Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32096 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32096 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a SANTA LUCIA DEL MELA il DATA_NASCITA NOME nato a TAORMINA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 02/03/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto in epigrafe, la Corte d’Appello di Messina, in sede di rinvio a fronte della pronuncia di annullamento resa dalla sentenza n. 31016 del 2022 della Prima Sezione penale di questa Corte, rigettava l’appello proposto dai ricorrenti – nelle rispettive qualità, quanto a NOME COGNOME, di proposto, e di COGNOME NOMECOGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, di terzi interessati – nei confronti del decreto n. 90/2019, reso in data 4 novembre 2019 dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Messina, confermando, di qui, la confisca dell’intero compendio di beni disposta mediante detto decreto.
Avverso il richiamato provvedimento ricorrono per cassazione sia il proposto che i terzi interessati, mediante i difensori di fiducia AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, articolando due motivi di impugnazione, di seguito ripercorsi entro i limiti richiesti dall’art. 173, comma 1, disp. att. cod proc. pen.
2.1. Con il primo motivo i ricorrenti chiedono, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’annullamento del prefato decreto, per violazione dell’art. 29 del d.lgs. n. 159 del 2011, assumendo l’illegittima svalutazione del precedente “giudicato” di prevenzione.
A fondamento dell’articolata censura gli esponenti sottolineano, in primo luogo, che l’unico elemento di presunta “novità” evidenziato dal decreto impugnato a sostegno della decisione assunta sarebbe costituito dall’intervenuta irrevocabilità di due sentenze di condanna del proposto per omicidi (avvenuti rispettivamente negli anni 1998 e 2001), elementi, tuttavia, già vagliati – a fronte delle conformi pronunce non ancora irrevocabili – dalla Corte d’Appello di Messina nella misura annullata dalla Corte di cassazione.
Talché, secondo gli stessi ricorrenti, il provvedimento censurato non avrebbe ottemperato al “mandato” ritraibile dalla pronuncia di annullamento con rinvio, ossia quello di fornire, a fronte della decisione della Corte d’appello di Reggio Calabria del 12 giugno 2020, che aveva negato la persistente pericolosità sociale di NOME COGNOME, una motivazione rafforzata necessaria a ribaltare la stessa.
In particolare, tale motivazione rafforzata non sarebbe stata resa rispetto ad una precedente procedura di prevenzione nella quale, con decreto del 31 gennaio 2008, il Tribunale di Messina, pur ritenendo che l’attività aziendale della RAGIONE_SOCIALE fosse diretta propagazione di quella del marito, aveva evidenziato
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che essa era svolta sin dall’anno 1983 quando non era emerso alcun elemento idoneo a ricollegare il proposto a sodalizi mafiosi.
Inoltre, e soprattutto, nella pronuncia di annullamento con rinvio la Corte di cassazione, con riferimento al periodo dal 2009 al 2017, aveva chiesto di motivare in maniera specifica sulla pericolosità sociale di NOME COGNOME, ciò che il decreto impugnato aveva fatto in maniera assolutamente carente limitandosi a evidenziare che egli aveva goduto di piena libertà di azione nel periodo tra il 29 maggio 2013 e il 3 febbraio 2016, nel quale non era stato detenuto.
2.2. Con il secondo motivo, gli stessi ricorrenti assumono, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione degli artt. 4, lett. a e b), 16, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 159 del 2011 per inesistenza della motivazione del decreto sulla pericolosità sociale, doppiamente qualificata, del proposto.
A riguardo sottolineano, ancora una volta, che il giudice del rinvio non si sarebbe fatto carico di rispettare i principi sottesi alla decisione caducatoria della Corte di cassazione quanto all’esigenza di porre in rilievo elementi concreti idonei a suffragare l’attualità della pericolosità sociale di NOME COGNOME nel periodo dal 2009 al 2017, in modo da superare il “giudicato” del Tribunale di Reggio Calabria, valorizzando circostanze anteriori alla formazione dello stesso.
