Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23791 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23791 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Soriano Calabro il 23/10/1992
avverso il decreto del 15/11/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe indicato, la Corte di appello di Catanzaro rigettava il ricorso proposto da NOME COGNOME avverso il decreto del Tribunale di Catanzaro del 14 febbraio 2024 che aveva applicato nei suoi confronti la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per anni cinque con obbligo di soggiorno e la cauzione di euro ottocento.
Il Tribunale aveva ritenuto il proposto NOME COGNOME socialmente pericoloso ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a) d.lgs. n. 159 del 2011, in quanto gravemente indiziato di appartenenza alla ‘ndrangheta, sulla base delle risultanze dei procedimenti penali, denominati “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“, confluite nelle due ordinanze cautelari del 30 marzo 2018, per il reato di cui all’art.73 T.U. Stup.
aggravato dall’art. 7 del di. 152/1991, e del 19 dicembre 2019, per il previsto dall’art. 416-bis cod. pen.
1.1. In sede di appello, il proposto si era doluto della mancanza di att della pericolosità del proposto, posto che i fatti accertati nei suoi confron risalenti nel tempo in quanto riferiti al febbraio 2018 e che il proposto sofferto nel periodo successivo una lunga carcerazione, durante la quale av tenuto un ottimo comportamento, essendo stata la misura applicata a distanza sei anni dai fatti, anche considerato che dal 18 gennaio 2024 il predet intrapreso un’attività lavorativa lecita con regolare contratto.
Secondo la Corte di appello, le risultanze del procedimento penale n potevano essere ritenute risalenti nel tempo, avendo consentito di accerta partecipazione al sodalizio con condotta permanente fino al suo arrest esecuzione della ordinanza emessa nell’operazione “Rinascita Scott” del dicembre 2019.
In ordine al periodo di detenzione, inoltre, secondo la Corte di appello an considerato che, trattandosi di un periodo continuativo iniziato dal giorno d arresto, il comportamento tenuto in carcere non poteva essere ritenuto indica di una effettiva risocializzazione del proposto, perché inidoneo ad incide giudizio di pericolosità fondato sui dati raccolti, che andavano valu correlazione al ruolo svolto nel sodalizio, al suo stretto legame con il boss m COGNOME NOME, atteso il rapporto coniugale con la figlia di quest’ul anch’essa tratta in arresto per reati associativi di natura mafiosa.
Ciò anche per la tendenziale permanenza del sodalizio mafioso a mantenere intatta la sua capacità operativa nel tempo e per l’assenza di elementi den l’abbandono da parte del proposto delle logiche criminali in precedenza condiv essendo troppo breve il periodo decorso dopo la sua scarcerazione.
Avverso il suddetto decreto ha proposto ricorso COGNOME COGNOME a mezzo de proprio difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui 173, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 4, d.lgs. n. 159 del 2011.
Il decreto impugnato contiene una motivazione apparente, oltre che apoditti in ordine al requisito dell’attualità della pericolosità del proposto atteso posti a suo carico si fermano al 2018.
Inoltre, nel valutare l’attualità della pericolosità andava considerato il di detenzione subito dal proposto dal 2018 al dicembre 2023, mentre la Cor aveva omesso di considerare l’evoluzione della personalità del proposto nel c del periodo di carcerazione, la formale dissociazione manifestata davant
Tribunale per i Minorenni nel procedimento per l’affidamento dei figl l’instaurazione di un contratto a termine con scadenza al 31 dicembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché deduce delle censure che, al di là della etichetta, propongono soltanto critiche generiche che fuoriescono dal perime del vizio di violazione di legge.
Dalla lettura della motivazione della Corte di Appello si evince che il prop ha svolto attività di spaccio per conto dell’associazione mafiosa denomi ‘ndrangheta fino al 2018 e tale emergenza non contraddice l’affermazione della partecipazione del predetto al sodalizio mafioso fino alla data del suo ar intervenuto nel dicembre del 2019.
Il provvedimento impugnato, se, per un verso, non presenta i denunciati vi radicali di carenza assoluta di motivazione, gli unici sindacabili nella materi prevenzione, in cui il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di l (art. 10, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n.159), per altro verso, riferimento al necessario requisito dell’attualità della pericolosità, ha fatt applicazione dei canoni di giudizio elaborati dalla giurisprudenza di legittimi solco tracciato dai principi affermati dalla Corte Costituzionale con la sente 291 del 2013.
