Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29187 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29187 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a MAZARA DEL VALLO il 04/07/1970 avverso il decreto del 22/11/2024 della Corte d’appello di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto descritto in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha confermato la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale applicata dal Tribunale di Trapani ai danni di NOME COGNOME, ritenuto socialmente pericoloso ai sensi dell’art. 4, lettera a), d.lgs n. 159 del 2011; è stata altres confermata la confisca adottata sempre ai danni del COGNOME, caduta sulla ditta individuale “RAGIONE_SOCIALE” e del relativo compendio aziendale, utilità ritenute nella disponibilità del proposto seppur formalmente riferibili alla moglie.
b
Propone ricorso la difesa di NOME COGNOME deducendo due diversi motivi.
2.1. Con il primo motivo si contesta la mera apparenza dell’argomentare speso dalla Corte del merito nel confermare il giudizio di attualità della pericolosità sociale del Vinci reso dal Tribunale e dunque la violazione di legge correlata, frutto del travisamento di plurime circostanze integralmente travisate o totalmente ignorate malgrado le sollecitazioni rivolte su tali punti dalla difesa con il gravame di merito.
Ripercorrendo le ragioni poste a fondamento della decisione gravata sul tema della attualità, la difesa, muovendo dal dato in forza del quale la sentenza di
condanna del Vinci per concorso esterno in associazione mafiosa, passata in giudicato, riguarderebbe comunque condotte al più risalenti al 2015, ha precisato:
che il coinvolgimento del ricorrente nella vicenda relativa alla cava degli Evola, oltre a rimanere comunque confinato al 2017 – e dunque ad una distanza di tempo di circa sette anni dalla data del decreto di appello – era integralmente smentito dalla sentenza dalla Corte di appello di Palermo che, giudicando della intraneità associativa di COGNOME Matteo, nel caso esclusa, aveva anche dato atto della piena liceità, in quel frangente temporale, dei rapporti con il Vinci, da ritenersi estranei, dunque, ad ogni matrice di mafiosità, aspetto integralmente trascurato dalla Corte del merito;
che solo in termini di mera apparenza argomentativa erano state affrontate e disattese le emergenze ricavabili dalle dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME escussi nel corso del procedimento di prevenzione, i quali, nella loro qualità di dirigenti della Polizia di Stato, si erano interessati delle indagini denominate Mandamento, Eolo, Hermes) che avevano dato l’input a quella denominata ” RAGIONE_SOCIALE” che aveva visto come protagonista anche il proposto ( sino alla condanna già citata) e che, in forza delle conoscenze acquisite, avevano escluso di essere a conoscenza di momenti di contatto del Vinci con i mafiosi NOME COGNOME e NOME COGNOME nel torno di tempo compreso dalle attività investigative svolte dai predetti, così da escludere ogni fondamento alla tesi, valorizzata dal decreto gravato, della radicata contiguità mafiosa riferibile al proposto, consolidata nel tempo, elemento da apprezzare nel valutare in termini prospettici, la relativa pericolosità sociale;
che del tutto erroneamente sarebbe stata valorizzata la misura cautelare applicata nei confronti del ricorrente sempre nell’ambito del citato procedimento “Visir” ed eseguita sino al 2023, all’epoca giustificata dalla doppia presunzione di legge motivata dal titolo di reato contestato dal ricorrente ( l’intraneità associativa poi riqualificata in appello in termini di mero concorso esterno), aspetto peraltro apprezzato per un verso senza considerare l’incidenza risocializzante determinata dalla carcerazione comunque patita dal ricorrente (per ben sette anni) e per altro verso in termini di chiara violazione di legge quanto all’onere di allegazione gravante sulle parti (spettando all’accusa il compito di fornire elementi idonei a supportare il giudizio di attualità e non al proposto quello di evidenziare momenti di disallineamento rispetto al pregresso percorso criminale).
2.2. Con il secondo motivo la difesa contesta i presupposti di applicazione della misura patrimoniale, confermata anche qui a fronte di un percorso argomentativo meramente apparente e comunque reso in violazione degli artt. 10, comma 4, d.lgs n. 159 del 2011 e 597 cod. proc. pen.
