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Pericolosità sociale: confisca e limiti del ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una misura di sorveglianza speciale e la confisca di beni. La sentenza ribadisce che la valutazione sulla pericolosità sociale, se adeguatamente motivata dai giudici di merito, non può essere riesaminata in sede di legittimità, dove il controllo è limitato alla sola violazione di legge.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione fissa i paletti per i ricorsi

Il concetto di pericolosità sociale è uno dei cardini del sistema delle misure di prevenzione, uno strumento finalizzato a impedire la commissione di reati da parte di soggetti ritenuti inclini a delinquere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, i rigidi limiti entro cui è possibile contestare in sede di legittimità le decisioni dei giudici di merito su questo tema, specialmente quando sono in gioco misure come la sorveglianza speciale e la confisca dei beni.

I Fatti di Causa: la Decisione della Corte d’Appello

Il caso esaminato riguarda il ricorso presentato da due persone avverso un decreto della Corte di Appello di Torino. Tale decreto confermava la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di dimora a carico di un soggetto e, contestualmente, la confisca di diversi beni, alcuni dei quali intestati a una seconda persona. La Corte territoriale aveva ritenuto provata una pericolosità sociale del soggetto protrattasi per un lungo arco temporale, dal 2003 fino al 2023, giustificando così sia la misura personale che quella patrimoniale.

I Motivi del Ricorso e la Contestazione della Pericolosità Sociale

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due argomenti principali. In primo luogo, hanno contestato l’attualità della pericolosità sociale, sostenendo che vi fosse un’eccessiva distanza temporale tra alcuni precedenti penali risalenti a prima del 2004 e le accuse più recenti, relative al periodo 2017-2019. Secondo la loro tesi, la pericolosità si sarebbe dovuta considerare conclusa nel 2019, data degli ultimi reati contestati, e non estesa fino al 2023.

In secondo luogo, hanno criticato la decisione sulla confisca, evidenziando la mancanza di una stretta correlazione temporale tra il periodo di manifestata pericolosità e l’acquisto dei beni. In pratica, i beni confiscati sarebbero stati acquisiti in momenti in cui la pericolosità non era provata, o comunque derivanti da profitti leciti erroneamente valutati dalla Corte.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sui poteri del giudice di legittimità nei procedimenti di prevenzione. I giudici hanno ricordato un principio consolidato: il ricorso per cassazione in questa materia è ammesso solo per “violazione di legge”. Ciò significa che non è possibile utilizzare questo strumento per contestare la ricostruzione dei fatti o la logicità della motivazione del giudice di merito, a meno che la motivazione sia totalmente assente o meramente apparente.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione puntuale e approfondita per giustificare la sua decisione. Aveva ricostruito un quadro di pericolosità sociale ampio e duraturo, che andava ben oltre i singoli episodi criminali, e aveva logicamente collegato a questo quadro la confisca dei beni, ritenuti sproporzionati rispetto ai redditi leciti e quindi frutto di attività illecite. Le doglianze dei ricorrenti, secondo la Cassazione, non denunciavano una reale violazione di legge, ma tentavano surrettiziamente di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame è un’importante conferma dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione sulle misure di prevenzione. La valutazione della pericolosità sociale è un giudizio complesso, basato su una pluralità di elementi, che rientra nella piena discrezionalità dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Finché tale valutazione è supportata da una motivazione logica, coerente e non palesemente contraddittoria, non può essere messa in discussione davanti alla Suprema Corte. Questa decisione rafforza l’efficacia delle misure di prevenzione, sottolineando che l’impugnazione in Cassazione deve concentrarsi su questioni di pura legittimità giuridica e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla durata della pericolosità sociale?
No, non è possibile se la valutazione è supportata da una motivazione logica e coerente. Il ricorso in Cassazione è limitato alla violazione di legge e non permette un riesame dei fatti o della logicità della motivazione fornita dai giudici di merito, a meno che questa sia inesistente o solo apparente.

Quali sono i limiti del ricorso in Cassazione contro un decreto di prevenzione?
Il ricorso è ammesso esclusivamente per violazione di legge. Non si possono denunciare vizi di motivazione come l’illogicità o la contraddittorietà, a meno che questi non si traducano in una motivazione completamente assente o meramente apparente, tale da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice.

Perché la confisca dei beni è stata confermata nonostante il presunto iato temporale tra i reati?
La confisca è stata confermata perché la Corte di Appello ha ritenuto che la pericolosità sociale del soggetto si fosse protratta per un arco temporale molto ampio (dal 2003 al 2023), coprendo anche il periodo di acquisizione dei beni. Tale valutazione, essendo stata adeguatamente motivata, è stata considerata insindacabile dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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