Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27176 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Marsala il DATA_NASCITA avverso il decreto del 19/01/2024 della Corte di Appello di Palermo udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso in data 23 febbraio 2023 il Tribunale di Trapani ha disposto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza nei confronti di NOME COGNOME.
Il ricorrente ha, quindi, proposto appello avverso tale decreto, lamentando l’assenza dei presupposti soggettivi necessari ai fini del giudizio di pericolosità sociale e la carenza del requisito dell’attualità della pericolosità.
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso il decreto, emesso il 19 gennaio 2024, con il quale la Corte di Appello di Palermo ha rigettato l’appello in precedenza avanzato dal ricorrente.
Il ricorrente lamenta, con il primo motivo di impugnazione, violazione degli artt. 4 e 6 d.l.gs. 159/2011 nonché motivazione apparente in ordine all’attualità della pericolosità sociale del proposto.
I giudici dell’appello, con percorso argomentativo apodittico e presuntivo, avrebbero fondato la deliberazione esclusivamente sulla sentenza di condanna
per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. commesso nel 2015, rimarcando, in particolare, come il COGNOME abbia svolto le funzioni di tramite tra gli affiliati al mafioso ed il capo del sodalizio NOME NOME COGNOME.
La fonte della pericolosità sociale del ricorrente sarebbe, quindi, stata ravvisata nella possibilità di nuovi contatti con lo zio NOME NOME COGNOME “durante lo stato di libertà di costui” (vedi pag.3 del ricorso).
La Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del fatto che NOME COGNOME è detenuto in espiazione di una pena di lunga durata e cheproprio per tale motivo, il Tribunale di Trapani ha ritenuto di non provvedere in ordine ad analoga richiesta di applicazione di misura di prevenzione avanzata nei confronti dello zio del ricorrente.
Parimenti i giudici dell’appello non avrebbero tenuto conto della disgregazione del clan mafioso in esame conseguente alle condanne definitive riportate dagli affiliati, della mancanza di carichi pendenti e di precedenti penali specifici a carico del ricorrente nonché della concessione del beneficio della liberazione anticipata per l’intero periodo della detenzione subita da NOME COGNOME.
Il ricorrente lamenta, con il secondo motivo di impuqnazione, violazione degli artt. 5 e 7 d.l.gs. 159/2011 e 666 cod. proc. pen. nonché omessa motivazione in ordine al motivo di appello con cui veniva eccepita la genericità del contenuto della proposta di applicazione della misura di prevenzione.
La difesa, nel corso dell’udienza celebratasi innanzi al Tribunale di Trapani e nell’atto di appello, aveva eccepito che la proposta avanzata dal pubblico ministero sarebbe contraddistinta da mere clausole di stile adattabili a ciascun soggetto condannato per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.
Il ricorrente eccepisce, inoltre, che l’avviso di fissazione dell’udienza d prevenzione sarebbe privo della necessaria indicazione della forma di pericolosità dedotta e della giustificazione della sua attualità con conseguente violazione dell’art. 7 d.l.gs 159/2011 in relazione all’art. 666 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto avanzato per motivi manifestamente infondati ovvero non consentiti, perché involgenti non violazioni di legge ma difetti di motivazione già denunciati in sede di appello ed affrontati in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale.
Deve essere preliminarmente ribadito che il ricorso per cassazione avverso provvedimenti applicativi di misure di prevenzione è ammesso solo per violazione di legge, mentre non sono deducibili vizi riconducibili alle categorie indicate dall’art. 606, lett. e) cod. proc. pen. (salvo che si lamenti l’assenza o la mera
apparenza della motivazione, ipotesi che integrano la violazione di legge in riferimento all’art. 125 cod. proc. pen.).
Costituisce, peraltro, ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo il quale la motivazione inesistente o apparente del provvedimento ricorre esclusivamente quando il decreto ometta del tutto di confrontarsi con un elemento prospettato da una parte che risulti potenzialmente decisivo in quanto, anche se singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, Rv. 279284 – 01).