2.2.1. Sotto quest’ultimo versante, la difesa rimarca che in primo grado la misura di prevenzione era esclusivamente fondata sull’assunto della natura asseritamente mafiosa dell’impresa individuale intestata alla moglie, senza fare riferimento a sperequazioni contabili o al reimpiego di fondi illeciti, avendo lo stesso Tribunale confermato la liceità dei redditi dichiarati dal nucleo familiare del ricorrente.
In appello, la Corte avrebbe evidenziato l’assenza di allegazioni, da parte della difesa, di proventi legittimi, diversi da quelli derivanti dall’impresa intestata all moglie, utilizzati per l’acquisizione delle utilità confiscate. Affermazione resa in violazione del principio devolutivo, perché estranea alle valutazioni rese a supporto del decreto appellato, sulle quali si erano esclusivamente concentrati gli sforzi difensivi profusi con il gravame di merito.
2.2.2. Un siffatto argomentare, inoltre, dava conto dell’assoluta assenza di risposte quanto allo snodo essenziale dei rilievi prospettati dalla difesa, tutti legati alla dubbia possibilità di ritenere intrinsecamente mafiosa una impresa sorta nel 1995, che solo nel 2015 ( per effetto dell’acquisto della RAGIONE_SOCIALE) avrebbe trovato contatti con la criminalità organizzata che dunque sarebbero stati attuali t quando ormai non poteva che ritenersi del tutto consolidata la relativa espansione aziendale in forza di dinamiche imprenditoriali certamente lecite.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato solo con riferimento alle censure spese in direzione della contestata applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, imponendo, in parte qua, l’annullamento con rinvio della decisione gravata.
Per il resto, le doglianze dirette a mettere in discussione la misura di prevenzione reale applicata ai danni del proposto non possono che ritenersi quantomeno manifestamente infondate.
2. Giova ribadire che nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo il disposto dell’art. 10, comma 3, d.lgs. 159/2011 (e del precedente art. 4 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, richiamato dall’art. 3 ter, secondo comma, legge 31 maggio 1965, n. 575). Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotesi dell’illogicità manifesta cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso, poiché qualificabile come violazione dell’obbligo di provvedere con decreto motivato imposto al giudice d’appello dal nono comma del predetto art. 4
legge n. 1423 del 56 (ora art. 10, comma 2, d.lgs. 159/2011), il caso di motivazione inesistente o meramente apparente.
Nella nozione di violazione di legge va più precisamente ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo nel senso che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Rv. 279284); di contro, ne esulano le ipotesi di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato ((Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, in motivazione; Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Rv. 266365; Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, Rv. 261590).
Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso la difesa contesta unicamente il giudizio di attualità della pericolosità sociale qualificata riferita al Vinci.
Anche là dove, nel corpo dell’impugnazione, si rinvengono cenni critici alla pericolosità storica del ricorrente, tanto non trova ragione nell’obiettivo di contestarne in sé la sussistenza, bensì nello scopo di recuperare argomenti a sostegno dei due profili contestati in questa sede: l’attualità della pericolosità del Vinci e la presenza di una contiguità mafiosa talmente consolidata nel tempo da viziare in radice l’azione economica dell’impresa individuale- intestata alla moglie del proposto- sottoposta a confisca.
Del resto, il profilo della pericolosità storica del proposto, sul quale il decreto gravato si sofferma lungamente, risulta inequivocabilmente cristallizzato dalla condanna, passata in giudicato, del ricorrente per concorso esterno in associazione mafiosa, così riqualificato in appello l’originario giudizio di intraneità contestato e ritenuto in primo grado.
Sul punto, la lettura delle due decisioni di merito rese in sede di prevenzione dà in coerenza conto di un quadro fattuale accertato con le garanzie di approfondimento cognitivo proprie del processo penale e sugellato dalla verifica di legittimità operata in quella sede a conferma della condanna resa ai danni del Vinci (Sentenza n. 27011 del 12 aprile 2023 di questa stessa Sezione della Corte).
Ne è emerso, sulla base di un composito materiale probatorio- intercettazioni anche ambientali, servizi di videosorveglianza e localizzazione satellitare oltre che in forza delle dichiarazioni del collaborante COGNOME-, destinato a coprire un arco temporale particolarmente ampio (dagli inizi del 2000 al 2017), la consolidata contiguità del COGNOME, imprenditore attivo nel settore edilizio, agli esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo (NOME COGNOME, NOME e
NOME COGNOME, NOME COGNOME): contiguità dominata dall’obiettivo del proposto di assumere una posizione dominante nel settore di elezione (attraverso la spartizione dei lavori da eseguire nel territorio marsalese, l’affidamento di alcune opere da parte dell’amministratore giudiziario dell’impresa RAGIONE_SOCIALE e l’acquisizione dell’impianto della ditta RAGIONE_SOCIALE), garantendo, in cambio, alla consorteria di riferimento, canali di infiltrazione nel relativo circui imprenditoriale, ma anche sostenendone i componenti durante la loro detenzione carceraria e spingendosi sino a fornire ( a NOME COGNOME, capo del mandamento di Mazara del Vallo, in particolare) informazioni riservate su indagini in corso.
Questo il quadro fattuale emerso a sostegno del giudizio constatativo, ritiene la Corte che la decisione gravata non regga il peso delle censure proposte dal ricorso a sostegno della attualità della pericolosità sociale ascritta al ricorrente.
Giova rimarcare che i fatti ascritti al ricorrente ed emersi nel corso del procedimento denominato ” RAGIONE_SOCIALE” trovano un confine temporale ultimo nell’anno 2015 ( si veda pag. 21 del provvedimento gravato); che in quel processo, il ricorrente è stato ritenuto responsabile di concorso esterno in associazione mafiosa e non di partecipazione, come affermato in primo grado; che Vinci è stato sottoposto a carcerazione preventiva, sempre correlata all’imputazione mossa in quel processo, a far tempo dal 2017 e sino al 2023 (venendo scarcerato dopo la sentenza di appello e all’esito della diversa configurazione del reato contestato nei termini già rassegnati); che il decreto di primo grado reso nel procedimento di prevenzione risale al novembre 2020 mentre quello di appello è del novembre del 2024.
Ciò premesso, nel ricorso si sostiene che nel verificare l’attualità della pericolosità, la risalenza delle condotte sintomatiche della stessa andrebbe valutata guardando alla data della decisione resa in appello dal giudice della prevenzione.
7.1. L’assunto, erroneo in punto di diritto, influisce tuttavia sulla verifica da rendere quanto alla motivazione della decisione sottesa all’applicazione della misura personale.
Ritiene infatti il Collegio, in linea con le valutazioni rese in altri, condivi arresti di questa Corte ( Sez. 5, n. 28343 del 12/04/2019, Rv. 276135, da ultimo confermata in motivazione da Sez. 6, n. 25771 del 27/05/25), che nel procedimento di prevenzione di appello, con riferimento alle misure personali di prevenzione, la valutazione di attualità della pericolosità sociale del proposto
debba essere riferita al primo grado, momento nel quale si cristallizza il relativo giudizio.
7.2. Le argomentazioni a sostegno dell’attualità del presupposto soggettivo della misura, tuttavia, non potranno che assumere contenuti ancor più rigorosi e stringenti là dove si riscontri una anomala distanza temporale tra i due gradi di giudizio (qui quattro anni, spazio di tempo affatto indifferente al fine), ancor più a fronte della risalente datazione dei fatti posti a fondamento dello stesso giudizio di pericolosità (nella specie, anche fermandosi al dato cristallizzato dalla sentenza resa in sede penale, quasi sei anni).
Nel caso, il portato argomentativo steso a sostegno del giudizio prognostico riferito alla pericolosità del ricorrente non risulta conformato all’onere di stringente rigorosità sopra rassegnato, dando corpo ad un vizio di motivazione talmente radicato da inficiare la decisione assunta.
La decisione gravata ha fatto leva, in primo luogo, sulla consolidata contiguità del Vinci (dal 2000 in poi), all’ambiente della criminalità organizzata dominante nel territorio mazarese.
In parte qua, il decreto risulta inadeguatamente attinto dal ricorso.
I rilievi difensivi, inerenti alle deposizioni dei due dirigenti di polizia giudizia che seguirono le indagini precedenti a quella (“Visir”) che ha portato alla condanna del ricorrente in sede penale, sono, infatti, inammissibili.
