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Pericolosità sociale: confisca annullata in Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13806/2024, ha annullato una confisca di beni, sottolineando che la valutazione della pericolosità sociale del soggetto deve basarsi su elementi concreti, abituali e capaci di generare profitti. La Corte ha ritenuto insufficiente un mero elenco di reati non collegati temporalmente e logicamente all’acquisto dei beni, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova e più rigorosa valutazione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: la Cassazione fissa i paletti per la confisca

Con la recente sentenza n. 13806 del 2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su un tema cruciale delle misure di prevenzione: la pericolosità sociale. Questa pronuncia chiarisce che per disporre la confisca dei beni non è sufficiente un semplice elenco di precedenti penali, ma è necessaria una motivazione analitica che dimostri un collegamento logico e temporale tra le attività illecite, la generazione di profitti e l’acquisto dei beni. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una misura di prevenzione patrimoniale disposta dal Tribunale e confermata dalla Corte d’appello di Milano. La misura consisteva nella confisca di alcuni beni immobili, formalmente intestati a una terza persona ma ritenuti nella disponibilità di un soggetto considerato socialmente pericoloso. Quest’ultimo, insieme alla formale intestataria dei beni, ha proposto ricorso in Cassazione, contestando la valutazione sulla sua pericolosità. La difesa ha sostenuto che il giudizio dei giudici di merito fosse basato su elementi contraddittori e cronologicamente slegati rispetto al periodo di acquisto dei beni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando il decreto di confisca e rinviando il caso alla Corte d’appello di Milano per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno ritenuto fondate le censure della difesa, evidenziando come la motivazione del provvedimento impugnato fosse carente sotto diversi profili, in particolare riguardo alla dimostrazione della pericolosità sociale del proposto.

Le Motivazioni della Sentenza: i limiti alla pericolosità sociale

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dei requisiti necessari per affermare la pericolosità sociale di un individuo ai fini dell’applicazione di una misura patrimoniale. La Cassazione ha ribadito che il giudizio deve articolarsi in due fasi:

1. Fase constatativa: L’accertamento di condotte passate che violano le regole della convivenza civile.
2. Fase prognostica: La previsione ‘probabile’ che tali condotte antisociali si ripetano in futuro.

La Corte ha specificato che, per giustificare una confisca, i delitti considerati devono presentare un triplice requisito:
* Abitualità: Devono essere commessi in un arco temporale significativo.
* Lucrogeneticità: Devono aver effettivamente generato profitti.
* Rilevanza: Devono costituire una fonte di reddito unica o rilevante per il soggetto.

Nel caso specifico, la Corte d’appello aveva fondato il suo giudizio su un elenco di reati eterogenei (detenzione di monete false, insolvenza fraudolenta, resistenza a pubblico ufficiale, tentata truffa) commessi in un arco temporale molto vasto e spesso non coincidente con l’acquisto degli immobili (avvenuto tra il 2012 e il 2018). Molte di queste condotte, inoltre, non erano intrinsecamente idonee a generare i profitti necessari per l’acquisto dei beni confiscati. La motivazione della Corte territoriale è stata definita ‘apparente’, poiché si era limitata a elencare fatti senza analizzarli criticamente e senza collegarli in modo concreto alla produzione di ricchezza illecita.

L’importanza del collegamento temporale

Un altro punto fondamentale toccato dalla sentenza è il necessario collegamento temporale tra la manifestazione della pericolosità e l’acquisizione dei beni. La confisca di prevenzione può colpire solo i beni acquistati nel periodo in cui il soggetto era socialmente pericoloso. Nel caso di specie, molti dei reati citati erano significativamente antecedenti o successivi all’acquisto degli immobili, rendendo incoerente il nesso causale richiesto dalla legge.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio di garanzia fondamentale nel campo delle misure di prevenzione. La pericolosità sociale non può essere una ‘etichetta’ basata su sospetti o su un mero elenco di precedenti. Deve essere il risultato di un’indagine rigorosa e di una motivazione analitica che dimostri, con elementi oggettivi, l’esistenza di un’attività delittuosa abituale, redditizia e temporalmente collegata all’incremento patrimoniale. In assenza di tale prova, la presunzione di illecita provenienza dei beni viene meno e la confisca non può essere disposta.

Quando una persona può essere ritenuta socialmente pericolosa ai fini della confisca dei beni?
Quando commette abitualmente delitti che generano profitti, i quali costituiscono la sua fonte di reddito unica o rilevante. È necessario un accertamento basato su precisi elementi di fatto, non su mere supposizioni.

È sufficiente un elenco di precedenti penali per dimostrare la pericolosità sociale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che una mera elencazione di condotte, non cristallizzate in giudizi penali definitivi e non analizzate nel loro potenziale di generare profitto, non è sufficiente. È necessaria una motivazione analitica che dimostri il carattere di abitualità e la concreta produzione di profitti.

Quale collegamento temporale deve esistere tra la pericolosità e l’acquisto dei beni?
Deve esistere una coincidenza temporale. La pericolosità sociale deve manifestarsi nello stesso arco di tempo in cui i beni vengono acquisiti. La confisca non può essere applicata a beni acquistati in periodi in cui non è dimostrata un’attività criminosa rilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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