Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30221 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30221 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SANT ‘ ONOFRIO (ITALIA) il 20/02/1964 NOME nato a GALATINA (ITALIA) il 15/09/1985
avverso il decreto del 06/02/2025 della CORTE di APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l ‘ annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alla confisca del deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 10 luglio 2010 presso Poste italiane di Sant ‘ Onofrio, intestato a COGNOME con rigetto nel resto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto in data 6 febbraio 2025, la Corte di appello di Torino -Sezione misure di prevenzione ha confermato, per quanto qui di interesse, il decreto emesso dal Tribunale di Torino il 24 aprile 2024 che aveva disposto l ‘ applicazione, nei confronti di NOME COGNOME della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di 3 anni e l ‘ obbligo di versamento della cauzione di 3.000 euro nonché della confisca di prevenzione di alcuni immobili di proprietà dello stesso COGNOME (unità sita in Sant ‘ Onofrio, INDIRIZZO) e di NOME COGNOME (unità sita in Moncalieri, INDIRIZZO, di alcuni rapporti con istituti di credito intestati a COGNOME (conto corrente n. 3230758 acceso il 17 novembre 2004 presso l ‘ Unicredit di Moncalieri; conto corrente n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 21 luglio 2009 presso la Carige di Collegno; carte prepagate n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO accese, rispettivamente, il 17 giugno 2011 e il 14 marzo 2018 presso la Carige di Collegno) e a NOME COGNOME (buono postale n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 19 agosto 2014 presso le Poste italiane di Sant ‘ Onofrio; conto corrente n. 40198607 acceso il 16 novembre 2004 presso l ‘ Unicredit di Moncalieri; deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 10 luglio 2010 presso le Poste italiane di Sant ‘ Onofrio) e, infine, della vettura Fiat Panda tg FY982WA intestata a COGNOME.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il predetto decreto per mezzo dei difensori di fiducia, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME deducendo quattro distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. c ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 521 cod. proc. pen. in relazione al principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunziato nonché la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. La diversità dei presupposti rilevanti per il giudizio di pericolosità generica ex art. 1, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011 rispetto a quelli richiesti dalla lett. a ) dell’art. 4 avrebbe reso necessario uno specifico contraddittorio su di essi onde consentire al proposto di dimostrare la non lucrogenicità delle condotte illecite ascrittegli, come nel caso del delitto di cui all ‘ art. 512bis cod. pen., non produttivo di reddito illecito. Né il decreto avrebbe dimostrato che il giudizio di pericolosità generica era stato basato sugli stessi elementi fattuali posti a fondamento della originaria proposta di confisca.
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 1, lett. b ) e 4, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011 in relazione all ‘ art. 512bis cod. pen. La Corte di merito avrebbe fondato il giudizio di pericolosità sulla commissione di tale delitto,
il quale presupporrebbe, da un lato, che, al tempo della sua commissione, l ‘ agente fosse sottoposto a misura di prevenzione, atteso che la fattispecie richiede il dolo specifico di elusione delle disposizioni in materia di misura di prevenzione patrimoniale; e, dall ‘ altro lato, che la fittizia intestazione sia oggettivamente idonea a eludere la normativa in misura di prevenzione. Tuttavia, il provvedimento si limiterebbe a osservare che l ‘ intestazione fittizia non poteva avere altro scopo che sottrarre i beni aziendali a misure di prevenzione patrimoniale, alla luce del non modesto curriculum criminale del proposto e della notevole sproporzione patrimoniale tra entrate lecite e tenore di vita. In realtà, COGNOME non avrebbe commesso reati aventi natura lucrogenetica (tali non essendo quelli di tentato omicidio e detenzione illegale di armi, né la tentata estorsione, non produttiva di reddito illecito), nemmeno identificabili nei fatti di bancarotta relativi alla RAGIONE_SOCIALE , in relazione ai quali la sua posizione processuale era stata archiviata, non risultando, a suo carico, atti di gestione della società; e anche il delitto di cui all ‘ art. 512bis cod. pen. non sarebbe di per sé produttivo di ricchezza, sicché esso non potrebbe rilevare ai fini della pericolosità generica, essendo all’uopo necessario che grazie al delitto siano stati acquisiti profitti illeciti. Dunque, COGNOME non avrebbe avuto alcun timore di essere sottoposto a una misura di prevenzione, sicché il dolo specifico dell’art. 512 -bis cod. pen. sarebbe stato ritenuto esistente a partire da una mera congettura. Quanto alla sproporzione tra entrate lecite e tenore di vita, l ‘ affermazione secondo cui l ‘ intestazione fittizia delle società e l ‘ esercizio di fatto delle relative attività imprenditoriali avrebbe garantito a COGNOME degli introiti grazie ai quali trarre sostentamento, non indicherebbe la causale di detti introiti né la loro illiceità, posto che la sentenza di proscioglimento di COGNOME in appello, trattando delle vicende del capannone aziendale, avrebbe affermato che l ‘ acquisizione era avvenuta attraverso l ‘ accensione di un mutuo da parte della società, con rate mensili sostenute grazie agli introiti della carrozzeria e, in parte, allo scomputo di canoni di locazione già versati in esecuzione di contratto con affitto a riscatto. Né l ‘ origine illecita di tali introiti potrebbe ricondursi alla commissione di reati di evasione fiscale, posto che il mero status di evasore fiscale non sarebbe sufficiente ai fini del giudizio di pericolosità generica e che, comunque, la nozione di «attività delittuose» contenuta nell ‘ art. 1 lett. b ) avrebbe reso necessario verificare se le condotte di evasione superassero le soglie di rilevanza penale. Inoltre, nel valorizzare la disponibilità di un ‘ auto di lusso per dimostrare il modus operandi di COGNOME in ordine al ricorso a soggetti di comodo per l ‘ esercizio delle proprie attività economiche e l ‘ intestazione dei propri beni, il provvedimento suggerirebbe il mero ricorso a negozi simulati, leciti sino a prova contraria, senza dimostrare la abituale commissione di delitti generatori di locupletazione.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 125 cod.
proc. pen. in relazione all ‘ art. 24, d.lgs. n. 159 del 2011 per mancanza della motivazione in ordine al rigetto della richiesta di revoca della confisca del deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 10 luglio 2010 presso le Poste Italiane di Sant ‘ Onofrio e intestato a NOME COGNOME.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 125 cod. proc. pen. in relazione all ‘ art. 8, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011 per motivazione apparente quanto alla durata, stabilita in 3 anni, della misura della sorveglianza speciale, ovvero in misura ben superiore ai minimi edittali, non avendo il decreto dato adeguato conto delle ragioni della decisione sul punto.
Avverso il decreto di appello ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME per mezzo del Difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 7, comma 4bis , d.lgs. n. 159 del 2011. In particolare, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ), cod. proc. pen., esso denuncia il mancato approfondimento delle deduzioni difensive quanto alla prova del reale acquisto e della effettiva disponibilità dell ‘ immobile sito in Moncalieri, INDIRIZZO di proprietà di COGNOME ed oggetto di confisca.
In data 4 giugno 2025 è pervenuta in Cancelleria la requisitoria scritta del Procuratore generale presso questa Corte, con la quale è stato chiesto l ‘ annullamento con rinvio del decreto impugnato limitatamente alla confisca del deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 10 luglio 2010 presso Poste italiane di Sant ‘ Onofrio, intestato a NOME COGNOME con rigetto nel resto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME è inammissibile, mentre quello presentato nell ‘ interesse di NOME COGNOME è fondato.