Il primo motivo di ricorso è ictu ocu/i riferibile ad una motivazione, non già mancante o meramente apparente, ma non condivisa dal ricorrente e, quindi, dedotto per ragioni escluse dal sindacato della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione in materia di misure di prevenzione.
Il riferimento alla violazione di legge ed all’apparenza della motivazione in ordine ai presupposti per l’applicazione della misura di prevenzione è chiaramente strumentale ad una rivalutazione della vicenda nel merito, avendo la Corte territoriale chiaramente motivato sulle ragioni in base alle quali ritiene infondate le censure difensive già proposte nell’atto di appello.
2.1. Entrambi i giudici di merito hanno correttamente valorizzato la condotta di intraneità funzionale, fattiva e concreta alla famiglia mafiosa desumibile dalle conversazioni intercettate e dagli altri elementi indiziari ritenuti idonei formulare un giudizio di pericolosità qualificata del COGNOME, indicato nei provvedimenti oggetto di esame come organizzatore dei summit di mafia grazie ai quali il capo mafia NOME COGNOME manteneva il controllo del territorio e rafforzava il proprio potere(vedi pagg. 6 del provvedimento impugnato nonché pagg. da 2 a 8 del decreto del Tribunale).
In particolare, i giudici di appello hanno rimarcato che NOME COGNOME ha ricoperto un ruolo di rilievo nell’associazione di stampo mafioso «avuto riguardo alla funzione di collegamento tra il capo della famiglia mafiosa di Marsala e gli altri sodali, alla sua operatività nel campo estorsívo ed all’attivismo nell’infiltrazione mafiosa nella gestione del gioco d’azzardo e nel trattamento sanzionatorio a carico di taluni associati» (pag. 6 dell’ordinanza impugnata).
La Corte di merito, condividendo la decisione del Tribunale attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, ha indicato analiticamente i dati fattuali da cui desumere l’attuale appartenenza di NOME COGNOME alla categoria dei soggetti pericolosi ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. A) del d.lgs. 159/2011: precedente condanna definitiva per il reato di ricettazione; stabile e duraturo inserimento, accertato con sentenza irrevocabile di condanna,
nelle attività del sodalizio di stampo mafioso operante nella città di Marsala; piena e pervicace adesione del RAGIONE_SOCIALE alle logiche ed alle progettualità mafiose nonché assenza di comportamenti denotanti l’abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise (vedi pagg. 6, 7 del provvedimento impugnato nonché pagg. da 9 a 12 del decreto del Tribunale).
Tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di assoluta carenza o apparenza della motivazione e perciò insindacabili in questa sede per i motivi sopra esposti.
2.2. Il ricorrente, peraltro, non si confronta con la consolidata giurisprudenza, condivisa dal collegio e richiamata dalla Corte di merito, secondo cui, ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di appartenenti ad associazioni mafiose, una volta che detta appartenenza risulti adeguatamente dimostrata, non è necessaria alcuna particolare motivazione del giudice in punto di attuale pericolosità, che può essere esclusa solo nel caso di recesso dall’associazione del quale occorre acquisire positivamente la prova (Sez. 6 n. 23466 del 20/04/2017, COGNOME, Rv. 270319-01; Sez. 2, n. 23128 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 272880 – 01; Sez. 5, n. 5530 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 275108 – 01), prova non sussistente nel caso di specie come correttamente evidenziato dai giudici di appello (vedi pag. 7 del provvedimento impugnato).
2.3. I giudici di merito, con percorso argomentativo privo di illogicità, hanno evidenziato come il lungo periodo di detenzione e la corretta condotta carceraria non costituiscano elementi fattuali idonei ad escludere la pericolosità sociale di NOME COGNOME (vedi pagg. 11 e 12 del decreto del Tribunale e pag. 7 del provvedimento impugnato).
