Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3460 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3460 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/01/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; sentite le conclusioni del difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Bari, con ordinanza del 9 settembre 2024, ha respinto l’appello proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento con il quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari aveva rigettato l’istanza di revoca della custodia cautelare in carcere. All’indagato è contestato il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen per avere fatto parte dell’associazione di stampo mafioso denominata clan COGNOME-Palermiti. NOME COGNOME è stato ritenuto partecipe del clan
perché intestatario fittizio della società RAGIONE_SOCIALE in realtà appartenente a NOME COGNOME, valorizzando i suoi perduranti rapporti con il predetto e la circostanza che l’indagato era stato condannato in primo grado per il reato di favoreggiamento, commesso nell’anno 2018 mettendo a disposizione la propria abitazione come base logistica del commando autore dell’omicidio di NOME COGNOME.
Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, NOME COGNOME chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e denuncia violazione di legge e vizio di motivazione sul punto della ritenuta concretezza e attualità del pericolo di reiterazione. Osserva che il Pubblico Ministero ha disposto il dissequestro della società RAGIONE_SOCIALE, avendo il ricorrente liquidato le quote dello RAGIONE_SOCIALE. Richiama le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME dalle quali emerge la insussistenza dell’affiliazione del ricorrente o, perlomeno, la sua non attualità. COGNOME aveva, infatti, riferito che lo COGNOME, padrino de ricorrente, non era più attivo – sia pure in maniera non dichiarata – e si trovava fuori dal contesto criminale del clan, tanto da subire estorsioni da altri esponenti e non partecipare più a summit mafiosi mentre il COGNOME, di più recente affiliazione, neppure era a conoscenza dell’affiliazione del COGNOME. Evidenzia, infine, che il ricorrente aveva più volte denunciato reati di cui era stato vittima, comportamento incompatibile con la solidarietà omertosa che connota i reati associativi di stampo mafioso.
In vista della trattazione dell’odierna udienza il difensore ha depositato motivi nuovi ai quali è allegato il dispositivo della sentenza della Corte di appello di Bari del 30 ottobre 2024 che ha assolto NOME COGNOME ai sensi dell’art. 384 cod. pen. dal reato di favoreggiamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio.
Va ricordato che l’art. 275, comma 3 cod. proc. pen. prevede una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari che può essere vinta dalla rescissione del legame associativo. Si è affermato, con principio condiviso dal Collegio, che, in relazione a tale presunzione, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47 e di
un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202).
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che gli elementi dedotti dall’indagato ai fini della revoca della misura per insussistenza delle esigenze cautelari non fossero sintomatici della rescissione del vincolo associativo e, in particolare, ha ritenuto irrilevante che il collaboratore COGNOME si riferisse all’affiliazione dell’indag parlandone al passato e che descrivesse NOME COGNOME – individuato nell’ordinanza impositiva come il “padrino” di riferimento del COGNOME – come un vecchio associato non più direttamente attivo trattandosi, comunque, di persona di rispetto. Né era rilevante che il COGNOME, anch’egli collaboratore di giustizia e di più recente affiliazione al clan, neppure fosse a conoscenza dell’affiliazione del COGNOME. Ha ritenuto, altresì, irrilevante il dissequestro della società RAGIONE_SOCIALE di cui il ricorrente era ritenuto intestatario fittizio, al posto dello COGNOME perché disposto a seguito del rinnovo della compagine societaria dal momento che il COGNOME aveva rilevato le quote dello COGNOME. A confutazione della distanza dell’indagato dal clan ha, infine, evidenziato come alle denunce di questi faccia da contraltare la circostanza che “dopo la stesa” subita dal COGNOME, che ne aveva indicato il mandante in NOME COGNOME, anche nei pressi dell’abitazione di questi erano stati rinvenuti bossoli il che consentiva di ritenere che la parte avversa, facente capo al COGNOME, avesse posto in essere una reazione violenta con i consueti metodi mafiosi. Ha, infine, valorizzato la condanna del COGNOME per reato di favoreggiamento collegato a reato di stampo mafioso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La motivazione dell’ordinanza impugnata non ha fatto coerente applicazione della regula iuris innanzi richiamata e in presenza di specifici elementi allegati dalla difesa a comprova della risalenza nel tempo della condotta di partecipazione, inverata attraverso il rapporto del ricorrente con lo COGNOME ha trascurato dati di rilievo ai fini della verifica della sussistenza dell’attualità della pericolos dal momento che la condotta partecipativa del ricorrente era stata attualizzata proprio attraverso il perdurante rapporto con lo COGNOME, per effetto della intestazione all’indagato della società RAGIONE_SOCIALE (che si occupava della gestione di un garage), ritenuta fittizia, fittizietà, viceversa, esclusa a seguito della modifica della compagine societaria che aveva determinato il Pubblico Ministero a revocare il sequestro della società stessa.
Rispetto alla condotta di favoreggiamento, anch’essa risalente al 2018 e genericamente descritta nel provvedimento genetico richiamato dall’ordinanza
impugnata, è poi intervenuta sentenza di assoluzione come si evince dal dispositivo prodotto, non essendo stata ancora depositata la motivazione.
Infine, appare frutto di una mera congettura la conclusione che sia riconducibile “alla parte cui fa capo il COGNOME“, il rinvenimento di bossoli esplosi nei pressi dell’abitazione di NOME COGNOME, indicato e denunciato dal COGNOME come una persona con la quale aveva avuto problemi a causa di litigi sentimentali tra la figlia e il COGNOME.
La risalente affiliazione del ricorrente attraverso una persona indicata dal collaboratore come ormai estranea all’ambiente criminale, anche se ritenuta di rispetto; il disposto dissequestro della società che si occupa della gestione del garage, a seguito dell’acquisto delle quote sociali da parte del ricorrente; l’intervenuta assoluzione del ricorrente dal reato di favoreggiamento costituiscono elementi idonei ad incidere sulla ritenuta sussistenza della perdurante attualità dei rapporti del Froio con il contesto mafioso.
Ne consegue che, alla stregua del principio innanzi illustrato e facendo applicazione dei poteri discrezionali in materia, il Tribunale dovrà verificare il giudizio di pericolosità del Froio individuando specifici elementi indicativi dell’attualità della pericolosità sociale.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Bari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Bari, competente ai sensi dell’art. 310, comma 2, cod. proc. pen.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17 gennaio 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente’