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Pericolosità sociale: Cassazione e presunzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a sorveglianza speciale per la sua passata appartenenza a un’associazione mafiosa. Il ricorrente sosteneva che la sua pericolosità sociale non fosse più attuale, ma la Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito. Secondo la Suprema Corte, la valutazione della persistente pericolosità sociale è corretta quando, nonostante il tempo trascorso, mancano elementi concreti che dimostrino un reale e definitivo allontanamento dalle logiche criminali.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale e Misure di Prevenzione: La Stabilità del Vincolo Associativo

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, affronta un tema cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione: la valutazione della pericolosità sociale di un individuo condannato per associazione mafiosa. La pronuncia chiarisce come il trascorrere del tempo e una condotta apparentemente regolare non siano, di per sé, sufficienti a escludere la persistenza di un vincolo criminale, specialmente in assenza di segnali concreti di dissociazione.

I Fatti del Caso: La Conferma della Misura di Prevenzione

Il caso riguarda un soggetto, già condannato con sentenza irrevocabile per il delitto di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) e per estorsione, a cui era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la misura, ritenendo ancora attuale la sua pericolosità sociale.

La difesa del soggetto aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la valutazione dei giudici di merito fosse viziata. In particolare, si lamentava che non fosse stata data importanza a elementi positivi emersi dopo l’arresto, avvenuto molti anni prima (nel 2013), come il rispetto delle prescrizioni, lo svolgimento di un’attività lavorativa e il lungo tempo trascorso.

Il Ricorso in Cassazione: La Critica alla Valutazione della Pericolosità Sociale

Il ricorrente, tramite il suo difensore, ha accusato la Corte d’Appello di aver basato la propria decisione su un automatismo, collegando la pericolosità sociale attuale alla sola appartenenza passata al sodalizio mafioso. Secondo la difesa, questo approccio trascurerebbe la necessità di un giudizio ‘attualizzato’ e concreto, fondato su elementi di fatto recenti che possano dimostrare un cambiamento nello stile di vita e un abbandono delle logiche criminali.

In sostanza, si contestava una sovrapposizione tra il giudizio penale (legato a un reato specifico commesso in passato) e il procedimento di prevenzione, che invece dovrebbe guardare al futuro e valutare la probabilità di commissione di nuovi reati.

La Decisione della Suprema Corte sulla Pericolosità Sociale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso è ammesso solo per violazione di legge, categoria che include la motivazione inesistente o meramente apparente. Nel caso di specie, invece, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica, coerente e giuridicamente corretta.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, pur essendo vero che la presunzione di stabilità del vincolo associativo non può essere l’unico fondamento del giudizio di pericolosità, essa rappresenta un punto di partenza valido. Spetta poi al giudice verificare, sulla base di elementi concreti, se tale vincolo si sia effettivamente interrotto. Nel caso analizzato, la Corte d’Appello ha correttamente evidenziato la mancanza di ‘elementi indicativi di un avvenuto abbandono di logiche criminali’.

Fattori come il rispetto delle prescrizioni della sorveglianza speciale o lo svolgimento di un lavoro sono stati considerati ‘comportamenti dovuti’ o ‘fattori neutri’, non sufficienti a dimostrare una reale dissociazione dal passato mafioso. La Corte ha sottolineato che, a fronte di una passata e intensa militanza in un’associazione mafiosa, con un ruolo apicale, sarebbero stati necessari segnali ben più forti, come un percorso rieducativo volto a rinnegare il sistema ideologico criminale o un’aperta sconfessione di quel ‘codice di valori’. In assenza di tali elementi, la valutazione della persistente pericolosità sociale è stata ritenuta legittima e adeguatamente motivata.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione applicate a soggetti legati alla criminalità organizzata. Non basta il semplice trascorrere del tempo o una condotta formalmente ineccepibile per cancellare un giudizio di pericolosità sociale radicato in una provata appartenenza a un sodalizio mafioso. La giurisprudenza richiede prove concrete e positive di un cambiamento interiore e di una rottura definitiva con l’ambiente criminale di provenienza. Il giudizio sulla pericolosità deve essere sempre ‘attualizzato’, ma ciò non significa ignorare la gravità e la stabilità del vincolo associativo passato, il cui superamento deve essere dimostrato con fatti concludenti.

Quando una persona può essere considerata ancora socialmente pericolosa nonostante sia passato molto tempo dai reati commessi?
Secondo la sentenza, una persona può essere ritenuta ancora socialmente pericolosa se, nonostante il tempo trascorso, mancano elementi di fatto concreti che dimostrino un effettivo e inequivocabile abbandono delle logiche criminali passate, specialmente in caso di pregressa appartenenza ad associazioni mafiose.

Il rispetto delle regole della sorveglianza speciale e avere un lavoro sono sufficienti a dimostrare la fine della pericolosità sociale?
No. La Corte ha stabilito che questi elementi sono considerati ‘comportamenti dovuti’ o ‘fattori neutri’. Non costituiscono un valore aggiunto sufficiente a riconsiderare la pericolosità sociale, in quanto non indicano necessariamente una rottura con il passato criminale, ma solo un adempimento a obblighi di legge.

In tema di misure di prevenzione, è possibile ricorrere in Cassazione criticando la valutazione dei fatti fatta dal giudice?
No, il ricorso per cassazione nei procedimenti di prevenzione è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Questo esclude la possibilità di criticare la valutazione nel merito dei fatti compiuta dal giudice (ad esempio, il peso dato a una certa prova), a meno che la motivazione della decisione non sia totalmente assente o così illogica da essere considerata solo ‘apparente’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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