Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25767 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25767 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Salerno il 25/05/1975
avverso il decreto del 14/01/2025 della Corte di appello di Napoli letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento di cui in epigrafe, la Corte distrettuale di Napoli ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso il decreto emesso dal Tribunale il 6 febbraio 2024 con il quale gli è stata applicata la misura della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per
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tre anni e sei mesi, con le relative prescrizioni e l’imposizione della cauzione di euro 2.000, ritenendolo appartenente alla categoria di pericolosità di cui all’art. 4, lett. d), d. Igs. n. 159 del 2011 in quanto ritenuto a capo di un’associazione sovversiva volta all’affermazione di idee di odio razziale ed etnico.
2.Avverso detto decreto propone ricorso il difensore di NOME COGNOME con i motivi che seguono.
2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 4, lett. d), e 29 d. Igs. n. del 2011, per avere la Corte di appello ritenuto sussistente, in capo a NOME COGNOME gli indizi di partecipazione ad attività terroristica nonostante il reato per quale era stata emessa nei suoi confronti la misura cautelare (art. 270-bis cod. pen.) fosse stato derubricato dalla Corte di assise di Napoli, con sentenza del 4 dicembre 2024, nell’art. 270 cod. pen., con conseguente esclusione di uno degli elementi costitutivi della ritenuta pericolosità sociale ovverosia l’intenzione di passare all’azione per sovvertire il sistema con atti terroristici.
Il provvedimento impugnato, inoltre, nel prediligere gli accertamenti compiuti in sede cautelare e tralasciando l’esito del giudizio di merito, ha erroneamente richiamato il principio di autonomia tra giudizio di prevenzione e giudizio penale, nonostante entrambi presuppongano la “condanna per delitto” , come da ultimo ritenuto dalla sentenza di questa Corte, Sesta sezione numero 45280 del 30 ottobre 2024.
2.2. Violazione di legge per erronea interpretazione degli artt. 4, lett. d), e 29 d. Igs. n. 159 del 2011 in quanto il delitto di cui all’art. 270 cod. pen., per il qu NOME COGNOME è stato condannato, richiede che gli atti preparatori o esecutivi, volti a sovvertire l’ordinamento dello Stato, si manifestino attraverso la commissione dei delitti espressamente indicati dalla norma nessuno dei quali ascritti al ricorrente.
2.3. Violazione di legge, in relazione all’art. 603, comma 2, cod. proc. pen., e vizio di motivazione in ordine all’attualità della pericolosità sociale di NOME COGNOME in quanto il provvedimento impugnato ha rigettato l’istanza difensiva di acquisizione di copia degli atti del processo celebrato presso la Corte di assise, ritenendo che non fosse prova sopravvenuta, così non consentendo di accertare che la pubblicazione degli atti di proselitismo nel canale Telegram protocollo 4 fosse cessata a giugno 2021.
Peraltro, il provvedimento impugnato, oltre a non avere indicato il contenuto della conversazione intercettata tra il ricorrente e COGNOME utile per escludere la conoscenza di COGNOME delle intenzioni degli altri coindagati, in gran parte non conosciuti, ai fini dell’attualità della pericolosità sociale non ha adeguatamente apprezzata l’avvenuta dissociazione del ricorrente già dal novembre 2022 e la
mancata conoscenza del questionario; usando mere formule di stile circa la durata della custodia cautelare al momento di applicazione della misura di prevenzione.
2.4. Violazione di legge per omessa motivazione in ordine alla richiesta subordinata di applicazione.di una misura di prevenzione meno afflittiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità.
E’ opportuno ribadire che il perimetro del controllo affidato alla Corte di cassazione in materia di misure di prevenzione, personali o reali, è ammesso solo per violazione di legge, così dovendosi escludere dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi del vizio di motivazione previsto dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., restando salva la sola denuncia della motivazione inesistente o meramente apparente poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Alla luce di questo delimitato ambito diventano improponibili, sotto forma di violazione di legge, non solo i vizi tipici concernenti la tenuta logica del discorso giustificativo, ma anche quelli espressi in termini di mancata considerazione di prospettazioni difensive quando queste, in realtà, siano state prese in considerazione dal giudice o risultino assorbite dagli argomenti del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246), o comunque non siano potenzialmente decisive ai fini della pronuncia sul punto attinto dal ricorso (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279284).
I primi due motivi di ricorso, da esaminare insieme in quanto riguardano l’inquadramento di NOME COGNOME nella categoria di pericolosità di cui all’art. 4, lett. d), d. Igs. n. 159 del 2011, sono inammissibili per manifesta infondatezza.
