di un’altra operazione giudiziaria.

Il Procuratore generale ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte di appello avesse erroneamente equiparato il giudizio penale a quello di prevenzione, sottovalutando elementi che, pur non sufficienti per una condanna, sarebbero stati idonei a fondare un giudizio di pericolosità anche per il periodo precedente.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Valutazione della Pericolosità Sociale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Procuratore inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno giudicato il ragionamento della Corte di appello del tutto logico, coerente e conforme ai principi di diritto.

La Cassazione ha sottolineato come la Corte territoriale abbia correttamente perimetrato temporalmente la pericolosità sociale del proposto. Non è stata negata l’esistenza di un legame con ambienti criminali, ma si è correttamente distinto il livello di tale legame nel tempo.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella corretta applicazione del principio secondo cui, per procedere alla confisca, deve esistere una correlazione temporale tra il momento in cui i beni sono stati acquisiti e il periodo in cui il soggetto era socialmente pericoloso. La Corte di appello ha stabilito che:

1. L’assoluzione con formula piena nel processo relativo al periodo 2005-2011, sebbene non vincolante in senso assoluto nel giudizio di prevenzione, costituisce un elemento fattuale di enorme peso che escludeva un apporto concreto dell’individuo al sodalizio criminale in quegli anni.
2. La pericolosità qualificata, ovvero un ruolo apicale e non una mera contiguità, è stata provata solo a partire da un’epoca molto successiva (dal 2018, con maturazione dal 2012).
3. Non era possibile retrodatare tale pericolosità di oltre un decennio fino al 2006, anno di avvio dell’impresa, in assenza di prove concrete che dimostrassero l’uso di capitali illeciti per la sua costituzione. I rapporti esistenti in quel periodo sono stati qualificati come mera “vicinanza” o “adesione morale”, insufficienti a fondare una misura ablativa così incisiva.

La Cassazione ha ribadito che il giudizio della Corte di appello è immune da censure, in quanto ha seguito l’autorevole principio delle Sezioni Unite (sent. Gattuso, 2018), che distingue tra “partecipazione” penalmente rilevante e “appartenenza” funzionale agli scopi associativi, rilevante ai fini della prevenzione. La Corte di appello ha compiuto questa valutazione e ha concluso, con motivazione non illogica, per l’assenza di una pericolosità qualificata nel periodo di interesse per la confisca.

Conclusioni

La sentenza in commento riafferma un principio di garanzia fondamentale nel diritto delle misure di prevenzione: la necessità di un’analisi rigorosa e temporalmente definita della pericolosità sociale. Non si può presumere che una pericolosità accertata oggi sia sempre esistita. La confisca di un bene richiede la prova, o quantomeno un quadro indiziario grave, preciso e concordante, che esso sia frutto di attività illecite o che sia stato acquisito in un periodo in cui il soggetto già manifestava una pericolosità tale da far ritenere sproporzionato il suo patrimonio rispetto ai redditi leciti. Un’assoluzione penale, pur non essendo un ostacolo assoluto, non può essere ignorata e contribuisce a definire il perimetro temporale entro cui il giudizio di pericolosità può legittimamente operare.

È possibile confiscare un bene acquistato prima del periodo in cui è stata accertata la pericolosità sociale di una persona?
No. La sentenza stabilisce che la confisca richiede una correlazione temporale tra l’acquisizione del bene e il periodo di effettiva pericolosità sociale. Non è possibile retrodatare la pericolosità, accertata a partire da un certo anno, per colpire beni acquisiti molto tempo prima, in assenza di prove specifiche sull’origine illecita dei capitali usati per l’acquisto.

Un’assoluzione in un processo penale per associazione mafiosa impedisce l’applicazione di una misura di prevenzione come la confisca?
Non la impedisce in modo assoluto, poiché il giudizio di prevenzione si basa su criteri diversi da quello penale. Tuttavia, una sentenza di assoluzione definitiva rappresenta un elemento di prova molto significativo che il giudice della prevenzione deve considerare attentamente per escludere, per il periodo coperto dal giudicato, l’esistenza di condotte che fondano la pericolosità sociale qualificata.

Qual è la differenza tra ‘partecipazione’ a un’associazione criminale e ‘appartenenza’ ai fini delle misure di prevenzione?
La ‘partecipazione’ è un concetto penalistico che richiede la prova di un inserimento stabile nella struttura dell’organizzazione criminale. L”appartenenza’, ai fini delle misure di prevenzione, è un concetto più ampio che può includere anche condotte che, pur non integrando una partecipazione, si sostanziano in un’azione funzionale agli scopi associativi (es. mettere a disposizione le proprie risorse o la propria attività per il sodalizio), con esclusione delle situazioni di mera contiguità o vicinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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