Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21012 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21012 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLZANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Sorveglianza di Bolzano, in funzione di giudice del rinvio a seguito dell’annullamento della precedente decisione, ritenendo accertata l’attualità della pericolosità sociale di COGNOME NOME, ha sostituito la misura sicurezza non detentiva dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato – già disposta nel giudizio di merito per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti – con quella della libertà vigilata con prescrizioni per la durata di un anno.
Nel suo precedente pronunziamento, il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato il reclamo proposto dal COGNOME avverso il provvedimento di applicazione della misura di cui all’art. 86 d.p.r. 309/1990, valorizzando l’assenza di titolo legittimante la su permanenza nello Stato, la gravità delle condotte accertate con sentenza, il pericolo di nuovi contatti con il sodalizio criminale cui era precedentemente legato nonché la circostanza per cui questi non avrebbe tenuto condotte delittuose a seguito della condanna solo in quanto sottoposto a misure di controllo stringenti.
Nell’annullare con rinvio la suddetta ordinanza, la prima sezione della Corte di Cassazione aveva censurato l’iter motivazionale seguito dal Tribunale di Sorveglianza ritenendolo illogico e non corretto in diritto, specie in quanto fondato sulla valorizzazione di elementi di fatto per lo più congetturali ed inidonei a sostenere il giudizio di pericolosità social del soggetto, ribadendo invece come quest’ultimo debba tenere conto non solo della gravità del fatto di reato, ma anche del comportamento tenuto dall’imputato successivamente alla condanna.
2. Avverso l’ordinanza ricorre il condanNOME articolando tre motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo lamenta la violazione del vincolo di rinvio, avendo il Tribunale valorizzato, quale unico presupposto dell’applicazione della misura di sicurezza, la non lieve entità del fatto cui si riferisce la condanna, per di più estranea anche al giudizio d cognizione, nell’ambito del quale il COGNOME era invero stato assolto dal più grave reato associativo inizialmente contestatogli.
2.2 Con il secondo motivo denunzia la violazione delle norme che disciplinano l’applicazione delle misure di sicurezza, sottolineando come queste impongano un accertamento in concreto della pericolosità sociale del condanNOME sulla base della personalità e della propensione a commettere ulteriori reati per come emergenti al momento dell’applicazione della misura. A detta del ricorrente, al contrario, ritenendo la sanzione necessaria affinché il soggetto confermi la propria volontà di reinserimento sociale, il Tribunale di Sorveglianza avrebbe trasformato la misura in oggetto in uno strumento di indagine circa la sussistenza di una pericolosità meramente presunta, addirittura omettendo di considerare la circostanza per cui il COGNOME avrebbe già intrapreso a seguito della condanna, un percorso di risocializzazione.
2.3 Con il terzo motivo deduce vizi di motivazione con riguardo al percorso argomentativo adottato dal giudice del rinvio per avere quest’ultimo contraddittoriamente valutato il comportamento tenuto dal COGNOME a seguito della condanna – ritenuto sintomatico della volontà di reinserimento sociale dello stesso – come indicativo dell’assenza dei presupposti per l’adozione della misura previamente disposta, omettendo di valutarlo però ai fini dell’applicazione della misura della libertà vigilata, apoditticamente applicata sulla base della mera annotazione dell’insussistenza di elementi ostativi alla sua irrogazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Colgono invero nel segno le censure sollevate con il ricorso, dovendosi rilevare la violazione, da parte dell’impugnata ordinanza, dei limiti posti al giudice del rinvio a seguito dell’annullamento precedentemente disposto dalla Corte di Cassazione.
Nella specie, a fronte dell’individuazione, ad opera della sentenza rescindente, di profili tanto di violazione di legge quanto di illogicità della motivazione riferibili alla precedente ordinanza, il giudice del rinvio si confronta solo parzialmente con le regole di giudizio ad esso imposte ai sensi dell’art. 627 c.p.p. Come da consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, invero, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale, oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, giacché, mentre, nella prima ipotesi, il giudice è vincolato al principio di diritto espresso dalla Corte restando ferma la valutazione dei fatti come accertati nel provvedimento impugNOME, nella seconda può procedersi ad un nuovo esame del compendio probatorio con il limite di non ripetere i vizi motivazionali del provvedimento annullato (ex multis Sez. 3, n. 7882 del 10/01/2012, Montali, Rv. 252333).
2.1 Nel caso di specie, avendo la Corte dato atto, in punto di diritto, dell’inosservanza, da parte dell’ordinanza di rigetto del reclamo, delle regole poste a base dell’adozione delle misure di sicurezza per avere tenuto conto esclusivamente della gravità del reato, omettendo così il necessario vaglio circa le condotte tenute dal condanNOME in sede di esecuzione, il provvedimento impugNOME non fa che incorrere nella medesima violazione di legge. Non solo, a ben vedere, l’ordinanza di cui si discute in questa sede sconta altresì un’evidente vizio di motivazione in questo senso dal momento che, se da un lato questa sembra aderire al dictum dei giudici di legittimità al punto da ritenere insussistenti i presupposti per l’applicazione dell’istituto dell’espulsione dello straniero, essa tuttavia finisce per discostarsi nuovamente dai parametri indicati dall’art. 228 c.p. nel momento in cui applica la misura della libertà vigilata esclusivamente in ragione della “non lieve entità del fatto”.
2.2 Simili rilievi possono essere svolti anche con riferimento alle censure svolte dal giudice rescindente in relazione ai vizi di motivazione della precedente ordinanza i quali, legati, tra l’altro, all’apoditticità dell’affermazione circa la ritenuta gravità del f invero non attestata nemmeno in sede di cognizione – vengono integralmente riproposti in sede rescissoria, ove l’affermazione circa la non lieve entità del reato non risulta in alcun modo corredata delle ragioni a suo sostegno.
Fondata è infine anche la censura circa l’uso distorto, da parte del Tribunale di Sorveglianza, delle regole per l’accertamento della pericolosità dato che, se queste postulano la valutazione congiunta di tutte le circostanze indicate dall’art. 133 c. p. come prescritto dall’art. 203 co. 2 c.p. (Sez. 3, n. 6596 del 23/01/2023, M., Rv. 284142), le stesse non possono certo essere integrate sulla base di criteri – tra cui, come nel caso di specie, la necessità che il soggetto confermi nel tempo la propria volontà di reinserimento sociale – che esulano dal controllo circa la sussistenza di ragioni per ritenere attuale e concreta la pericolosità del condanNOME.
In sintesi, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bolzano affinché sia riesaminata l’istanza in ossequio ai principi indicati, nonché colmando le lacune motivazionali evidenziate.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Bolzano per nuovo giudizio.
Così deciso il 8/3 024