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Pericolosità sociale attuale: obbligo di valutazione

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto che negava la revoca di una misura di prevenzione, sottolineando che la valutazione della pericolosità sociale attuale di un individuo non può basarsi su fatti datati o su elementi presuntivi. La Corte ha ritenuto la motivazione del giudice di merito meramente apparente, in quanto non aveva condotto una verifica concreta e puntuale della persistenza della pericolosità, specialmente dopo un lungo lasso di tempo dai reati contestati.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale Attuale: La Cassazione Annulla un Decreto per Motivazione Apparente

L’applicazione delle misure di prevenzione personali rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’ordinamento per contrastare la criminalità. Tuttavia, il loro fondamento non risiede in una condanna per un reato commesso, ma in un giudizio prognostico sulla probabilità che un soggetto possa commetterne in futuro. In questo contesto, il concetto di pericolosità sociale attuale assume un’importanza cruciale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 4642/2024) ribadisce un principio fondamentale: tale valutazione deve essere concreta, specifica e, appunto, attuale, non potendosi basare su fatti ormai remoti o su mere presunzioni.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di revoca di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno, disposta nel lontano 2006 e divenuta definitiva nel 2007, ma mai eseguita. Il soggetto interessato, a distanza di molti anni, ne chiedeva la cancellazione, ma sia il Tribunale di Agrigento che la Corte di Appello di Palermo rigettavano la sua istanza.

La decisione dei giudici di merito si fondava su una serie di elementi:
1. Gravi condotte legate al narcotraffico internazionale risalenti al 2006.
2. Ulteriori fatti, sempre in materia di stupefacenti, commessi nel 2013.
3. La protratta irreperibilità del soggetto, arrestato solo nel 2018.
4. L’attuale residenza in Germania.

Sulla base di questi elementi, le corti territoriali avevano ritenuto che la pericolosità sociale del soggetto fosse ancora presente, giustificando il mantenimento della misura di prevenzione.

La Decisione della Cassazione sulla Pericolosità Sociale Attuale

Investita del ricorso, la Suprema Corte ha accolto le doglianze del difensore, annullando il provvedimento della Corte di Appello e rinviando il caso per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella critica alla motivazione del decreto impugnato, definita come “meramente apparente”.

Secondo la Cassazione, i giudici di merito non hanno adempiuto al loro dovere di verificare “in concreto” la persistenza della pericolosità sociale attuale. Questo onere diventa ancora più stringente quando, come nel caso di specie, è trascorso un notevole lasso di tempo tra l’accertamento penale originario e il momento della nuova valutazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto il ragionamento della Corte territoriale, evidenziandone le carenze logiche e giuridiche. In primo luogo, la motivazione è stata giudicata generica per essersi basata su fatti molto datati (reati del 2005/2006 e del 2013) senza condurre un’analisi approfondita e aggiornata.

La Corte ha specificato che i giudici avrebbero dovuto:

* Analizzare nel dettaglio le ordinanze cautelari: Non basta menzionarle, ma occorre esaminarne il contenuto, il ruolo specifico attribuito al soggetto e i periodi esatti delle contestazioni per capire la reale portata delle condotte.
* Spiegare la rapida scarcerazione: Il fatto che il ricorrente, arrestato nel 2018, sia stato poi rapidamente scarcerato, è un elemento che andava considerato e approfondito, in quanto potenzialmente idoneo a ridimensionare il quadro della sua attuale pericolosità.
* Contestualizzare gli elementi presuntivi: L’irreperibilità e la residenza in Germania sono state considerate circostanze di per sé sintomatiche di pericolosità. La Cassazione ha chiarito che questi elementi, se non inseriti in uno specifico e provato contesto criminale, rimangono mere presunzioni e non sono sufficienti a fondare un giudizio così grave.

In sostanza, la Corte d’Appello ha omesso di indicare gli elementi necessari per una “corretta e puntuale valutazione di pericolosità attuale”, trasformando il suo ragionamento in un guscio vuoto, una motivazione solo di facciata.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio di garanzia fondamentale nel nostro ordinamento: le misure di prevenzione non possono essere un’etichetta indelebile basata sul passato di una persona. Il giudice ha l’obbligo di effettuare una valutazione rigorosa, concreta e aggiornata, che dimostri con elementi specifici e non con semplici congetture che il soggetto rappresenta, oggi, un pericolo per la società. Quando il tempo passa e le circostanze della vita di una persona cambiano, anche il giudizio sulla sua pericolosità deve evolversi, basandosi su fatti e non su sospetti. Annullando il decreto, la Cassazione ha riaffermato che il diritto penale della prevenzione non può trasformarsi in un diritto del sospetto.

È sufficiente basarsi su reati passati per mantenere una misura di prevenzione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che è necessario un accertamento “in concreto” della persistenza della pericolosità sociale attuale, specialmente se è trascorso un apprezzabile periodo di tempo dai fatti originari.

Cosa si intende per “motivazione apparente” in un provvedimento sulle misure di prevenzione?
Si intende una motivazione che si limita a richiamare genericamente fatti passati o elementi presuntivi (come la residenza all’estero o una passata irreperibilità) senza analizzarli in modo specifico e puntuale per dimostrare la pericolosità attuale del soggetto.

Il giudice deve sempre verificare la pericolosità attuale di una persona prima di confermare una misura di prevenzione?
Sì, secondo la sentenza, costituisce un onere per il giudice verificare la persistenza attuale della pericolosità, soprattutto quando è passato un considerevole periodo di tempo dai fatti contestati o vi è stato un lungo periodo detentivo che potrebbe aver interrotto i legami con ambienti criminali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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