Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26563 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26563 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il 24/05/1984 a Termini Imerese avverso il decreto del 18/12/2024 della Corte d’appello di Palermo.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Palermo, con il provvedimento in epigrafe, ha confermato il decreto emesso in data 1° tebbraio 2024 dal I ribunale di Palermo, limitatamente all’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, per la durata di anni tre e mesi sei, con le prescrizioni accessorie.
Il profilo prognostico della persistente e attuale pericolosità sociale del proposto è desunto, in primis, dalla circostanza che si tratta di soggetto di spicco nell’ambito della criminalità organizzata nella zona di Polizzi Generosa, in seno alla quale
COGNOME ha svolto funzioni fiduciarie e di stretto supporto al capo della famiglia mafiosa, NOME COGNOME. Egli ha operato soprattutto nel settore delle estorsioni, manifestando un forte radicamento nel contesto di riferimento, di tal che alcun decisivo rilievo può essere attribuito al lasso dì tempo trascorso dalle ultime concrete manifestazioni di pericolosità. In particolare, si sottolineano la presenza del proposto, a fianco di COGNOME, a numerosi summit, l’avere operato, per conto del capo, un’estorsione e un danneggiamento seguito da incendio e l’aver concesso allo stesso di ingerirsi, seppure senza il conferimento di beni e non integrando quindi il delitto di cui all’art. 512-bis cod. pen., nella gestione della sua impresa, RAGIONE_SOCIALE Tale intenso attivismo si è interrotto soltanto con il decreto di fermo del 30 novembre 2018 e con la successiva ordinanza di custodia cautelare in carcere, cui COGNOME è rimasto sottoposto fino al 29 maggio 2024, data di irrevocabilità della sentenza di condanna. A tali considerazioni la Corte aggiunge che, dagli atti del procedimento, non è emerso alcun elemento utile a indicare una definitiva presa di distanza dall’opzione criminosa, a fronte della ben nota capacità dell’associazione RAGIONE_SOCIALE di sapersi riorganizzare sul territorio, sfruttando nuove adesioni e usufruendo dell’esperienza dei sodali di volta in volta scarcerati.
Il difensore di COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso detto decreto, censurandone la violazione di legge e il vizio di motivazione poiché la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente verificato la configurabilità del requisito di attualità della pericolosità sociale, dal momento che i delitti commessi dal proposto arrivavano al giugno 2016 e da tale data fino al 4 dicembre 2018, data del fermo, non erano stati individuati comportamenti penalmente rilevanti a carico di COGNOME, ben potendo tale periodo essere letto quale “effettivo distacco” dalla consorteria criminale.
La difesa ha infine depositato “conclusioni difensive” con cui dichiara di insistere nell’accoglimento dei motivi formulati in ricorso.
CONSIDERATO IN DIRI’TTO
Va premesso che in materia di misure di prevenzione, personali o patrimoniali, ìl ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 4, commi 10 e 11, I. n. 1423 del 1956, richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, I. n. 575 del 1965, confluito nell’art. 10, d.lgs. n. 159 del 2011, richiamato dall’art. 27 del medesimo decreto per la misura patrimoniale. In tale nozione va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre anche quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che,
singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio.
Viceversa, il mero vizio della motivazione del decreto non può essere dedotto e, in ogni caso, non può essere ritenuto quando l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione risultino smentite dal discorso giustificativo espresso dal provvedimento (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
A siffatta circoscrizione del perimetro cognitivo proprio dei procedimenti di prevenzione, riconosciuta come coerente con i precetti costituzionali (Corte cost., n. 106 del 2015), si sommano i limiti intrinseci del giudizio di legittimità, che, com’è noto, non può occuparsi della revisione del giudizio di merito, né della valutazione dei fatti, ma deve attenersi alla verifica della correttezza giuridica e logica delle statuizioni del provvedimento impugnato.