3.1. Dal provvedimento impugnato risulta che NOME COGNOME è stato destinatario dell’ordinanza cautelare della custodia in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 4 novembre 2022 e confermata dal Tribunale del riesame di Napoli il 2 dicembre 2022 in ordine alla gravità indiziaria per i delitti di cui agli artt. 270-bis (capo a) e 604-bis, terzo comma, cod. pen. (capo b).
Il Tribunale misure di prevenzione di Napoli alla luce di questo ha emesso la misura di prevenzione per il delitto di cui all’art. 270-bis, prima parte, cod. pen.
In data 4 dicembre 2024 è stata pronunciata la condanna della Corte di assise di Napoli che ha riqualificato il delitto contestato al capo a) ai sensi dell’ art. 27 cod. pen., mantenendo fermo il capo b).
3.2. La Corte distrettuale, con argomenti completi e logici, ed indipendentemente dalla riqualificazione della Corte di assise di Napoli, ha illustrato in modo autonomo le ragioni giustificative della decisione di ritenere COGNOME inquadrabile nella categoria di pericolosità di cui all’art. 4 lett. d) d. Igs. 159 del 2011 in quanto indiziato sia di essere promotore dell’associazione per delinquere denominata “ordine di Hagar í avente finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico di matrice neonazista e suprematista (art. 270bis cod. pen.), sia di avere concorso nel delitto di cui all’ art. 604-bis, terzo comma, cod. pen. di propaganda ed istigazione ideologica antisemita attraverso un canale Telegram.
Alle pag. 6-9 il provvedimento impugnato, nel superare le censure difensive volte ad escludere l’esistenza stessa del sodalizio criminale di cui COGNOME era un soggetto apicale, ha dato conto di tutti gli elementi di fatto, sostanzialmente non contestati, dimostrativi della sua capacità organizzativa e tale da rendere possibile l’attuazione del progetto criminoso (organizzazione, sede, atto costitutivo, adesione, iscrizione con preventiva approvazione dell’ingresso previo pagamento di una quota e congruo periodo di formazione prima di far parte della gerarchia dei soci suddivisi in categorie, statuto degli adepti con regolamento interno, impegno al voto di segretezza verso l’ordine, struttura piramidale ed individuazione di NOME COGNOME quale capo e di NOME COGNOME quale vice, questionario per l’ingresso nell’ordine naturale di Ha gai con domande chiave di cui quella contenuta nella lettera H espressiva della consapevolezza di aderire ad un movimento illegale, rituali iniziatici dinanzi a simboli evocative delle ideologie antisemite propugnate dal sodalizio con utilizzo di stupefacenti e recitazione di preghiere, ecc.).
Di particolare rilievo è stato ritenuto dal provvedimento impugnato lo svolgimento, da parte del proposto, dell’attività di proselitismo delle dottrine naziste ed antisemite volte a richiamare l’esistenza di un disegno in mano a potenti lobbies nella gestione dell’emergenza sanitaria conseguente all’epidemia COVID, attraverso la piattaforma informatica Telegram, canale Protocollo 4, da lui stesso creato e gestito via web, che ha contato la presenza di 600 membri, in cui COGNOME ha diffuso discorsi di odio volti a sovvertire il sistema democratico, in osservanza dei precetti propri dell’associazione.
3.3. Alla luce di questi plurimi elementi la Corte distrettuale ha concluso per l’inquadramento di COGNOME nella sopra menzionata categoria di pericolosità, esprimendo un’autonoma valutazione dal giudizio penale, traendone
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correttamente gli indici rivelatori dall’ordinanza cautelare, emessa per i delitti di cui agli artt. 270-bis e 604-bis, terzo comma, cod. pen., divenuta definitiva in quanto non impugnata né da COGNOME né dagli altri coindagati (COGNOME COGNOME e COGNOME), e confermata dalla sentenza n. 31905 della I Sez. della Corte di cassazione, emessa il 31 marzo 2023 – acquisita agli atti del procedimento di prevenzione, pag. 10 – per l’unico coindagato, NOME COGNOME che ha proposto ricorso.
In ordine alla sentenza emessa dalla Corte di Assise di Napoli, che ha condannato il proposto in primo grado per entrambi i delitti contestati, il provvedimento impugnato ne ha sottolineato il limitato perimetro attesa la mera riqualificazione del fatto contestato al capo a) ai sensi dell’art. 270 cod. pen.
