Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7525 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7525 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 43137/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CIRÒ MARINA il 20/02/1967
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio del avverso il decreto del 18/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto in data 18/10/2024, la Corte di appello di Catanzaro – sezione misure di prevenzione, in riforma del decreto emesso dal Tribunale di Catanzaro – sezione misure di prevenzione in data 22/01/2024 e in accoglimento dell’appello del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, ha applicato ad NOME COGNOME la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, imponendogli le prescrizioni meglio specificate nel dispositivo.
La Corte ha ritenuto che Quattromani dovesse essere inquadrato tra i soggetti di cui all’art. 4, comma 1 lett. a) e b), d.lgs.n. 159/2011, quale indiziato del delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. e di delitti di cui all’art. 51, comma 3bis , cod. proc. pen.
Con sentenza confermata in appello egli era stato condannato per aver fatto parte del clan COGNOME, mettendo a disposizione la propria azienda per gli incontri di quell’associazione mafiosa e asservendo ad essa la sua qualità di imprenditore.
La Corte rilevava inoltre che fino all’applicazione della misura cautelare a suo carico per delitto di cui all’art. 416bis cod. pen., COGNOME aveva intrattenuto frequentazioni con soggetti intranei agli ambienti dell’associazione mafiosa.
Ciò valeva a ritenerlo soggetto di pericolosità sociale qualificata, attuale in ragione dell’inquadramento non venuto meno in un sodalizio di tipo mafioso.
Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME denunciando con un unico articolato motivo violazione di legge e in particolare degli
artt. 1, 4 e 6 d.lgs. n. 159/2011, per difetto dei presupposti di pericolosità qualificata e mancanza di attualità della pericolosità sociale.
La Corte di appello aveva omesso di valutare gli elementi dedotti con memoria difensiva, allegata in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, nonchØ l’ordinanza di revoca della misura cautelare in carcere.
Nelle memorie Ł stato posto in evidenza che COGNOME era stato condannato a otto anni di reclusione solo per il reato associativo mentre era stato assolto per una serie di altre imputazioni originariamente a lui contestate e che aveva escluso che l’azienda RAGIONE_SOCIALE, a lui riconducibile e di cui il coimputato COGNOME era mero dipendente, fosse qualificabile come azienda mafiosa.
Inoltre doveva escludersi che vi fosse prova che l’azienda di Quattromani fosse finanziati con fondi illeciti.
Egli era stato poi scarcerato e non aveva piø avuto frequentazioni con soggetti pericolosi, dedicandosi esclusivamente al lavoro, dopo essere stato assunto da un’altra azienda.
In considerazione del tempo trascorso dai fatti, del venir meno delle esigenze cautelari nel procedimento penale a suo carico e del suo comportamento successivo alla scarcerazione, la valutazione sull’attualità della pericolosità sociale svolta dalla Corte di appello doveva considerarsi del tutto carente.
Inoltre carente doveva considerarsi la motivazione che ritiene apoditticamente irrilevanti i provvedimenti giudiziali non definitivi di rigetto delle proposte di misura di prevenzione a carico di altri soggetti.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso depositando memorie scritte e chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato e va pertanto accolto.
Il provvedimento impugnato ha riformato, a seguito dell’appello del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, il decreto del Tribunale di Catanzaro – sezione misure di prevenzione che aveva respinto la proposta di applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale con prescrizioni a carico di NOME COGNOME e per l’effetto ha disposto l’applicazione di questa misura.
La Corte di appello ha considerato non corretto il ragionamento del giudice di primo grado, che aveva ritenuto accertata la partecipazione del proposto ad un’associazione mafiosa fino al 2019, mentre aveva ritenuto che non vi fossero elementi per affermarne la sua pericolosità attuale, visto che le sue frequentazioni con soggetti pericolosi risultano solo fino al 2017, dal 2017 al 2022 egli era stato detenuto, la sua posizione nella cosca non era apicale, non vi erano altri elementi circa suoi recenti comportamenti illeciti a fronte del fatto che la sua famiglia disponeva di redditi leciti di cui anch’egli poteva fruire.