Alla luce di tale premessa, il motivo di ricorso si rivela articolato in termin meramente fattuali e di merito, non consentiti in sede di legittimità. La Corte di merito ha affermato che, nonostante il decorso di un periodo di tempo significativo sia rispetto alla data di accertata partecipazione di Albanese all’associazione mafiosa (dicembre 2018, data del fermo), sia rispetto alla data dei reati-fine a lui ascritti (2016), la natura di tale accertata partecipazione e il ruolo significativo rivestit all’interno del sodalizio, in assenza di qualsivoglia elemento, anche desumibile dalla sua condotta successiva, di positiva valutazione in ordine all’abbandono delle logiche criminali ampiamente manifestate in precedenza, devono fondatamente indurre a formulare un giudizio di persistenza dell’attualità della sua pericolosità sociale.
La Corte di appello ha fatto buon governo del principio enunciato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, è necessario accertare il requisito della attualità della pericolosità del proposto, con la specificazione che – differenziandosi il concetto di appartenenza a un’associazione mafiosa, rilevante per l’applicazione delle misure di prevenzione, dal concetto di partecipazione alla stessa, il primo comprendendo la condotta che, pur non riconducibile alla partecipazione, si sostanzia in un’azione, anche isolata, funzionale agli scopi associativi, con esclusione delle situazioni di mera contiguità o di vicinanza al gruppo criminale – quante volte sussistano elementi sintomatici di una vera e propria partecipazione del proposto al sodalizio mafioso è possibile applicare la presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo, purché la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal cas concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di
attualità della pericolosità (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271511-271512).
I Giudici del merito hanno in tal senso sottolineato: -la condanna ad elevata pena detentiva inflitta al ricorrente, in via definitiva, per il delitto di cui all’art bis cod. pen., nonché per plurimi reati fine; -il ruolo fiduciario svolto da COGNOME nella consorteria criminale di riferimento, essendo egli il “braccio destro” dell’ esponente apicale NOME COGNOME a dimostrazione di un inserimento radicato e profondamente strutturato con il sodalizio; -l’assenza di elementi rappresentativi di una definitiva presa di distanza dall’opzione criminosa, non apparendo sufficiente a tal fine il mero decorso del tempo dai fatti da ultimo accertati; -il lungo periodo di custodia cautelare cui è stato sottoposto (dal dicembre 2018 in poi), elemento indicativo del perdurante pericolo di reiterazione di analoghe condotte illecite.
Nel caso di specie, pur dovendosi rilevare la consistenza del lasso temporale rispetto ai fatti per i quali è intervenuta condanna, va rimarcata, da un lato, la maggiore ampiezza della condotta associativa rispetto ai reati-fine accertati; dall’altro, la carenza assoluta di elementi dimostrativi della asserita evoluzione positiva della personalità del proposto, non essendo stato fornito alcun elemento diverso dalla ‘distanza temporale’. In tale ottica, vanno condivise le considerazioni svolte dalla Corte circa la mancata emersione di alcun elemento utile a indicare una definitiva presa di distanza dal vincolo associativo, a fronte della ben nota capacità dell’associazione RAGIONE_SOCIALE di sapersi ristrutturare sul territorio, mantenendo in via tendenzialmente indissolubile i legami creati.
In definitiva, non sembra che il ricorrente si misuri realmente con le puntuali argomentazioni che entrambi i giudici della prevenzione hanno esplicitato a sostegno della prospettazione dell’accusa. E, com’è noto, non risponde allo schema dell’impugnazione di legittimità, né è consentito alla Corte di cassazione di spingersi a controllare la rispondenza del diffuso, puntuale e logico apparato argomentativo del provvedimento impugnato alle risultanze processuali, sovrapponendo la propria valutazione al motivato apprezzamento degli elementi fattuali compiuto dal giudice del merito: soprattutto laddove il ricorso per cassazione, come nella specifica materia delle misure di prevenzione, sia, come già ricordato, proponibile solo per violazione di legge.
Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/06/2025