La Corte del merito, infatti, ha affrontato il dato relativo alle dett dichiarazioni, disattendendone il rilievo con considerazioni, peraltro, neppure manifestamente illogiche (la mancata conoscenza, da parte dei dichiaranti, degli sviluppi emersi dalla indagine “Visir” quale nuova chiave di lettura complessiva del ruolo del Vinci anche rispetto ai suoi contegni antecedenti a quella regiudicanda). Valutazioni, per ciò solo, in ogni caso estranee a vizi prospettabili in sede di legittimità nella materia che occupa.
Il dato del radicato consolidamento del ricorrente all’interno del circuito criminale di riferimento, per quanto logicamente rilevante, andava tuttavia apprezzato considerando in primo luogo il tipo di appartenenza mafiosa ascritta al Vinci, nel caso replicata integralmente dal processo penale e costruita, dunque, facendo leva, sull’ipotesi del concorso esterno ex artt. 110 e 416 bis cod. pen. e non su quella della tipica intraneità mafiosa.
Non v’è chi non vede, infatti, che a differenza di quest’ultima, la configurazione privilegiata con riferimento al ruolo del ricorrente non si giovi di quella fisiologica continuità con il mondo della criminalità organizzata di
riferimento determinata, nell’ipotesi della partecipazione associativa di matrice mafiosa, dalla stabilità del vincolo. Stabilità che il concorso esterno non presuppone, anzi esclude (in motivazione, SU n. 111 del 30/11/2017, dep. 2018, Gattuso).
In coerenza, una siffatta qualificazione – ancor più di quanto è a dirsi con riguardo alla ipotesi della appartenenza da “intraneità associativa”, in presenza di condotte risalenti nel tempo- imponeva al giudice della prevenzione una puntuale individuazione degli estremi fattuali fondanti il giudizio prognostico, perché logicamente sintomatici di una condizione soggettiva protrattasi nel tempo anche oltre le emergenze che hanno portato alla condanna del proposto per concorso esterno.
Anche sotto questo versante, la valutazione resa dal decreto gravato è gravemente carente.
11.1. Per un verso, la Corte del merito, nel tentativo di spostare in avanti nel tempo le condotte rilevanti ai fini del giudizio di pericolosità, ha fatto leva (pag 21) sulla vicenda relativa alla cava degli Evola e ai rapporti del ricorrente con NOME COGNOME; fatti risalenti al 2017, ritenuti ulteriormente espressivi delle relazioni di “mutuo vantaggio che hanno in generale contraddistinto l’operato di NOME COGNOME nei rapporti con la consorteria mafiosa”.
Tale riferimento, oltre a spiccare per la sua apoditticità (perché non consente alla Corte di ricavare, in termini di immediata intellegibilità, gli elementi fattua che sostengono la relativa conclusione), appare altrettanto viziato sul piano della puntualità, avuto riguardo al tenore delle critiche difensive spiegate sul tema in appello, integralmente pretermesse, per quanto decisive.
In particolare, sono state trascurate le valutazioni emergenti dalla sentenza di assoluzione del Tamburello quanto alla vicenda in fatto apprezzata dai giudici della prevenzione, destinate ad inquadrare, secondo l’assunto difensivo, i rapporti tra il suddetto e Vinci in termini di fisiologica contiguità imprenditoriale, estranea a profili illeciti o comunque riferibili a momenti di contatto con il contesto della criminalità organizzata.
Il che si pone in evidente distonia rispetto alle conclusioni della Corte del merito, inficiando in radice il motivare sotteso al decreto gravato, per l’assenza di una qualsivoglia valutazione del dato prospettato dalla difesa, all’evidenza decisivo nell’inquadrare il momento finale di espressione delle condotte da apprezzare nel verificare la pericolosità del proposto.
11.2. Nella decisione gravata, infine, viene dato rilievo alla custodia cautelare patita dal ricorrente, assertivamente indicativa di una pericolosità sociale mantenutasi inalterata dal 2017 sino al 2023, giacché, diversamente, la misura in questione sarebbe stata caducata molto prima.
Anche questo ragionamento mette a nudo i gravi difetti che viziano il motivare della decisione gravata sul tema della attualità della pericolosità sociale.
Per più ragioni.
