Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26575 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26575 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Caserta il 19/06/2003
avverso la ordinanza del 17/04/2025 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Napoli rigettava l’appello cautelare proposto avverso il provvedimento del Tribunale di Noia che aveva respinto in data 27 marzo 2025 la sua istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare domiciliare a lui applicata dal novembre 2024 per la detenzio a fine di spaccio di sostanze stupefacenti (era stato sorpreso a bordo di un v icolo sul quale era occultato un ingente quantitativo di droghe pesanti, oltre ad una cospicua somma di danaro).
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.
A circa cinque mesi dall’applicazione della misura, la difesa aveva chiesto la sostituzione della misura con quella dell’obbligo di dimora in provincia di Verona, in considerazione della sua assunzione in tale località in una ditta a tempo pieno ed indeterminato.
Il Tribunale, con motivazione estremamente sintetica, ha limitato la sua valutazione delle esigenze cautelari alla gravità del fatto-reato contestato all’imputato, senza considerare la sua personalità (giovane età e incensuratezza) e il “fatto nuovo”, costituito dalla volontà del predetto di trasferirsi in local lontana centinaia di chilometri dalla Campania e da possibili coinvolgimenti criminali.
Quanto poi all’art. 284, comma 3, cod. proc. pen. nessuna richiesta era stata rivolta al Tribunale in tal senso (in ogni caso, la difesa aveva allegato il contratto di lavoro e non una mera proposta di assunzione). Si tratta di motivazione ultronea ed inconferente.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va rammentato che, a seguito della presentazione di istanza per la sostituzione della GLYPH misura cautelare, GLYPH l’apprezzamento della GLYPH pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se congruamente e logicamente motivato (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, COGNOME, Rv. 275851 – 01).
La valutazione compiuta dal Tribunale nel caso in esame non risulta affetta dai vizi segnalati dal ricorso.
Come prevede l’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’individuazione dell’esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, la pericolosità sociale dell’indagato è desunta congiuntamente dall specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua personalità.
E’ principio pacifico – che è stato correttamente richiamato dal Tribunale – che il giudice possa attribuire alle specifiche modalità e circostanze del fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sott il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere, dal momento che la condotta tenuta in occasione del reato costituisce un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell’agente (tra le tante, Sez. 5, n. 8429 del 24/11/2004, dep. 2005, COGNOME Rv. 231170 – 01).
In tale linea si è anche affermato che il parametro valutativo costituito dalla personalità dell’indagato, ai fini della valutazione di cui sopra, va desunto da comportamenti o atti concreti ovvero, in via disgiuntiva, dai suoi precedenti penali, nel senso che gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti – non necessariamente aventi natura processuale – in difetto di precedenti penali, poiché, diversamente opinando, l’incensurato che tenesse un comportamento processuale corretto si porrebbe automaticamente al di fuori di una diagnosi di pericolosità, benché, ai fini di tale previsione, l’analisi di quel comportamento sarebbe, se non inidonea, comunque del tutto insufficiente (Sez. 5, n. 5644 del 25/09/2014, dep. 2015, Rv. 264212 01).
Nella specie, il Tribunale ha tratto dalle specifiche modalità e circostanze del fatto elementi dimostrativi della professionalità a delinquere del ricorrente (la rilevante quantità di stupefacente sequestrato e il connesso valore economico, le modalità di occultamento, il carattere organizzato dello smistamento c.d. “porta a porta”- della droga), che venivano quindi ad elidere, rendendoli recessivi, quelli indicati dalla difesa.
Sulla base di tale giudizio in ordine alla concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, il Tribunale ha ritenuto, con motivazione non manifestamente illogica, il presidio cautelare applicato al ricorrente come l’unico adeguato a contrastare il serio rischio di recidiva specifica, oltre che proporzionato alla pena in astratto irroganda.
Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/
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2,025.