Si tratta di una motivazione conforme alla pacifica giurisprudenza di questa Corte circa l’autonomia del giudizio di prevenzione rispetto al processo penale dovuto alle loro profonde differenze, funzionali e strutturali: il processo penale accerta un fatto costituente reato, mentre il procedimento di prevenzione valuta un profilo inerente alla pericolosità di una persona desunta da condotte che non necessariamente costituiscono illecito penale. Detto principio è fissato dall’art. 29 d.lgs. n. 159 del 2011 e determina l’effetto dell’esclusione di ogni pregiudizialità dell’accertamento penale in quanto le misure di prevenzione hanno finalità appunto preventiva e non punitiva, sicché il giudizio di pericolosità può essere fondato su elementi di fatto non necessariamente coincidenti con quelli accertati con sentenza di condanna, ma emergenti da procedimenti penali pendenti per reati significativi nel cui ambito siano stati espressi giudizi non escludenti la responsabilità del proposto (tra le tante, Sez. 2, n.4191 11/01/2022, COGNOME, Rv. 282655) o siano stati accertati fatti, pur ritenuti insufficienti a fondare una condanna penale, ma in grado di giustificare un apprezzamento in termini di pericolosità (Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, Rv. 284488; Sez. 6, n. 14479 del 14/03/2023, Bologna, non massimata; Sez. 6, n. 10063 del 11/01/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 2, n. 33533 del 25/06/2021, Avorio, Rv. 281862; Sez. 2, n. 23813 del 17/07/2020, Greco, Rv. 279805). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.4.Nel caso in esame, peraltro, poiché il giudice penale ha operato soltanto una riqualificazione giuridica del fatto, accertato comunque nella sua dimensione oggettiva, non viene in rilievo il tema posto dal ricorso relativo alla valutazione dei fatti per i quali sia intervenuta sentenza definitiva di assoluzione, in quanto l’esclusione irrevocabile di un determinato comportamento impedisce di assumerlo come elemento indiziante ai fini del giudizio di pericolosità proprio per garantire il principio di non contraddizione dell’ordinamento (Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280145).
L’estraneità della questione al caso in esame, che attiene, si ripete, alla diversa qualificazione giuridica attribuita da una sentenza di primo grado ad un fatto accertato e fatto proprio dal giudice della prevenzione ai fini della valutazione di pericolosità, non rende necessario affrontare il complesso dibattito giurisprudenziale, attualmente esistente presso questa Corte (si veda da ultimo Sez. 6, n. 45280 del 30/10/2024, COGNOME, Rv. 287312, richiamata anche dal ricorso), che riguarda in modo precipuo, peraltro, il tema della pericolosità generica che ad oggi non ha attinto la categoria di pericolosità di cui all’art. 4 lett. d), d. Igs. 159 del 2011.
Il terzo e quarto motivo di ricorso sono inammissibile per genericità e aspecificità.
4.1. La Corte di merito, con argomenti logici e completi, ha rigettato a pag. 5, la richiesta difensiva di acquisizione degli atti processuali acquisiti dalla Corte di assise di Napoli dando atto della genericità dell’istanza e della loro irrilevanza ai fini delle valutazioni circa l’attualità della pericolosità sociale di COGNOME, trattando di atti che hanno condotto comunque all’ affermazione di responsabilità penale, seppure previa riqualificazione della condotta sub a).
Infatti, il provvedimento impugnato con una motivazione che non può ritenersi né inesistente, nè meramente apparente, ha fondato il giudizio di persistenza dell’attualità della pericolosità sociale di COGNOME e il suo spessore criminale alla luce di specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto, nei termini richiesti dalla Corte di legittimità (Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271511), quali: il lungo periodo di proselitismo svolto; l’assenza di qualsiasi sentimento di resipiscenza o di dissociazione dalle idee professate (non dunque dall’associazione) assumendo l’irrilevanza della dichiarata mancata conoscenza del “questionario” e del “progetto di strategia della tensione” sequestrati in casa di Ammendola o la generica mancata condivisione di essi proprio in ragione dell’ampiezza del materiale investigativo esaminato dall’ordinanza cautelare; la sua caratura criminale; la capacità di volgere a proprio favore comportamenti successivi, per come dimostrato anche dalla conversazione registrata il 12 novembre 2021 con COGNOME di cui è stata riportata la sintesi.
4.2. In ordine al profilo dell’attualità della pericolosità sociale del proposto, il provvedimento impugnato, con argomenti completi e non apparenti, ha escluso incidenza alla sua sottoposizione alla misura cautelare dal novembre 2022 (pagg. 10 e 11) e al paragrafo 3 ha rappresentato l’esigenza di vincolare COGNOME a controlli, per limitarne le espressioni di antisocialità, ritenendo adeguata e proporzionata la misura disposta dal primo grado ed escludendo l’applicabilità di misure di prevenzione meno afflittive.
5. Sulla base delle sopra esposte considerazioni, il ricorso deve essere dunque dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 23 maggio 2025
La Consigliera estensora esidente