Con requisitoria depositata in data 10 maggio 2024, il AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, ha chiesto la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, evidenziando, per un verso, che in tema di misure di prevenzione patrimoniale non è ammesso un sindacato di legittimità sulla motivazione e, per un altro, l’adeguatezza, in ogni caso, dell’iter argomentativo del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.0ccorre premettere che, effettivamente, nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, come sancito dall’art. 10, comma 3, d.lgs. n.159 del 2011, disposizione che recepisce quanto già disposto dall’art. 4 legge 27 dicembre 1956 n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965 n. 575. Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, quanto alla motivazione, quella inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
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Peraltro, le censure sottese ai motivi di ricorso sono volte a denunciare proprio l’assoluta mancanza della motivazione che schiude le porte al sindacato di legittimità.
E, sotto tale aspetto, si tratta di doglianze fondate.
Come è noto, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice ad quem per rispettare il principio di diritto è tenuto a motivare adeguatamente ai singoli punti specificati nella sentenza rescindente (cfr., ex ceteris, Sez. 2, n. 37407 del 06/11/2020, Rv. 280660 01).
Ebbene, nella fattispecie in esame, la pronuncia rescindente aveva annullato il decreto ponendo in rilievo l’inadeguatezza della motivazione dello stesso rispetto alla pericolosità sociale del COGNOME nel periodo ricompreso dal 2009 al 2017, quando il proposto è stato (almeno per la maggior parte del tempo) detenuto. Tale decisione aveva evidenziato l’esigenza che il giudice del rinvio fornisse argomentazioni idonee a superare la differente valutazione operata, quanto al medesimo periodo, dal provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria del 12 giugno 2020, del quale nella stessa pronuncia rescindente era stata sottolineata la valenza decisoria.
A fronte di queste puntuali indicazioni della decisione di annullamento, il giudice del rinvio ha motivato in modo solo apparente in ordine alla sussistenza, nell’indicato periodo, della pericolosità sociale del COGNOME.
Alla strega di quanto ricordato anche dalla sentenza di annullamento della Prima Sezione Penale di questa Corte, infatti, le Sezioni Unite hanno affermato il principio per il quale ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso è necessario accertare il requisito della “attualità” della pericolosità del proposto. A riguardo, è stato ulteriormente precisato che solo nel caso in cui sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” del proposto al sodalizio mafioso, è possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo purché, anche in questa ipotesi, la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità della pericolosità (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso, Rv. 271511 01).
Al lume degli indicati principi, nonché della portata del vincolo che era imposto al giudice del rinvio, gli elementi considerati dalla pronuncia impugnata palesano la mera apparenza della relativa motivazione.
Sotto un primo aspetto, la circostanza che, dopo l’emanazione della sentenza di annullamento con rinvio, siano divenute irrevocabili due sentenze di condanna del COGNOME per omicidio non assume un precipuo rilievo, sia per il lungo tempo trascorso da detti fatti rispetto al periodo che avrebbe dovuto essere oggetto di considerazione, sia (soprattutto) in quanto comunque essi erano stati vagliati dal precedente provvedimento del Tribunale di Reggio Calabria.
Sotto altro profilo, poi, il decreto impugnato, valorizzando l’indagine per il delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen., che sarebbe stato commesso dal COGNOME nel 2021, dando indicazioni ai familiari dall’istituto carcerario nel quale è detenuto sulla gestione delle attività economiche oggetto della misura non spiega come questo fatto giustifichi la persistente pericolosità dello stesso rispetto a quella intermedia in esame, ossia relativa agli anni dal 2009 al 2017.
Né per questo medesimo lungo arco temporale può essere attribuito specifico rilievo alla circostanza, anch’essa ampiamente valorizzata dalla pronuncia impugnata, per la quale in alcuni periodi il COGNOME non è stato detenuto, risultando solo presuntivo il ragionamento compiuto tanto sull’ingerenza nelle attività economiche di famiglia quanto sulla sua pericolosità sociale.
Vi è infine da considerare che alcuni dei beni oggetto della misura sono stati acquistati prima dell’anno 2009 e né il primo decreto né quello oggi impugnato effettuano alcuna distinzione, a riguardo, quanto alla eventuale diversa pericolosità sociale del preposto a seconda dei periodi oggetto di considerazione.
In definitiva, il decreto impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte d’appello di Messina per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Messina.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2024
Il Consigliere Estensore