11.2.1. In primo luogo, la Corte trascura di considerare che la revoca della misura è intervenuta solo dopo che, con la sentenza di appello, il fatto ascritto al ricorrente è stato riqualificato da partecipazione a concorso esterno in associazione mafiosa.
All’evidenza, dunque, la misura cautelare si fondava su ragioni di presunzione ex lege del giudizio di pericolosità legate all’originario titolo di reato, presunzione non identicamente supportata all’esito della diversa qualificazione privilegiata con la sentenza di appello, tanto da determinare la pronta scarcerazione del proposto.
11.2.2. Per altro verso, il dato della prolungata carcerazione, piuttosto che confortare il giudizio di attualità della pericolosità, ben costituiva e costituisce una ulteriore ragione per innalzare il livello della rigorosità di giudizio che nel caso doveva e deve supportare la decisione in questione.
Rappresenta, infatti, il sintomo logico di una situazione di discontinuità rispetto al pregresso percorso criminale del ricorrente che, per poter essere contraddetta, presupponeva l’indicazione di precise emergenze fattuali di segno contrario, nel caso del tutto assenti nel motivare dei giudici del merito.
Da qui l’annullamento con rinvio della decisione impugnata relativamente all’applicazione della misura personale.
12 Ad una soluzione di segno diametralmente opposto si perviene con riguardo alle censure espresse dal secondo motivo di ricorso.
12.1. Non diversamente da quanto messo in evidenza dal decreto reso in primo grado, anche in quello di appello l’impresa (formalmente) intestata alla moglie del ricorrente è stata confiscata sul presupposto della consolidata appartenenza mafiosa del ricorrente, imprenditore colluso con la mafia sin dagli anni 80 secondo dinamiche criminali essenzialmente legate ai suoi interessi imprenditoriali, messi in atto tramite la citata ditta individuale, attiva nel setto edilizio.
Si è così rimarcato che la dinamica commerciale di tale impresa non poteva che ritenersi drasticamente viziata dalla riscontrata contiguità del ricorrente con la criminalità organizzata, tanto da alterare radicalmente il relativo percorso di crescita aziendale e rendere comunque inscindibilmente illeciti anche quei redditi provenienti dal relativo ciclo produttivo, pur se frutto di autonome iniziative lecite.
Da qui l’evidente inconsistenza della tesi difensiva legata alla asserita violazione dell’art 597 cod. pec. pen. giacchè le due decisioni di merito riposano nella sostanza sul medesimo assunto.
12.2. Per altro verso, non può non rimarcarsi la contraddittorietà che ha connotato, nella fase di merito, l’impostazione difensiva, là dove ci si soffermi sul
complessivo portato delle prospettiche rassegnate, comprese quelle volte a contestare il giudizio di sostanziale riferibilità al ricorrente dell’impresa confiscata
(si veda in particolare la memoria del 26 gennaio 2022).
Il che ben poteva e potrebbe ancora mettere in discussione la stessa legittimazione del ricorrente rispetto ai temi ora paventati dal ricorso per il conflitto
logico che corre tra i profili di criticità prospettati dalla difesa.
12.3. In ogni caso e nel merito, l’unica effettiva censura prospettata dal ricorso avverso la misura reale e in particolare riguardo al giudizio di intrinseca
mafiosità dell’impresa confiscata, è quella in forza della quale la contiguità del Vinci al mondo della criminalità organizzata di riferimento avrebbe riguardato solo
condotte messe in atto quando l’impresa da confiscare risultava immessa nel settore di pertinenza da decenni, senza dar conto di contatti e logiche illecite.
Una tale doglianza risulta, tuttavia, palesemente contraddetta dalla ricostruzione storica operata dalle due decisioni di merito, della quale si è già dato
conto nel descrivere il giudizio constatativo della pericolosità ascritta al ricorrente. Ricostruzione che il ricorso contrasta del tutto inadeguatamente, replicando le censure – relative alla pretermissione delle deposizioni dei due funzionari di polizia giudiziaria già evidenziate nel contestare la misura personale- già valutate in termini di rimarcata inammissibilità.
Da qui la decisione di cui al dispositivo che segue.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato limitatamente alla misura di prevenzione personale e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così è deciso, 27/06/2025
COGNOME
F
I
Il Consigliere estensore
Il Preyidente
NOME COGNOME