Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38149 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38149 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Maddaloni il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 2/4/2024 emesso dalla Corte di Appello di Napoli visti gli atti, il decreto impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Napoli confermava il decreto con il quale NOME COGNOME era stato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di 1 anno e sei mesi, in quanto ritenuto rientrante nelle categorie di pericolosità previste dall’art. 1, lett. b) e c), d Igs. 6 settembre 2011, n. 159.
Nell’interesse del ricorrente è stato formulato un unico motivo di ricorso per violazione di legge, articolato in tre distinte contestazioni.
In primo luogo, si deduce l’insussistenza dei presupposti per ritenere che il ricorrente rientri nella categoria descritta dall’art. 1, lett.b), d Igs. 6 settem 2011, n. 159, essendo il predetto gravato da due sole condanne non definitive, entrambe per spaccio di stupefacenti, dalle quali non emergerebbe la produzione di proventi rilevanti, tant’è che in relazione ad una di tale pronunce non è stata neppure disposta la confisca della somma rinvenuta pari a €310,00. Sostiene il ricorrente che la sua unica fonte di reddito era rappresentata dalla percezione del cosiddetto “reddito di cittadinanza”. In ogni caso, la sporadicità della commissione di reati idonei a dar luogo a proventi sarebbe del tutto insufficiente a integrare il presupposto richiesto dalla norma.
Contesta, altresì, la configurabilità dell’ulteriore ipotesi di pericolosit prevista dall’art. 1, lett. c), d Igs. 6 settembre 2011, n. 159, non potendo a tal fin neppure valorizzarsi le condanne per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, nonché l’attuale pendenza di procedimenti per tali reati.
Il ricorrente richiama il principio secondo cui l’applicazione della misura di prevenzione, in relazione alla categoria in esame, sarebbe consentita solo in presenza di condotte idonee a mettere in pericolo l’ordine pubblico, in quanto realizzate nel contesto di manifestazioni pubbliche e non anche, come nel caso di specie, nelle diverse ipotesi in cui il prevenuto si sia limitato a porre in essere condotte individuali di resistenza a pubblico ufficiale.
Si contesta anche l’attualità della pericolosità, sul presupposto che all’epoca di applicazione della misura (2023) era trascorso circa un anno dall’ultima commissione di uno dei fatti valorizzati nel rendere il giudizio di pericolosità.
Infine, il ricorrente lamenta l’eccessiva durata della misura, commisurata sul presupposto della vicinanza del proposto all’ambiente della criminalità organizzata, nonostante tale circostanza fosse stata espressamente esclusa dalla relazione della Questura di Casera resa nel 2023. Altrettanto immotivata sarebbe l’imposizione dell’obbligo di soggiorno, non ravvisandosi specifiche necessità preventive giustificative di tale prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Occorre in primo luogo premettere che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, ne consegue che è esclusa dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’ipotes dell’illogicità manifesta di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potend esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (Sez. U, n.33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246; sulla compatibilità costituzionale di tale disciplina si veda anche Sez. 2, n. 2566 del 19/12/2014, COGNOME, Rv. 261954, che ha dichiarato manifestamente infondata la relativa questione).
Tale principio, enunciato dalle Sezioni Unite con rifegmento alla disciplina previgente rispetto a quella contenuta nel d.lgs. 16 settembre 2011, n.159, è valido anche nei procedimenti nei quali sono operanti le disposizioni introdotte dalla novella, in quanto anche l’art. 10, comnna 3, d.lgs. n.169 del 2011 prevede espressamente che il ricorso in cassazione avverso il decreto della corte di appello possa essere presentato solo per violazione di legge (così, da ultimo, Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, Mulè, rv.279284; Sez.2, n.20968 del 6/07/2020, Noviello, Rv. 279435).
Quanto detto comporta che non possono essere dedotti meri vizi della motivazione, afferenti alla illogicità e contraddittorietà della valutazione degl elementi dimostrativi sottoposti ai giudici di merito, potendo essere rilevanti solo quei vizi che concretizzino una motivazione del tutto assente o apparente, intesa quest’ultima come motivazione priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito, ovvero configurabile qualora le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento (così, tra le tante, Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
La prima questione dedotta dal ricorrente attiene alla sussistenza o meno dei presupposti per riconoscere la pericolosità prevista dall’art. 1, lett.b), d Igs. settembre 2011, n. 159, è fondata.
Alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 24 del 2019, le categorie di delitto legittimanti l’applicazione di una misura fondata sul giudizio d pericolosità generica, ai sensi dell’art. 1, commal, lett. b), del d.lgs. n. 159 d 2011, devono presentare il triplice requisito – da ancorare a precisi elementi di fatto, di cui il giudice di merito deve rendere adeguatamente conto in motivazione – per cui deve trattarsi di delitti commessi abitualmente, ossia in un significativo arco temporale, che abbiano effettivamente generato profitti in capo al proposto
e che costituiscano, o abbiano costituito in una determinata epoca, l’unica, o quantomeno una rilevante, fonte di reddito per il medesimo (Sez.5, n. 182 del 30/11/2020, dep.2021, Zangrillo, Rv. 280145).
