Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43773 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43773 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 01/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA avverso il decreto della corte di appello di Palermo del 26 febbraio 2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; letta la memoria con la quale il difensore del ricorrente ha replicato alle memorie della parte pubblica ribadendo la fondatezza dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto descritto in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha integralmente confermato l’applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale disposta dal Tribunale con il provvedimento appellato ai danni di NOME COGNOME, ritenuto pericoloso alla luce della sua partecipazione ad una associazione finalizzata al narcotraffico con condotte protrattesi in
permanenza sino al 2018 (partecipazione accertata in sede penale con condanna divenuta definitiva nel corso del medesimo procedimento di prevenzione) e per la consumazione del reato di cui all’ad 512-bis cod. pen. (riscontrata con la medesima sentenza, anche in. parte qua passata in giudicato).
Da qui la ritenuta pericolosità generica (ex art 1, lettere b, c, d.lgs. n. 159 del 2011) e qualificata (ex art. 4, lettera b, stesso decreto) del proposto.
Propone ricorso la ‘difesa del proposto e lamenta integrale difetto di motivazione in ordine alla attualità della ritenuta pericolosità avendo la Corte di appello dato atto della lunga carcerazione preventiva dal ricorrente, scontata con riferimento ai fatti valorizzati a sostegno del giudizio di pericolosità, ma rimarcandone l’indifferenza in ragione della centralità del ruolo assunto da COGNOME nel contesto associativo apprezzato nel valutarne la pericolosità senza confrontarsi con il percorso rieducativo affrontato dal proposto ( partecipando al lavoro all’interno dell’istituto di pena lungo il periodo di restrizione carceraria e svolgendo, per più di otto mesi, attività lavorativa autorizzata a seguito della sostituzione della misura con quella degli arresti) e trascurando anche di considerare l’intervenuto riconoscimento di periodi di liberazione anticipata concessi con valutazione destinata a rifluire su quella inerente la perdurante sussistenza degli estremi giustificativi dell’intervento in prevenzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
2.Con la decisione gravata la Corte di appello, confermando le indicazioni offerte dal decreto appellato, ha sottolineato la centralità del ruolo rivestito dal ricorrente all’interno dell’associazione finalizzata al narcotraffico oggetto della condanna – resa nel parallelo giudizio penale – essenzialmente valorizzata nell’irrogare la misura.
In particolare, è stato evidenziato che il proposto rappresentava uno snodo nevralgico della relativa azione associativa, perchè costituiva l’uomo di fiducia degli esponenti di vertice della detta compagine criminale.
Risulta così tratteggiato un grado di pericolosità piuttosto elevato per la radicata intraneità del proposto in quel determinato contesto criminale, tale da rendere indifferente, ad avviso dei giudici del merito, anche il periodo di carcerazione preventiva scontato da COGNOME in pendenza del giudizio penale che ne ha definitivamente cristallizzato la responsabilità sia per la partecipazione all’associazione di cui all’art. 74 d.lgs. n. 159 del 2011, sia per l’ipotesi d intestazione fittizia ex art 512 bis cod. pen., parimenti contestata in quel giudizio.
In particolare, secondo la Corte di appello, il grado di coinvolgimento nel settore del narcotraffico espresso dal ricorrente con le condotte illecite ritenute sintomatiche della sua pericolosità sarebbe stato talmente intenso da non risultare neutralizzato dal periodo di carcerazione preventiva patito dal proposto, non idoneo a recidere i contatti con il contesto criminale nel quale sono maturate le relative condotte illecite.
La difesa non contrasta tale valutazione di merito, nel suo portato ricostruttivo, né nelle relative inferenze logiche che la Corte di appello ne ha tratto sul piano della marcata intensità della collocazione del ricorrente nel contesto criminale di riferimento.
Piuttosto, lamenta l’affermata pretermissione degli effetti risocializzanti per dettato costituzionale legatf al periodo di carcerazione; l’attività lavorativa svolta da COGNOME dietro apposita autorizzazione in esito alla sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari accordati al ricorrente; le valutazioni sottese al positivo riconoscimento dei giorni di liberazione anticipata parimenti accordati al proposto.
