Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30552 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30552 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
1.COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia 1’08/12/1971;
COGNOME NOMECOGNOME nata a Orta Nova il 26/11/1971
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 07/01/1998
COGNOME NOME, nato a Orta Nova il 19/02/1962
COGNOME COGNOME nata a Orta Nova il 19/12/1965
COGNOME NOMECOGNOME nata a Foggia il 18/07/1989
COGNOME NOMECOGNOME nato a Foggia il 26/08/1995
avverso il decreto emesso il 17/10/2024 dalla Corte di appello di Bari visti gli atti ed esaminati i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott. NOME COGNOME che h chiesto l’accoglimento con rinvio dell’impugnato decreto;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bari ha confermato il decreto con cui è stata disposta confisca di una serie di beni nei confronti di COGNOME ritenuto socialment
pericoloso ai sensi dell’art. 4, lett. b) d. Igs. ‘ 6 settembre 2011, ‘n. 159 per il periodo ‘ 2005- 2019.
1. Ha proposto ricorso per cassazione il proposto articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge.
Il tema attiene al giudizio di pericolosità sociale, alla sua perimetrazione tempora al rapporto tra giudizio penale e procedimento di prevenzione.
COGNOME sarebbe stato condannato per reati risalenti nel tempo e non significativi perché non dimostrativi dell’accumulo illecito e duraturo di ricchezze; si tratterebbe condotte slegate dall’acquisto dei beni, peraltro intestati a terzi.
Si evidenzia, al riguardo, che la condanna per insolvenza fraudolenta sarebbe inerente al mancato pagamento del pedaggio autostradale e sarebbe stato commesso il 14.3.2005.
Anche le contravvenzioni per le quali il proposto ha riportato condanna nonché le condotte relative al mancato pagamento delle ritenute previdenziali – per fatti risalen al 2009- non sarebbero rivelatori del requisito della pericolosità illecita e dell attualità.
Non diversamente, i procedimenti penali pendenti non offrirebbero elementi dimostrativi della pericolosità: i fatti sarebbero risalenti nel tempo (reato di cui 641 cod. pen., commesso il 23.8.2010) o privi di riscontro processuale “serio” (così ricorso in cui si fa riferimento al proc. n. 13012 del 2011 che si sarebbe concluso senz accertamento dei fatti ma con una sentenza di primo grado dichiarativa di prescrizione), ovvero valutati in modo erroneo (si fa riferimento al proc. n. 15367/2012, conclusos con una sentenza dichiarativa di prescrizione, avente ad oggetto la gestione del traffi di rifiuti, per il quale il ricorrente sarebbe stato coinvolto per avere trasportato, pe di terzi, alcuni indumenti usati senza le necessarie autorizzazioni), ovvero, ancor relativi a fatti intervenuti al di fuori del perimetro temporale di riferimento (si r il proc. n. 2520/2019 relativo a fatti avvenuti nel 2019).
Sarebbe, in particolare, errato l’assunto secondo cui “il consistente numero di deli con finalità lucrativa, commessi nell’arco temporale di circa quindi anni (2005-2019) oltre all’assenza di adeguate lecite fonti di reddito, riconducibili al proposto e a famigliari”, consentirebbero di formulare il giudizio di pericolosità sociale.
Né si sarebbe tenuto conto del fatto che nei confronti del ricorrente sarebbe stat rigettata in passato la domanda di applicazione della misura di prevenzione personale; ci si riferisce al proc. n. 63 del 2018 in cui il Tribunale non accolse la domanda prop in ragione della mancanza di elementi dimostrativi della pericolosità sociale e della s attualità, considerato che le condotte valorizzate in chiave accusatoria in que occasione (molte delle quali riprese nel presente procedimento) si sarebbero fermate al 2013.
La stessa Corte di cassazione, si aggiunge, con la sentenza n. 2040 del 2020 aveva annullato il provvedimento impositivo della misura da parte delle Corte di appello – ch nel procedimento n.63 del 2018 aveva riformato la decisione del Tribunale- rimarcando come le denunce e le segnalazioni risultassero temporalmente incollocabili e di nessuna significatività a partire dal 2013.
Detto procedimento si sarebbe concluso con la rinuncia del Procuratore generale alla impugnazione proposta avverso il decreto con cui il Tribunale aveva rigettato la domanda di prevenzione.
Dunque, a fronte della definizione nel senso indicato di quel procedimento, sarebbe viziata, in assenza di elementi nuovi, l’affermazione della Corte di appello per cui pericolosità di COGNOME si sarebbe manifestata in un periodo esteso dal 2005 al 2019.
Hanno proposto ricorso per cassazione anche COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di terzi interessati
Sono stati articolati tre motivi.
3.1. Con il primo si deduce violazione di legge per avere la Corte ritenuto sussisten le condizioni per formulare il giudizio di pericolosità sociale generica sulla bas manifestazioni comportamentali precedenti alla pronuncia della Corte Edu del 2017 nel caso De Tommaso e della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019.
La tesi è che, al momento in cui sarebbe stata manifestata la pericolosità sociale da parte del proposto, la normativa di riferimento, per la sua genericità, non avrebb consentito ai consociati di prevederne il perimetro applicativo e di regolare conseguenza le proprie condotte di vita.
Il tema è quello della necessità, per consentire la limitazione di diritti fondamen che sussista, al momento in cui le condotte sono commesse, una base legale certa e accessibile (Corte cost., n. 24 del 2019).
Nel caso di specie, si sarebbe applicata in via retroattiva l’interpretazione sana fornita dalla Corte costituzionale, che non avrebbe dichiarato la illegitti costituzionale dell’art. 1, lett. b), del d. Igs n. 159 del 2011 solo perché, dopo la sen della Corte NOME COGNOME, la giurisprudenza della Corte di cassazione aveva proceduto a riempire di contenuto tassativizzante la fattispecie.
Al momento del compimento delle condotte, la normativa di riferimento non sarebbe stata conforme ai principi fondamentali della Costituzione e della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.
3.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge; il tema attiene all possibilità per il terzo di dedurre la insussistenza del requisito genetico della misur
3.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto all’assenta disponibili per il proposto dei beni intestati ai terzi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da COGNOME Maurizio è fondato.
I Giudici di merito hanno ravvisato la pericolosità sociale del ricorrente ritene che lo stesso rientri nella categoria di soggetti di cui all’art.1, lett. b), d.lvo n 2011; COGNOME sarebbe un soggetto, che, per la condotta ed il tenore di vita, vivrebbe abitualmente dal 2005 al 2019, anche in parte, con proventi di attività delittuose.
Sul tema è utile richiamare la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 24 de 2019, ha spiegato cosa debba essere accertato e come debbano essere intese le “fattispecie di pericolosità generica” – disciplinate dall’art. 1, numeri 1) e 2), del n. 1423 del 1956 e – oggi – dall’art. 1, lettere a) e b), del d.lgs. n. 159 del 2011.
Ha spiegato la Corte che l’aggettivo «delittuoso», che compare sia nella lettera a che nella lettera b) della disposizione, deve essere interpretato nel senso che l’atti del proposto debba caratterizzarsi in termini di “delitto” e non di un qualsiasi il (cfr., Sez. 1, n. 43826 del 19/04/2018; Sez. 2, n. 16348 del 23/03/2012), dovendosi escludere che «il mero status di evasore fiscale» sia sufficiente a fondare la misur ben potendo l’evasione tributaria consistere anche in meri illeciti amministrativi (Sez n. 6067 del 6/12/2017, n. 6067; Sez. 6, n. 53003 del 21/09/2017).
Ha chiarito la Corte costituzionale, inoltre, che l’avverbio «abitualmente», che pu compare sia nella lettera a) che nella lettera b) della disposizione, deve essere letto senso di richiedere una «realizzazione di attività delittuose non episodica, almeno caratterizzante un significativo intervallo temporale della vita del proposto», modo che si possa «attribuire al soggetto proposto una pluralità di condotte passate», talora richiedendosi che esse connotino «in modo significativo lo stile di vita soggetto, che quindi si deve caratterizzare quale individuo che abbia consapevolmente scelto il crimine come pratica comune di vita per periodi adeguati o comunque significativi».
Ha aggiunto la Corte che il riferimento ai «proventi» di attività delittuose, di cu lettera b) della disposizione censurata, è interpretato nel senso di richiedere «realizzazione di attività delittuose che siano produttive di reddito illecito» quali sia scaturita un’effettiva derivazione di profitti illeciti.
Quanto alle modalità di accertamento di detti requisiti di fattispecie, la Corte co sentenza in esame ha precisato come sia consolidata l’affermazione secondo cui, se è vero che «il giudice della misura di prevenzione può ricostruire in via totalmen autonoma gli episodi storici in questione – anche in assenza di procedimento penale correlato – in virtù della assenza di pregiudizialità e della possibilità di azione aut di prevenzione», è altrettanto vero tuttavia che:
«non sono sufficienti meri indizi, perché la locuzione utilizzata va considera volutamente diversa e più rigorosa di quella utilizzata dall’art. 4 del d.lgs. n. 15 2011 per l’individuazione delle categorie di cosiddetta pericolosità qualificata, dov parla di “indiziati”»;
l’esistenza di una sentenza di proscioglimento nel merito per un determinato fatto impedisce, alla luce anche del disposto dell’art. 28, comma 1, lett. b), che esso poss essere assunto a fondamento della misura, salvo alcune ipotesi eccezionali;
occorre un pregresso accertamento in sede penale, che può discendere da una sentenza di condanna oppure da una sentenza di proscioglimento per prescrizione, amnistia o indulto che, tuttavia, contenga in motivazione un accertamento della sussistenza del fatto e della sua commissione da parte di quel soggetto.
In senso conforme ed esplicativo si pone la successiva giurisprudenza della Corte di cassazione, che, in più occasioni, ha affermato, in modo condivisibile, che il giudice del prevenzione può ritenere la riconducibilità del proposto ad una delle categorie d pericolosità di cui agli artt. 1 e 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, a indipendentemente dall’esistenza di sentenze di condanna che abbiano accertato la pregressa commissione di reati, a condizione tuttavia che la valutazione incidentale a tal fine compiuta non sia smentita da esiti assolutori di eventuali procedimenti pena eccezion fatta per il caso in cui tali esiti siano dipesi dal riconoscimento di c estintive.
Nondimeno si chiarisce, detto giudice non può basare il suo accertamento su meri sospetti, ma è tenuto a prendere in considerazione fatti storicamente apprezzabili, l’efficacia dimostrativa dei quali deve essere più elevata in relazione alla pericolosità generica, con la conseguenza che la riconduzione del proposto ad una delle categorie di questa non può essere fondata, ad esempio, su semplici informazioni contenute nelle banche dati in uso alle forze di polizia non accompagnate da aggiornamenti in ordine ai relativi sviluppi procedinnentali.
In particolare, ciò che deve essere accertato è che siano delineati con sufficient chiarezza e nella loro oggettività quei fatti che, pur ritenuti non sufficienti – nel o per preclusioni processuali – per una condanna penale, ben possono tuttavia essere posti alla base di un giudizio di pericolosità (Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, Ruff Rv. 284485; Sez. 2, n. 33533 del 25/06/2021, Avorio, Rv. 281862; Sez. 1, n. 36080 del 11/09/2020, Cavassa, Rv. 280027).
I Giudici di merito non hanno fatto corretta applicazione di detti principi.
Sotto un primo profilo, quanto ai fatti per i quali il processo penale stato defin Tribunale e la Corte di appello si sono limitati a indicare il titolo di reato, il suo carattere lucro genetico e lo stato o la conclusione del procedimento penale.
Si è fatto riferimento al reato di insolvenza fraudolenta relativo fatti commessi 2005 e, successivamente, tra il 23 agosto 2008 e 1’11 ottobre del 2011.
L’oggetto di tali reati riguarderebbe il mancato pagamento di pedaggi autostradali: primo di questi fatti risalirebbe, come detto, al 2005 e; proprio in relazione a detto f si è fissato il dies a quo in ordine alla manifestazione della pericolosità social proposto.
Nulla è tuttavia dato sapere sull’ammontare del mancato pagamento del pedaggio autostradale nel 2005 e su quanti sarebbero i fatti commessi nel 2005; né è stato spiegato perché il fatto del 2005 sarebbe da collocare in continuità con quelli analog successivamente commessi.
Si tratta di un accertamento obiettivamente rilevante che attiene non solo al giudiz di pericolosità sociale, ma, soprattutto, alla perimetrazione temporale della stessa, il inizio, in assenza di dati significativi, dovrebbe in realtà essere fatta decorrere d momento successivo.
Il successivo fatto illecito preso in considerazione dai Giudici di merito è costi da una ricettazione, commessa nel marzo 2007, certamente produttiva di profitto economico, ma sulla quale nulla è stato spiegato, nemmeno in relazione all’oggetto materiale del reato, alla sua consistenza economica.