La Corte territoriale ha correttamente dato seguito al principio di diritto secondo cui il recesso dal sodalizio mafioso non può essere desunto dalla semplice inattività correlata allo stato detentivo né dalla buona condotta manifestata nel periodo di detenzione in quanto la stessa, non comportando alcuna diagnosi di risocializzazione, non è indicativa della rescissione del vincolo associativo né della concreta cessazione dello stato di pericolosità (Sez. 1, n. 12746 del 07/03/2012, Rumierl, Rv. 252355 – 01; Sez. 2, n. 23128 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 272880 – 01; da ultimo, Sez. 2, n. 14329 del 31/03/2022, COGNOME, non massimata).
2.4. In conclusione, il provvedimento impugnato non appare affetto da violazione di legge, neanche sub specie carenza assoluta di motivazione nei termini sopra precisati: la motivazione del provvedimento impugnato risulta i , , , L.rà·at – -,
coerente con le emergenze processuali e non è riconducibile né all’area semantica della motivazione “assente” né a quella della motivazione “apparente”.
Il secondo motivo di impugnazione è in parte generico e dedotto in carenza di interesse ed in parte manifestamente infondato.
3.1. La prima censura è generica e dedotta in carenza di interesse.
La Corte di merito, pur investita della doglianza con la quale veniva eccepita la genericità della proposta di applicazione della misura di prevenzione, non ha invero provveduto, non risultando alcuna motivazione al riguardo; questa constatazione, tuttavia, deve esser letta in relazione al contenuto della doglianza medesima, dovendosi apprezzare se la stessa rispondesse ai richiesti canoni di ammissibilità.
Ebbene, la risposta a tale verifica risulta certamente negativa atteso che, con l’atto di appello, il ricorrente si era limitato ad affermare che la proposta applicazione di misura di prevenzione sarebbe del tutto generica perché fondata su stereotipate formule di stile in assenza della necessaria “enunciazione specifica delle ragioni che giustificherebbero l’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale’ (vedi pag. 5 dell’atto di appello); tale apodittica affermazione non tiene conto del fatto che la proposta in esame conteneva argomentazioni -non generiche né assertive- con le quali l’organo inquirente evidenziava la pericolosità sociale del COGNOME e la necessità di sottoporlo a misura di prevenzione (vedi pag. 4 della proposta depositata in data 25 maggio 2022), con conseguente manifesta infondatezza della censura.
Di conseguenza deve ribadirsi il principio, di costante affermazione giurisprudenziale, in forza del quale !in tema crimpugn – anoni(e inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso un provvedimento che non abbia preso in considerazione un motivo di appello inammissibile ab origine per manifesta infondatezza o genericità, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra le molte vedi,Sez. 3, n. 46588 del 03/10/2019, Rv. 277281 – 01; Sez. 2, n. 35949 del 20/06/2019, Rv. 276745 – 01).
Deve essere evidenziato, peraltro, che il ricorso non appare autosufficiente in quanto la difesa non ha allegato la proposta avanzata dal Pubblico Ministero di cui eccepisce la genericità.
3.2. La doglianza con cui il ricorrente eccepisce la violazione dell’art. 7 d.l.gs 159/2011 in relazione all’art. 666 cod. proc. pen. è manifestamente infondata.
L’accesso agli atti, consentito ed anzi necessario in caso di questioni processuali, comprova che, al decreto di fissazione del giudizio di merito,è stata allegata la proposta avanzata dal Pubblico Ministero, proposta che conteneva
l’indicazione della forma di pericolosità dedotta e la giustificazione della sua attualità con conseguente insussistenza della dedotta violazione di legge.
Il Collegio intende, in proposito, dare seguito all’univoco indirizzo ermeneutico secondo cui l’avviso di fissazione dell’udienza di prevenzione non deve necessariamente indicare il tipo di pericolosità posta a fondamento della richiesta, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di fatto dai quali la si ritien desumibile (vedi Sez. 5, n. 28695 del 19/05/2022, Priolo, Rv. 283542 – 01).
4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 4 giugno 2024
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Il Presidente