3.1. Quanto al dato della sofferta carcerazione preventiva, le argomentazioni spese a sostegno della censura, non diversamente da quelle esposte sul tema con l’appello (e co la memoria integrativa depositata in quel giudizio), oltre a risultare generiche, si ondar) ttkuna impostazione di fondo da ritenersi errata.
In particolare, il ricorso muove dall’erroneo presupposto secondo il quale la funzione risocializzante che connota la pena porti a ritenere aprioristicamente comprovato quello che resta comunque un obiettivo che, per quanto imposto costituzionalmente ex art 27 Cost., va verificato di caso in caso.
In altre parole, senza mettere in discussione l’astratta idoneità della pena a svolgere una funzione rieducativa del condannato ( da ultimo ribadito con forza dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 162 del 2024) quale fattore con il quale necessariamente confrontarsi nel rendere o confermare il giudizio di attuale pericolosità del proposto, là dove il giudice della prevenzione affronti e svaluti il fatto della detenzione protrattasi nel tempo, grava sull’interessato l’onere di indicare quell’insieme di circostanze che, integralmente pretermesse, nel caso di specie diano concretezza alla incidenza positivamente assunta dalla detenzione sulla attitudine antisociale del proposto.
Ciò ancor di più quando, la detenzione, come nella specie, per quanto protrattasi nel tempo, sia preventiva e non si fondi, dunque, sulla definitività del giudizio di responsabilità, snodo di partenza del percorso che porta alla risocializzazione del condannato.
Tanto premesso, rileva la Corte che nel caso, l’asserita incidenza del periodo di carcerazione preventiva sul giudizio da rendere, risulta argomentata facendo leva su una affermata ma mai comprovata attività lavorativa inframuraria svolta dal ricorrente nonché sull’implicito contegno positivo reso all’interno dell’istituto, non altrimenti testimoniato: ed è di tutta evidenza che, così addotto, il dato assume toni apodittici, che non scalfiscono la diversa valutazione di merito resa dalla Corte di appello.
3.2. Avuto riguardo, poi, alla intervenuta concessione degli arresti con autorizzazione all’attività lavorativa, è altrettanto evidente che detta circostanza non incide sul giudizio di attuale pericolosità del proposto alla data della decisione sulla misura qui contrastata: il mantenimento della misura cautelare sino alla esecutività della condanna, poi intervenuta, dà infatti conto di una pericolosità non ancora scemata sino alla definizione del giudizio di responsabilità e tanto basta per ritenere la circostanza addotta indifferente rispetto alla valutazione che qui interessa.
3.3. Ad una soluzione non diversa si perviene, infine, in relazione al rilievo da ascrivere ai giorni di liberazione anticipata accordati al proposto.
Sul tema non può che rimarcarsi l’assenza di indicazioni argomentative riferite alle valutazioni spese a sostegno della decisione in questione e 2 loro refluire rispetto al tema della pericolosità sociale riscontrata dalla Corte del merito.
In ogni caso e in termini assorbenti, va comunque ribadito l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in forza del quale “ai fini della concessione della liberazione anticipata, la partecipazione del condannato all’opera di rieducazione si riferisce, secondo i criteri indicati dall’ad. 103 Reg. Es. (approvato con d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230), alla sola condotta esteriore e non presuppone alcuna diagnosi di risocializzazione già conseguita, ma soltanto l’adesione al processo di reintegrazione sociale in itinere (ex plurimis, Sez. 1, n. 12746 del 07/03/2012, Rv. 252355, da ultimo ribadita da Sez. 6, n. 832 del 2024, n.m.).
Da qui la inammissibilità anche in parte qua del ricorso.
Alla dichiarazione di inammissibilità seguono le pronunce di cui all’ad 616, comma 1, cod. proc pen. definite come da dispositivo.
P.Q.M.
COGNOME Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle –d· COGNOME , — s spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle C.1 N COGNOME ammende.
… COGNOME Così deciso il 1/10/2024. ·
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