La parte pubblica impugnante aveva lamentato che tutti questi dati dovevano considerarsi recessivi rispetto alla presunzione di permanenza dei legami con la consorteria mafiosa, anche dopo le condotte di militanza già giudizialmente accertate.
La Corte territoriale ha accolto l’appello del Pubblico Ministero sulla base dei medesimi elementi esaminati dal giudice di primo grado, ravvisando una non corretta applicazione dell’art. 4, comma 1 lett. a), d.lgs. n. 159/2011, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale i soggetti indiziati di partecipazione ad associazione mafiosa devono essere considerati portatori di pericolosità sociale attuale fin quando non si acquisiscano elementi positivi riguardo al venir meno dei legami accertati con il contesto criminale.
E l’erroneità della valutazione del giudice di primo grado sarebbe emersa dalla mera esclusiva valorizzazione del tempo trascorso dalle ultime condotte sintomatiche del suo inserimento nell’organizzazione mafiosa.
La difesa di Quattromani contesta proprio tale profilo della motivazione del provvedimento impugnato e deduce che, nell’applicare al caso di specie il principio della presunzione dell’attualità della pericolosità sociale dell’indiziato mafioso, la Corte di appello non si sia confrontata con tutti gli elementi nuovi relativi al periodo successivi all’accertata militanza nel sodalizio illecito, proposti nel giudizio di merito dalla stessa difesa, ma si sia limitata ad affermare in maniera assertiva l’irrilevanza delle decisioni di rigetto delle proposte di misura di prevenzione avanzate a carico di altri coimputati del Quattromani, nello stesso procedimento penale in cui egli era stato condannato.
Com’Ł noto, Ł esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poichØ qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice di appello, il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n. 33451 del 29/07/2014, Repaci, Rv. 260246; Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Rv. 270080; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, Catalano, Rv. 261590).
Il principio piø di recente Ł stato ulteriormente precisato, affermando che «nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione Ł ammesso soltanto per violazione di legge, sicchŁ il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. Ł estraneo al procedimento di legittimità, a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge» (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Rv. 279435 – 01).
Già la sopra richiamata Sez. U COGNOME aveva delimitato l’ambito del vizio di motivazione mancante o apparente, ricomprendendovi la sottovalutazione di argomenti difensivi, purchŁ non fossero stati presi in considerazione dal giudice (o comunque risultassero assorbiti) dalle altre argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato.
Le Sezioni Unite erano poi tornate a disegnare la fisionomia del vizio denunciabile rispetto ai provvedimenti applicativi della misura di prevenzione, ammettendo la possibilità di «svolgere in sede di legittimità il controllo inerente all’esatta applicazione della legge, sui provvedimenti applicativi della misura di prevenzione, ove si profila la totale esclusione di argomentazione su un elemento costitutivo della fattispecie che legittima l’applicazione della misura, configurandosi, in caso di radicale mancanza di argomentazione sui punto essenziale, la nullità del provvedimento ai sensi delle disposizioni di cui agli artt. 111, sesto comma, Cost., 125, comma 3, cod. proc. pen., 7, comma 1, d. Igs. 06/09/2011, n. 159, poichØ l’apparato giustificativo costituisce l’essenza indefettibile del provvedimento giurisdizionale» (così Sez. U, n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271511, in motivazione).
Il provvedimento applicativo della misura di prevenzione della sorveglianza speciale a carico di soggetti che rientrano nella categoria di cui all’art. 4, comma 1 lett. a), d.lgs.n. 159/2011 deve necessariamente basarsi sull’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale del proposto; tuttavia la sussistenza di elementi sintomatici di una sua partecipazione al sodalizio mafioso consente l’applicazione di una presunzione semplice relativa alla stabilità del vincolo associativo. Al contempo la giurisprudenza di legittimità impone che «la sua validità sia verificata alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità della pericolosità».
Per questa ragione Ł stato ritenuto vizio di motivazione mancante l’omessa valutazione di elementi dedotti dalla difesa, perchØ ritenuti sintomatici di abbandono delle logiche criminali in precedenza condivise all’interno dell’organizzazione (cfr. Sez. 6, n. 20577 del 07/07/2020, Rv. 279306 – 01; Sez. 2, n. 8541 del 14/01/2020, Rv. 278526 – 01).