Ne consegue che l’iscrizione del proposto in una categoria criminologica tipizzata può aver luogo sulla base, non già di meri sospetti, bensì esclusivamente di un giudizio di fatto che ricostruisca le condotte materiali del medesimo, onde successivamente valutarle ai fini della verifica della sua pericolosità sociale.
In applicazione di tali principi, si è anche affermato che in tema di pericolosità generica ex art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, possono costituire presupposto della misura della sorveglianza speciale i soli delitti commessi abitualmente dal proposto che abbiano effettivamente generato profitti per il predetto, costituenti l’unico suo reddito o, quantomeno, una componente significativa dello stesso (Sez.6, n. 21513 del 9/4/2019, Coluccia, Rv. 275737).
Ai fini del giudizio di pericolosità “generica”, ai sensi dell’art. 1, lett. b), d 6 settembre 2011, n. 159, il tenore di vita costituisce indicatore significativo delle capacità economiche del soggetto e deve essere ricostruito sulla base di precisi elementi di fatto – quali il possesso di beni, le spese necessarie al godimento e utilizzazione di quei beni, la propensione a specifiche categorie di consumi – per poter apprezzare l’incidenza dei proventi delle attività delittuose nel costituire unica, o rilevante, fonte di sostentamento del proposto (Sez.2, n. 13634 del 26/2/2021, Rv.281128).
3.1. I richiamati principi di diritto non sono stati rispettati nel caso di speci
La Corte di appello sostiene che il proposto avrebbe commesso in un significativo arco temporale delitti contro il patrimonio, tali da generare profitt anche di significativa entità ma, in concreto, si segnalano una condanna non definitiva per il reato di cui all’art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 relativa a f del 2019 ed un’altra relativa a fatti commessi nel 2022.
Già la distanza temporale tra le due condotte si pone in potenziale contrasto con la previsione normativa secondo cui il proposto deve “vivere abitualmente” dei proventi del reato.
A ciò si aggiunga che, in relazione alla prima condanna, nulla si specifica in ordine alla condotta e solo per la seconda si richiamano due stringati passaggi della sentenza di primo grado, lì dove si descrive una “fiorente attività di spaccio” e un non meglio precisato dato “qualitativo-quantitativo”.
Si tratta di elementi che, di per sé, dimostrano al più la commissione del reato, ma non descrivono quel contesto di abituale sostentamento tratto dall’attività delittuosa richiesto dall’art. l, lett.b).
A ciò si aggiunge l’assoluta carenza di accertamenti in ordine al tenore di vita
da raffrontare alla presunta redditività dei reati posti in essere.
Analoghe considerazioni valgono anche in relazione alla pericolosità generica ritenuta in relazione all’ipotesi di cui all’art. 1, lett. c), d Igs. 6 sett 2011, n. 159, ancorata alla commissione di plurimi reati di resistenza a pubblico ufficiale (uno accertato in via definitiva), nonché per la pendenza di alcuni procedimenti per lesioni personali, danneggiamento e detenzione di armi.
In astratto, può ritenersi socialmente pericoloso per la sicurezza e la tranquillità pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 6 settembr 2011, n. 159, il soggetto che risulti dedito, in maniera non occasionale, alla commissione di fatti criminosi la cui offensività sia proiettata verso beni giuridici non meramente individuali, ma connessi alla preservazione dell’ordine e della sicurezza della collettività, quali condizioni materiali necessarie alla convivenza sociale. (Sez.6, n. 32903 del 22/6/2021, COGNOME*, Rv. 281842, relativa un’ipotesi in cui la Corte ha ritenuto indicativi di pericolosità fatti di reato di cui agli artt e 337 cod. pen., sottolineando come i giudici di merito avessero esaminato le connotazioni proprie delle singole vicende fattuali, ritenute espressione evidente di una aggressività associata alla assoluta noncuranza verso l’autorità degli appartenenti alla forza pubblica e ordinariamente legata a manifestazioni o incontri pubblici, dando conto, per ciascun episodio, della funzionale sintomaticità delle condotte delittuose accertate rispetto al tipo di pericolosità generica ritenuto).
Tale approfondimento manca del tutto nel caso in esame, nel quale si evocano indistintamente i carichi pendenti e i precedenti penali del proposto, senza esaminare in concreto il tipo di condotta e la sua idoneità a dimostrare il tipo specifico di pericolosità sociale ritenuto.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla il decreto impugnato con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
Così deciso il 19 settembre 2024 Il Consigliere estensore COGNOME