Con la citata sentenza la Corte Costituzionale ha messo in discussione natura insuperabile della presunzione di pericolosità, dichiarando l’illegi costituzionale dell’art. 15, comma 1, d.lgs. n.159/2011, nella parte in c prevede che, nel caso in cui l’esecuzione di una misura di prevenzione person resti sospesa a causa dello stato di detenzione per espiazione di pena della pe ad essa sottoposta, l’organo che ha adottato il provvedimento di applicaz debba valutare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosità s dell’interessato nel momento dell’esecuzione della misura.
Sebbene tale pronuncia afferisca al caso in cui lo stato di detenzio interpone tra il momento di applicazione e quello dell’esecuzione della misur prevenzione, tuttavia con essa si è riconosciuto il principio che lo s detenzione non possa essere considerato indifferente rispetto alle poss modifiche delle scelte di fondo dell’interessato, proprio in ragione del pri rieducativo sotteso alla potestà statuale di applicazione ed esecuzione della e la cui portata generale impone la considerazione di tale elemento di fatto nell’ipotesi di pericolosità qualificata dall’appartenenza a strutture ass come anche nel caso in cui la misura di prevenzione sia richiesta con riferim
ad un soggetto che si trovi in stato di detenzione da lungo tempo al mome dell’applicazione della stessa.
È stato pure chiarito (Sez. 2, n. 14099 del 27/02/2019, Di Maio, non mass che gli oneri probatori e motivazionali in ordine alla dimostrazione della at della pericolosità qualificata hanno una diversa intensità nei casi in cui il p sia indicato come “partecipe”, rispetto ai casi in cui sia un semplice “apparte al sodalizio mafioso.
Nei casi in cui il proposto sia indicato come “partecipe” ; l’attualità della pericolosità è dimostrabile attraverso il ricorso alla presunzione della stabi vincolo associativo, che consente di ritenere non rilevante il lasso temp intercorrente tra l’emersione degli indizi e l’applicazione della misura, semp emergano concreti elementi di fatto in grado di validare la presunzi diversamente ‘ quando la base per la verifica della pericolosità è la condizione mera appartenenza alla associazione mafiosa la presunzione non è operativa e pericolosità deve essere dimostrata valorizzando tutti gli elementi disponibil
La Corte di appello ha fatto corretta applicazione di detti principi, ch stati ampiamente richiamati nel corpo della motivazione del provvediment impugnato.
In particolare, sono stati apprezzati nella fattispecie in esame come elem validanti il giudizio di attualità della pericolosità, la qualità soggettiva d in senso stretto (non di mera appartenenza), il ruolo significativo e non marg if del proposto, coniugato con la figlia del boss ugualmente arrestata, che ne raf il vincolo criminale di lealtà, il carattere di mafia storica dell’associ riferimento, l’assenza di elementi per dimostrare un suo effettivo recess sodalizio, la ridotta valenza del buon comportamento durante la permanenza del custodia cautelare in carcere, la genericità dell’asserzione di un suo ip recesso e il ridotto intervallo di tempo successivo alla sua scarcerazione.
Si tratta di una motivazione, quindi, assolutamente puntuale i che ha affrontato tutte le doglianze dedotte con i motivi di appello da parte del ricorren riproposte pedissequamente in sede di legittimità.
Per mera completezza, e senza alcuna incidenza sulla validità del argomentazioni in fatto poste a fondamento della conferma del giudizio pericolosità, si ritiene solo di dovere precisare che lo stato di deten espiazione pena non può essere assimilato a quello derivante dalla applicazi della custodia cautelare in carcere.
Se l’espiazione della pena giustifica una rivalutazione della pericolos ragione della funzione di risocializzazione propria della pena, secondo i pri affermati dalla Corte Costituzionale, diversamente la custodia in carcere, q
misura cautelare rappresenta al contrario un indice della permanenza della pericolosità.
Nel caso di specie, il lasso temporale di quattro anni decorso dall’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del ricorrente, non
solo non contraddice il giudizio di pericolosità che giustifica l’applicazione della misura di prevenzione, ma ne supporta il fondamento di attualità correlato alla
necessaria persistenza delle esigenze cautelari, che con riferimento al pericolo di reiterazione criminosa finisce con il sovrapporsi e coincidere con que!lo posto a
fondamento della misura di prevenzione, trattandosi di una detenzione imposta proprio dal permanere delle esigenze cautelari, in ordine alle quali per il titolo di
reato in esame è prevista una specifica presunzione relativa, superabile attraverso l’allegazione di elementi che ne dimostrino l’insussistenza (ex art. 275 comma 3
cod. proc. pen.).
3. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7 maggio 2025
e estensore GLYPH
Il Presidente