La Corte territoriale non ha compiutamente esaminato, per apprezzarne l’incidenza sulla verifica dell’attualità della pericolosità compiutamente accertata fino al 2019, gli elementi che, secondo la difesa di Quattromani, si ponevano in contraddizione con la presunzione di stabilità del vincolo e che andavano presi in considerazione unitamente al tempo trascorso.
Tra questi vi sono certamente gli esiti del giudizio a suo carico che avrebbero delineato con contorni piø ridimensionati le condotte originariamente attribuite al proposto; le circostanze che hanno indotto il giudice della cautela nel procedimento a suo carico per il contestato reato associativo a considerare vinta la presunzione di adeguatezza della massima misura cautelare ai sensi dell’art. 274, comma 3, cod. proc. pen., originariamente applicata; la condotta di vita del proposto nel periodo, oramai apprezzabile, trascorso in stato di libertà; le valutazioni di insussistenza di pericolosità attuale formulate a carico di soggetti con i quali abbia intrattenuto prima del 2019 i rapporti e le frequentazioni ritenute sintomatiche anche della sua pericolosità.
La Corte territoriale non ha preso in esame la ricostruzione delle condotte accertate a carico di Quattromani nel procedimento penale, quelle che avevano indotto il giudice di primo grado a tenere conto del suo ruolo di mero appartenente nella sua valutazione di pericolosità; non ha preso in esame il provvedimento di natura cautelare allegato dalla difesa; ha sinteticamente considerato recessivo o irrilevante ogni altro elemento dedotto in favore del proposto ritenendo comunque prevalente l’operatività della presunzione di stabilità.
Sono tutti profili in fatto sui quali invece il Tribunale, nella decisione integralmente riformata dal giudice di appello, ha piø ampiamente motivato.
Giurisprudenza consolidata ritiene che il giudizio di appello nel procedimento applicativo delle misure di prevenzione deve ritenersi regolato dalle norme del Titolo II del Libro IX del codice di procedura penale, che in particolare contengono disposizioni inerenti il principio devolutivo, i poteri e i limiti di cognizione e le condizioni di ammissibilità dell’atto di impugnazione (Sez. 6, n. 21408 del 12/04/2023, Rv. 284684 – 01; Sez. 5, n. 44930 del 18/10/2021, Rv. 282281 – 02; Sez. 1, n. 25907 del 15/01/2021, Rv. 281447 – 01; Sez. 2, n. 9517 del 07/02/2018, Rv. 272520 – 01).
Nella valutazione della sussistenza di una motivazione non apparente, e quindi dell’insussistenza di una violazione di legge, deve pertanto tenersi conto delle regole di giudizio che devono trovare applicazione nei giudizi di merito di secondo grado promossi con l’impugnazione ad opera della parte pubblica di provvedimento liberatorio emesso dal giudice di prime cure.
E nel caso di giudizio relativo ai presupposti della misura di prevenzione, e quindi di accertamento della pericolosità sociale attuale del proposto, deve trovare applicazione il principio, già affermato anche con riguardo ai procedimenti cautelari, in base al quale la riforma in senso sfavorevole al prevenuto della decisione impugnata impone un piø serrato confronto critico con la pronunzia riformata; in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, sebbene non si richieda una vera e propria motivazione rafforzata, così come nei giudizi di merito, il giudice di seconde cure non può ignorare le ragioni giustificative del rigetto, che devono essere, per contro, vagliate e superate con argomentazioni autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale (cfr. Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, Rv. 284982 – 04 in materia cautelare)
Deve pertanto essere assolto un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata; sicchŁ, pur
non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale (in questi termini, sempre per la materia cautelare ma con principi applicabili anche ai procedimenti di prevenzione, Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, La, Rv. 283784 01).
Il decreto impugnato deve quindi essere annullato, disponendo il rinvio alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione perchØ provveda a rivalutare l’attualità della pericolosità sociale del ricorrente, nell’ambito di nuovo giudizio, ove, libera nell’esito, valuti specificamente tutti gli elementi dedotti dalle parti relativi al periodo successivo all’accertamento della sua militanza nell’organizzazione mafiosa.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla corte di appello di catanzaro.
Così Ł deciso, 20/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
COGNOME