Si è poi fatto riferimento alle contravvenzioni in tema di ispettorato del lavoro art. 4 I. 22 luglio 1961, n. 628 (fatti del 2008 e del 2010), che, tuttavia, non assu diretto rilievo
Comporta invece, seppur in astratto, un risparmio di spesa, e, quindi, un potenziale reinvestimento nell’acquisizione di beni, l’omesso versamento di ritenute previdenzial e assistenziali commesso nel dicembre 2009, ma anche in questo caso, tuttavia, non si rinviene nessun dato sulla portata economica del mancato esborso.
Indubbio rilievo può senza dubbio assumere il riferimento, contenuto nel decreto di primo grado, all’attività di evasione fiscale riconducibile alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui il COGNOME era amministratore, e che sarebbe ammontata tra il 2008 e il 2010 a quasi 4.000.000 di euro; un’attività che si sarebbe accompagnata alla emissione di fatture per operazioni inesistenti per centinaia di migliaia di euro.
Si tratta di reati per i quali è stata dichiarata l’estinzione per prescrizione in grado, con sentenza del Tribunale di Foggia del 9.7.2021.
Sul tema il Tribunale ha spiegato come nella sentenza penale sia espressamente affermato, per escludere il proscioglimento nel merito ai sensi dell’art.129, comma 2 cod. proc. pen. che le risultanze probatorie “non destituiscono di fondamento l’ipotesi accusatoria”.
Si tratta tuttavia di un’affermazione a cui deve essere riconosciuta una inesisten capacità dimostrativa al fine della formulazione del giudizio di pericolosità sociale e d sua perimetrazione temporale in tema di misure di prevenzione.
Si è fatto poi riferimento ad un reato di truffa commesso il 5.3.2014 da cui l’imputa sarebbe stato assolto “mancando elementi certi del suo coinvolgimento”.
Considerazioni analoghe devono essere compiute anche in relazione agli altri procedimenti pendenti e, in particolare; per il procedimento n. 15367/2012 nel quale i proposto è stato condannato in primo grado per il delitto di cui all’art. 452 quaterdec cod. pen. e poi prosciolto in appello per intervenuta prescrizione del reato.
Sul tema vi è un breve riferimento nel decreto del Tribunale da cui si apprende che il proposto sarebbe stato condannato per aver preso parte “ad una complessa ed articolata attività non autorizzata di gestione di rifiuti non pericolosi” in quanto la sua societ si occupava del trasporto di detti rifiuti, insieme ad altri, “non era iscritta n nazionale gestori ambientali. Il profitto sarebbe stato costituito dalla manc attivazione delle procedure di gestione prescritte dalla legge e la confisca avrebbe avut ad oggetto i mezzi di trasporto strumentali.
Dunque, pare di comprendere, un profitto molto limitato e una confisca avente ad oggetto solo i mezzi strumentali.
Nulla di più è dato sapere.
Si è infine fatto riferimento ad un ulteriore procedimento penale del 2012 nell’ambit del quale il proposto sarebbe stato raggiunto da una ordinanza custodiale per aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine e furti; proposto sarebbe stato contestato nell’occasione anche il riciclaggio di “un mezzo pensante” e il Tribunale ha spiegato che il titolo cautelare sarebbe stato annullato p difetto di esigenze cautelari.
Anche in questo caso nulla di più è stato spiegato, in ordine a ciò che è stato concreto contestato, alla sua perimetrazione temporale, ai fatti concreti posti fondamento delle imputazioni provvisorie, ai comportamenti soggettivi
In tale contesto, la Corte di appello ha spiegato come la mancata adozione della misura di prevenzione personale nell’ambito del precedente procedimento di prevenzione, di cui si è detto – conclusosi con la rinuncia alla impugnazione da parte de Pubblico ministero dopo che il Tribunale aveva rigettato la domanda e dopo che la decisione della Corte di appello di riformare il decreto di rigetto e di disporre la m di prevenzione personale era stata annullata con rinvio dalla Corte di cassazione – f causata non per difetto del requisito costitutivo della pericolosità sociale, ma per assen di attualità della pericolosità sociale, esaurendosi i fatti al 2013.
È utile sul punto fare riferimento alla sentenza n. 2040 del 11/12/2019, allegata ricorso, con cui la Corte di cassazione annullò il decreto della Corte di appello che, riforma di quello del Tribunale, aveva disposto la misura di prevenzione personale; nell’occasione la Corte di cassazione, pur polarizzando il suo ragionamento sul requisito dell’attualità della pericolosità sociale, evidenziò nondimeno come: a) il ragionament della Corte di appello fosse stato privo di adeguata base fattuale, b) non foss
nemmeno possibile individuare a quale categoria di soggetti socialmente pericolosi dovesse essere ricondotto il ricorrente.
