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Pericolosità generica: motivazione apparente annulla confisca

La Corte di Cassazione ha annullato una decisione della Corte d’Appello che imponeva sorveglianza speciale e confisca di beni a un soggetto sulla base della sua pericolosità generica. Il motivo principale è la motivazione apparente del provvedimento, che non ha dimostrato in modo rigoroso quali attività delittuose avessero generato i proventi illeciti. In particolare, è stata criticata la prova dell’elemento soggettivo del reato di intestazione fittizia di beni, ritenuta circolare e insufficiente. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Generica: la Cassazione Annulla la Confisca per Motivazione Apparente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nel diritto delle misure di prevenzione: il giudizio sulla pericolosità generica di un soggetto deve fondarsi su una motivazione solida, specifica e non contraddittoria. Quando il ragionamento del giudice è meramente apparente, le pesanti misure della sorveglianza speciale e della confisca dei beni non possono reggere. La Corte ha annullato con rinvio la decisione dei giudici di merito, sottolineando la necessità di un accertamento rigoroso dei reati che avrebbero generato i proventi illeciti e del dolo specifico nel caso di intestazione fittizia.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un decreto della Corte d’Appello che confermava l’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di un individuo. Tali misure includevano la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per tre anni e la confisca di diversi beni, tra cui immobili, rapporti bancari e un’autovettura. La decisione si basava su un giudizio di pericolosità generica, fondato sulla convinzione che il soggetto vivesse abitualmente con i proventi di attività delittuose, in particolare connesse al reato di intestazione fittizia di beni (art. 512-bis c.p.) e a condotte distrattive nell’ambito di società fallite.

Il proposto, attraverso i suoi legali, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione del principio di correlazione tra l’accusa originaria e la decisione finale e, soprattutto, l’erronea applicazione della legge e la manifesta illogicità della motivazione con cui era stata affermata la sua pericolosità.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso del proposto, annullando il decreto impugnato e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. Il ricorso di un secondo soggetto, cointeressato alla confisca di un immobile, è stato invece dichiarato inammissibile.

Il punto cruciale della decisione risiede nella censura mossa alla motivazione del provvedimento della Corte d’Appello, giudicata “apparente”. Secondo la Cassazione, i giudici di merito non avevano adeguatamente individuato e provato le specifiche attività delittuose da cui sarebbero derivati i proventi illeciti che giustificavano la misura di prevenzione.

Analisi della Pericolosità Generica e Motivazione Apparente

La Corte di Cassazione ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse fatto riferimento in modo vago a tre categorie di illeciti: reati tributari, condotte distrattive (bancarotta) e il delitto di intestazione fittizia di beni.

1. Reati tributari: Il provvedimento impugnato non specificava quali fattispecie fossero state integrate, né se le soglie di rilevanza penale fossero state superate.
2. Condotte distrattive: Nonostante la posizione del proposto fosse stata archiviata nel procedimento penale per bancarotta, la Corte d’Appello ne aveva affermato la responsabilità basandosi genericamente sul suo ruolo di dominus della società, senza svolgere un’autonoma valutazione probatoria.
3. Intestazione fittizia (art. 512-bis c.p.): Qui si annida la critica più severa. Per configurare questo reato, è necessario il dolo specifico, ovvero la finalità di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione. La Corte d’Appello aveva desunto tale dolo in modo circolare, basandosi sul “curriculum criminale” del proposto e sulla sproporzione patrimoniale. Questo, secondo la Cassazione, non è sufficiente. Bisogna dimostrare perché il soggetto, al momento della condotta, potesse fondatamente ritenere di essere destinatario di tali misure, un passaggio logico che nel provvedimento impugnato mancava del tutto.

In sostanza, la motivazione era apparente perché non spiegava in modo concreto e non tautologico il percorso logico-giuridico che aveva portato a ritenere integrati i presupposti della pericolosità generica.

Le motivazioni

La motivazione della Cassazione si concentra sul vizio di violazione di legge e sulla motivazione apparente. I giudici supremi hanno ribadito che, per applicare una misura di prevenzione basata sulla pericolosità generica, è indispensabile un accertamento rigoroso di tre elementi: la commissione abituale di delitti, la loro capacità di generare profitti illeciti e il fatto che tali profitti costituiscano una fonte di sostentamento, almeno parziale, per il soggetto. Nel caso di specie, il decreto impugnato si era fermato a enunciazioni generiche, senza scendere nel dettaglio probatorio richiesto. In particolare, l’affermazione dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 512-bis cod. pen. è stata ritenuta viziata da un ragionamento circolare, che equivale a un’assenza di motivazione. Il solo curriculum criminale, specie se costellato di assoluzioni, non può bastare a fondare la previsione di una futura sottoposizione a misure di prevenzione e, quindi, l’intento di eluderle.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito: le misure di prevenzione, per la loro natura fortemente incisiva sui diritti fondamentali della persona, richiedono un apparato motivazionale particolarmente robusto e immune da vizi logici. Una motivazione è “apparente” quando, pur esistendo graficamente, non fornisce una reale spiegazione della decisione, limitandosi a formule di stile o a ragionamenti tautologici. In questo caso, l’annullamento con rinvio impone alla Corte d’Appello di riesaminare il caso, questa volta ancorando l’eventuale giudizio di pericolosità generica a elementi di fatto specifici e a una prova rigorosa di tutti gli elementi costitutivi dei reati presupposto, compreso l’elusivo dolo specifico.

Cosa è necessario per dimostrare la pericolosità generica di un individuo?
È necessario accertare specifici elementi di fatto da cui si desuma che il soggetto commetta abitualmente delitti, che questi generino profitti illeciti e che tali profitti costituiscano, almeno in parte, la sua fonte di reddito. Non è sufficiente un generico status di evasore fiscale o il riferimento a condotte illecite non precisamente individuate.

Quando la motivazione di un provvedimento giudiziario è considerata ‘apparente’?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, è così generica, contraddittoria, illogica o basata su ragionamenti circolari da non permettere di comprendere il percorso logico-giuridico seguito dal giudice. Tale vizio equivale a un’assenza di motivazione e comporta l’annullamento del provvedimento.

Per commettere il reato di intestazione fittizia di beni è necessario essere già sottoposti a misure di prevenzione?
No. La sentenza chiarisce che il reato può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione e prima che il relativo procedimento sia iniziato. È sufficiente, ai fini del dolo specifico, che l’interessato possa fondatamente presumere il futuro avvio di un tale procedimento nei suoi confronti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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