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Pericolosità Sociale: Cassazione e misure di prevenzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo, ritenuto figura di spicco della criminalità organizzata, contro il decreto che confermava la sua pericolosità sociale e la misura di prevenzione della sorveglianza speciale. La Corte ha stabilito che la valutazione dei giudici di merito era ben motivata, avendo correttamente bilanciato la persistenza del vincolo associativo e la condanna per reati mafiosi con elementi positivi, come la buona condotta parziale in carcere e l’iscrizione all’università, ritenuti non sufficienti a dimostrare un reale distacco dal contesto criminale.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando il Legame con la Criminalità Organizzata Giustifica la Sorveglianza Speciale

La valutazione della pericolosità sociale è un tema centrale nel diritto della prevenzione, specialmente quando si tratta di soggetti legati a contesti di criminalità organizzata. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 26566/2025, offre importanti chiarimenti su come bilanciare il passato criminale di un individuo con i segnali di un possibile cambiamento, ai fini della conferma di una misura di prevenzione come la sorveglianza speciale. Il caso esaminato riguarda un soggetto di spicco di un’associazione mafiosa, la cui persistente pericolosità è stata confermata nonostante alcuni elementi positivi emersi durante la detenzione.

I Fatti del Caso

La Corte d’appello di Reggio Calabria aveva confermato un decreto del Tribunale che dichiarava la persistente pericolosità sociale di un individuo, ordinando l’esecuzione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Tale misura era stata originariamente imposta nel 2000 e aggravata nel 2004. La decisione si fondava sulla posizione di vertice del soggetto all’interno della criminalità organizzata locale, come confermato da una condanna definitiva per associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), reato commesso fino al 2015. Secondo i giudici, il legame con l’organizzazione (‘ndrangheta) non era mai stato interrotto, nemmeno durante la detenzione. A fronte di ciò, elementi come una buona condotta in alcuni istituti penitenziari e l’iscrizione a un corso universitario venivano considerati insufficienti a dimostrare un effettivo ravvedimento, soprattutto alla luce di nove procedimenti disciplinari subiti durante la carcerazione in un altro istituto.

Il difensore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte territoriale non avesse valutato correttamente l’attualità della pericolosità, ancorandola a fatti risalenti nel tempo e svalutando gli sforzi risocializzanti del suo assistito.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico, ripetitivo di doglianze già respinte in appello e manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: in materia di misure di prevenzione, il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge, non per riesaminare nel merito le valutazioni dei fatti compiute dai giudici precedenti. Nel caso di specie, la Corte d’appello aveva compiuto un’analisi logica e coerente, basata su elementi concreti.

L’Importanza della Pericolosità Sociale Attuale

La sentenza sottolinea che, per applicare una misura di prevenzione a un indiziato di appartenenza a un’associazione mafiosa, è cruciale accertare il requisito dell’attualità della pericolosità sociale. La giurisprudenza ammette una presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo, ma questa presunzione deve essere verificata alla luce di elementi specifici del caso concreto e non può essere l’unico fondamento della decisione. La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente applicato questo principio, misurandosi con tutti gli elementi a disposizione.

Il Bilanciamento tra Elementi Positivi e Negativi

Un punto chiave della decisione riguarda il bilanciamento degli indizi. La Corte d’appello non ha ignorato gli elementi favorevoli al ricorrente (la buona condotta in alcuni carceri, l’iscrizione all’università), ma li ha ritenuti “subvalenti”, ovvero di minor peso, rispetto a quelli contrari. Tra questi, spiccavano la mancanza di qualsiasi comportamento di dissociazione o allontanamento dal sodalizio criminale e i nove rapporti disciplinari subiti durante la detenzione a Rebibbia. Questa valutazione, essendo un apprezzamento di merito congruamente giustificato, non è sindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda sull’inammissibilità del ricorso, che tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in quella sede. La Corte ha evidenziato come la decisione impugnata avesse costruito un giudizio prognostico negativo sulla pericolosità sociale attuale ed effettiva del soggetto in modo logico e giuridicamente corretto. I giudici hanno valorizzato la gravità del profilo criminale, la condanna per 416-bis, e l’assenza di segni tangibili di una presa di distanza dall’ambiente criminale. Gli elementi positivi sono stati considerati insufficienti a invertire questo quadro, non dimostrando una reale e profonda revisione critica del proprio passato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce la solidità dei principi che governano l’applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di soggetti legati alla criminalità organizzata. Per superare la presunzione di persistenza del vincolo associativo, non bastano segnali superficiali di buona condotta o percorsi di studio. È necessario dimostrare, con elementi concreti e univoci, un’effettiva dissociazione dal sodalizio criminale. La valutazione di questi elementi spetta ai giudici di merito, e il loro giudizio, se logicamente motivato e giuridicamente corretto, non può essere messo in discussione davanti alla Corte di Cassazione. La decisione conferma quindi un approccio rigoroso nella lotta alla criminalità organizzata, dove la valutazione della pericolosità sociale resta uno strumento cruciale.

Come viene valutata l’attualità della pericolosità sociale per un soggetto legato alla mafia?
L’attualità della pericolosità sociale viene accertata verificando la stabilità del vincolo associativo alla luce di specifici elementi di fatto. La semplice appartenenza passata non basta; i giudici devono bilanciare tutti gli elementi, positivi e negativi, per formulare un giudizio prognostico sulla probabilità che il soggetto commetta nuovi reati.

La buona condotta in carcere o l’iscrizione all’università sono sufficienti a escludere la pericolosità sociale?
No, secondo questa sentenza, tali elementi, seppur positivi, non sono di per sé sufficienti. Devono essere valutati nel contesto generale e possono essere considerati di minor peso rispetto a elementi contrari, come la mancanza di qualsiasi segno di dissociazione dal gruppo criminale e la presenza di procedimenti disciplinari.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure mosse erano generiche, ripetitive di quelle già respinte in appello, e miravano a una nuova valutazione dei fatti (un giudizio di merito), che non è consentita in sede di legittimità. La Cassazione può intervenire solo per violazioni di legge, non per riconsiderare l’apprezzamento delle prove fatto dai giudici precedenti, se questo è logicamente motivato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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