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Pericolosità sociale: annullata misura di prevenzione

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto della Corte di Appello che applicava una misura di prevenzione personale. La ragione è che la valutazione sulla pericolosità sociale del soggetto non era autonoma e attuale, ma si basava acriticamente su elementi vecchi, relativi a un procedimento penale concluso anni prima. La Corte ha sottolineato che la pericolosità sociale deve essere dimostrata con riferimento al momento della decisione.

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Pubblicato il 29 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Sociale: Quando il Tempo Conta nelle Misure di Prevenzione

L’applicazione delle misure di prevenzione personali, come la sorveglianza speciale, si fonda su un concetto cardine: la pericolosità sociale del soggetto. Ma cosa succede se gli elementi a sostegno di tale pericolosità sono datati? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 52124/2019) offre chiarimenti cruciali, sottolineando che la valutazione deve essere ancorata al presente e non può limitarsi a un mero richiamo di fatti del passato.

La Vicenda Processuale

Il caso nasce da un decreto con cui il Tribunale applicava a un soggetto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e la confisca di alcuni beni. La Corte di Appello confermava la decisione. Successivamente, la Corte di Cassazione annullava parzialmente il provvedimento, limitatamente alla misura personale, rinviando il caso alla Corte di Appello per una nuova valutazione.

Nel giudizio di rinvio, la Corte di Appello confermava nuovamente la misura personale. Contro questa decisione, l’interessato proponeva un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando due vizi principali:
1. Un errore nell’interpretazione del precedente annullamento, sostenendo che la pericolosità sociale fosse già stata decisa in modo definitivo (coperta da giudicato).
2. La mancanza di ‘attualità’ della pericolosità, dato che i fatti posti a fondamento della misura risalivano a oltre sei anni prima.

La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il secondo motivo di ricorso, annullando ancora una volta la decisione della Corte di Appello e rinviando per un nuovo esame. I giudici di legittimità hanno chiarito che il primo motivo era infondato: la precedente sentenza della Cassazione aveva annullato proprio la parte relativa alla misura personale, quindi l’attualità della pericolosità era proprio il punto da riesaminare, non una questione già decisa.

Il Principio sull’Attualità della Pericolosità Sociale

Il punto cruciale della sentenza risiede nell’accoglimento del secondo motivo. La Corte di Appello aveva basato la sua decisione su fatti-reato in materia di stupefacenti commessi fino al 2010 e su una successiva custodia cautelare terminata nel 2014. Secondo la Cassazione, questo approccio è errato. Non è sufficiente richiamare fatti risalenti nel tempo, anche se gravi, per giustificare una misura di prevenzione oggi.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha affermato un principio di diritto fondamentale: la valutazione della pericolosità sociale ai fini delle misure di prevenzione deve essere autonoma e attuale. Non ci si può limitare a ‘recepire acriticamente’ le valutazioni fatte in altri contesti, come quelle per le esigenze cautelari in un procedimento penale. Il giudice della prevenzione ha l’obbligo di condurre un proprio, autonomo apprezzamento degli elementi, verificando se, al momento della decisione, il soggetto rappresenti ancora un pericolo per la società.

Nel caso specifico, la Corte territoriale si era limitata a richiamare la valutazione fatta anni prima nel procedimento penale, senza analizzare elementi nuovi o dimostrare perché quella vecchia pericolosità dovesse considerarsi ancora esistente. Anche il riferimento a due contestazioni per uso personale di stupefacenti non è stato ritenuto sufficiente a dimostrare una pericolosità qualificata e attuale. La motivazione è stata quindi giudicata ‘apparente’, perché non spiegava in modo concreto le ragioni della persistenza del pericolo.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce con forza che il tempo è un fattore determinante nel giudizio di prevenzione. La pericolosità sociale non è una ‘etichetta’ permanente, ma una condizione che deve essere verificata ‘hic et nunc’ (qui e ora). I giudici non possono usare scorciatoie, richiamando acriticamente vecchi provvedimenti. Devono, invece, fondare la loro decisione su un’analisi concreta e attuale, dimostrando con elementi di fatto perché una persona, oggi, costituisce un pericolo per la collettività. L’annullamento con rinvio impone alla Corte di Appello di effettuare finalmente questa valutazione autonoma e approfondita.

Per applicare una misura di prevenzione, la pericolosità sociale può basarsi su fatti molto vecchi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la pericolosità sociale deve essere ‘attuale’. La valutazione deve basarsi su elementi concreti che dimostrino che il soggetto sia pericoloso al momento della decisione, non basta fare riferimento a fatti accaduti molti anni prima.

Un giudice può limitarsi a richiamare la valutazione di pericolosità fatta in un altro procedimento (ad esempio per una custodia cautelare)?
No. La sentenza chiarisce che il giudice della prevenzione deve compiere una valutazione autonoma e non può recepire acriticamente il giudizio sulla pericolosità contenuto in altri provvedimenti giudiziari, come quelli relativi a misure cautelari.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte ha annullato il provvedimento impugnato e ha rinviato il caso alla Corte di appello di Palermo per un nuovo esame, che dovrà attenersi ai principi di diritto stabiliti, in particolare sulla necessità di una valutazione attuale e autonoma della pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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