4.. Si tratta di un impianto ricostruttivo violativo della legge.
È necessario perseguire in questa materia anfibia un punto di equilibrio tra legali sostanziale e processuale.
Il procedimento di prevenzione si caratterizza, da una parte, per il diverso e inferio standard probatorio necessario e sufficiente per disporre la confisca, attesa la natur giudica di questa e la sua non riconducibilità – secondo l’orientamento, allo stato, tutto consolidato – alla “materia penale” e alla nozione di “pena”, e, dall’altra, per statuto processuale obiettivamente “debole”, in cui l’alleggerimento degli oneri probator del pubblico ministero si accompagna ad un più basso livello di garanzie fondamentali inerenti al diritto di difesa e ad un sindacato da parte della Corte di cassazione limi alla sola violazione di legge.
Ciò rende necessaria, come ha spiegato la Corte costituzionale e al fine di scongiurare il rischio di un’ablazione sganciata da criteri di adeguatezza e proporzionalità e di dubb compatibilità con i principi costituzionali, una valutazione rigorosa e “di garanzia” d consistenza degli indizi, della loro connotazione strutturale, della loro capac dimostrativa del “fatto” da provare e, soprattutto, della pericolosità sociale.
Una valutazione della piattaforma indiziaria che si faccia carico, quasi in funzio compensativa della struttura del procedimento e degli alleggerimenti probatori per il pubblico ministero, della necessità di spiegare in modo puntuale le ragioni per cui s ritengono sussistenti i requisiti di legittimità della pericolosità sociale e, quindi ablazione.
Detta esigenza si impone soprattutto quando, come si dirà, il procedimento penale a carico del proposto non si concluda con una sentenza di condanna ovvero, comunque, con un accertamento dei fatti poi posti a fondamento della proposta di applicazione della misura di prevenzione.
La legalità delle misure di prevenzione “passa” dalla necessità che i “fatti” presupposti legittimanti il provvedimento ablatorio siano accertati lasciando alle spal e abbandonando impalpabili sospetti, pseudo elementi indiziari, denunce non seguite da accertamenti investigativi, segnalazioni di polizia rimaste mute, dichiarazioni instabil collaboratori di giustizia, rivoli inconsistenti di motivazioni di informative di giudiziaria, elementi assunti in palese violazione di regole probatorie discendenti d principi costituzionali.
Una motivazione, quella del giudice della prevenzione, non solo non apparente e non assertiva, ma che, invece, deve esplicitare in concreto perché l’ablazione non è adottata in violazione di legge e che dia conto della conformità delle conclusione cui si giung rispetto al contenuto degli atti e delle argomentazioni difensive.
Un rigore che si giustifica, come detto, oltre che per le caratteristiche struttura tale tipo di ablazione, per la esigenza primaria che essa si mantenga in linea con i princi della Costituzione – con i diritti di cui agli artt. 41-42 Cost.- e si riveli risp principio di proporzionalità: una confisca che, da una parte, come quella che si dispone all’esito del processo penale, ha tra i suoi presupposti la commissione di reati da par del soggetto che ne è colpito, ma che, dall’altra, è disposta “al di fuori” dell’accertame penale di detti reati e delle regole del processo e non richiede una sentenza di condanna.
Una via parallela alla regiudicanda penale che porta, con moduli accertativi meno garantiti, allo stesso risultato.
Ciò impone rigore argomentativo.
Una confisca che si distingue anche dalle ipotesi di c.d. confisca senza condanna, pure disciplinate dal diritto dell’Unione, che si riferiscono essenzialmente alle ipote cui, essendo stato avviato un procedimento penale nei confronti di un soggetto, il processo non possa concludersi in ragione della morte, della malattia o della fuga dell’imputato, ma, nondimeno, i fatti sui quali la confisca si basa risultano accertati
Il procedimento di prevenzione è autonomo ma non insensibile all’accertamento penale ed ai suoi esiti e tuttavia, tanto più il procedimento penale si conclude con esito assolutorio o con una valutazione di inconsistenza dei fatti e della loro attribuib soggettiva al proposto (che può sfociare anche in un provvedimento di archiviazione o in una sentenza dichiarativa della prescrizione che, tuttavia, non accerti alcunchè) quanto più il giudice della prevenzione è tenuto a provare “tutto” e ad accertare in modo più rigoroso i presupposti di legittimità della confisca.
Nel sistema della prevenzione, si è osservato in dottrina, l’avvio di un procedimento penale nei confronti del titolare del bene è un dato quasi accessorio, nel senso che l possibilità che nei riguardi del soggetto proposto si stiano svolgendo indagini o u processo penale, costituisce un fatto possibile o probabile, ma non necessario e neppure decisivo rispetto al procedimento parallelo che conduce alla confisca, che ha proprie regole di giudizio, propri moduli accertativi, coinvolge giudici diversi e può ess innpermiabile alle sorti di quello penale, ben potendo, come detto, la confisca prevenzione essere disposta anche in caso di demolizione e di inconsistenza dalle accuse penali eventualmente formulate nei confronti del titolare dei beni.
E tuttavia, è stato evidenziato, il procedimento di prevenzione si distingue da quel penale non tanto per l’oggetto della prova quanto, piuttosto, per il modo con cui accerta, per come, cioè, si deve “provare”.
Tanto il procedimento penale quanto quello di prevenzione hanno infatti ad oggetto sostanzialmente la prova di una pregressa attività criminosa del soggetto; solo nel processo di prevenzione, tuttavia, l’oggetto della prova è più generico, più lato, dovend essere provata “solo” una “attività” criminosa compiuta nel passato della quale non è tuttavia necessario avere specifici riferimenti temporali e spaziali.
Ciò è consentito in ragione della natura giuridica della confisca di prevenzione, ma ciò deve essere compensato da un valutazione accertativa che è tanto maggiore quanto più l’esito del procedimento penale è favorevole al proposto.
In tale contesto, la motivazione dei Giudici di merito è mancante: .da una parte, nulla è stato spiegato sul piano dell’accertamento delle condotte, ma, dall’altra, si son utilizzati provvedimenti non di condanna per cucire fatti molteplici e diversi tra loro, allineare sul piano temporale un severo giudizio di pericolosità sociale onnicomprensivo e totalizzante, per dare “per accertato” ciò che invece doveva essere accertato.
Un provvedimento, quello impugnato, che, in assenza di un accertamento dei fatti per cui si procede nell’ambito del procedimento penale, avrebbe dovuto spiegare “tutto” e che, invece, si è limitato a richiamare genericamente il contenuto astratto d provvedimenti senza spiegare alcunchè in relazione, come chiarito dalla Corte costituzionale, alla oggettiva sussistenza del fatto e alla sua commissione da parte del proposto.
La Corte di cassazione non è affatto in grado di escludere che in atti vi siano elementi per formulare un giudizio di pericolosità sociale nei riguardi del proposto e quest giustifica il rinvio per nuovo giudizio; la Corte di appello di Bari, applicherà i pr indicati e verificherà se e in che termini sia possibile formulare un giudizio di pericolo sociale nei riguardi del proposto e, posto che ciò sia possibile, perimetrerà con rigor sul piano temporale detta pericolosità con conseguente verifica della relazione di detta pericolosità con l’acquisto dei singoli beni oggetto di confisca.
Quanto ai ricorrenti terzi interessati, sono inammissibili i primi due motivi si tr di motivi che presuppongono la possibilità per il terzo di dedurre sui presupposti genetici della misura di prevenzione.
Il 27 marzo 2025, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pronunciandosi sulla questione del se il terzo intestatario di un bene possa limitarsi a rivendicare l’effet titolarità e proprietà dei beni confiscati o se sia legittimato a contestare anc presupposti per l’applicazione della misura, quali la condizione di pericolosità de proposto, la sproporzione tra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonch la provenienza del bene stesso, hanno enunciato il seguente principio di diritto: «In caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a u terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei b confiscati. A tale fine può dedurre ogni elemento utile in relazione al thema probandum».
Il terzo motivo, relativo alla analisi di specifiche questioni riguardanti la riferib ricorrente di cespiti patrimoniali intestati a terzi, è, allo stato, assorbito in quanto esame presuppone l’accertamento della pericolosità sociale e della sua perimetrazione temporale e, dunque, l’esito della valutazione che la Corte di appello, in sede di rinvi è chiamata a compiere su tali temi a seguito dell’accoglimento del ricorso del proposto.
P. Q. M.
Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 15 aprile 2025
I.1(èonsigli e estensore