Va premesso, per una migliore comprensione della vicenda e dell ‘ analisi dei motivi di ricorso, che i Giudici di merito hanno fondato l ‘ applicazione delle misure di prevenzione innanzitutto su un giudizio di pericolosità formulato, nei confronti di NOME COGNOME ai sensi dell ‘ art. 4, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Benché in origine la richiesta di prevenzione fosse stata basata sull ‘ ipotesi contemplata dalla lett. a ) di tale articolo, la sopravvenuta assoluzione di COGNOME dall ‘ accusa di partecipazione a un ‘ associazione di stampo mafioso e l ‘ esclusione dell ‘ aggravante prevista dall ‘ art. 7, legge n. 203 del 1991, contestatagli in relazione a due ipotesi
di reato ex art. 512bis cod. pen., hanno indotto il Pubblico ministero a ipotizzare, in sede di discussione davanti al Tribunale, la fattispecie di pericolosità generica prevista dalla lett. b ) dello stesso art. 4. A fondamento della nuova richiesta sono state indicate le emergenze del procedimento definito con la sentenza della Corte di appello di Torino in data 29 dicembre 2023, che ha prosciolto Defina per prescrizione dal delitto di cui all ‘ art. 512bis cod. pen., ma che ha, comunque, consentito, secondo i Giudici di merito, di accertare l ‘ avvenuta commissione dei fatti allo stesso ascritti. Invero, a partire dalle intercettazioni disposte in quel procedimento, i decreti di primo e secondo grado hanno ritenuto che, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione, COGNOME avesse fittiziamente attribuito, conservandone il controllo, le quote della RAGIONE_SOCIALE al legale rappresentante della società, COGNOME Orlando, con mutamento, dal momento del loro acquisto, della denominazione sociale in RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e che egli avesse successivamente intestato fittiziamente alla madre di NOME COGNOME gli immobili in cui aveva sede un ‘ officina, dopo averli fatti acquistare e rivendere dalla società. Inoltre, si è ritenuto che COGNOME avesse fittiziamente intestato ad NOME COGNOME l ‘ immobile sito in Moncalieri, INDIRIZZO acquistato il 5 luglio 2018. A carico del proposto è stato formulato anche un giudizio di pericolosità generica ex art. 1, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011, avendo egli fatto ricorso all ‘ intestazione fittizia di beni quantomeno dal 6 febbraio 2014, gestendo, per anni, attività economiche che avevano determinato proventi sottratti all ‘ imposizione fiscale. Inoltre, è stato ritenuto che la situazione economica del nucleo familiare del proposto si caratterizzasse per una significativa sproporzione tra i redditi disponibili e le somme impiegate per gli acquisti e per il mantenimento della famiglia; sproporzione quantificata, tra il 2006 e il 2021, in 1.036.676 euro e ritenuta indicativa, anche in ragione della disponibilità di un ‘ autovettura di lusso (la Porche Macan tg. CODICE_FISCALE), del fatto che Defina, quantomeno dal febbraio 2014 al 2022, anno in cui la RAGIONE_SOCIALE risultava ancora operativa, vivesse dei proventi di attività illecite. Questi ultimi sono stati individuati nelle utilità tratte dal delitto previsto dall ‘ art. 512bis cod. pen. nonché dalle condotte distrattive commesse, continuativamente, ai danni della RAGIONE_SOCIALE , dichiarata fallita in data 7 novembre 2018, di cui egli era amministratore di fatto; distrazioni cui aveva concorso, pur essendo stata la sua posizione archiviata, unitamente a NOME COGNOME e NOME COGNOME ritenuti responsabili del delitto di bancarotta con sentenza di applicazione della pena emessa dal Giudice dell ‘ udienza preliminare del Tribunale di Torino il 21 novembre 2023, irrevocabile il 10 gennaio 2023.
Quanto alla durata della misura personale, l ‘ attualità della pericolosità di COGNOME ha indotto i Giudici di merito a disporre l ‘ adozione di misure efficaci ad arginarla e
contenerla per il periodo di 3 anni, ritenuto idoneo a garantire un adeguato presidio sul proposto e a contenerne la tendenza alla commissione di illeciti.
Quanto alla confisca, essa ha riguardato soltanto i beni riconducibili a COGNOME a partire dal febbraio 2014, atteso che quelli acquistati in data anteriore non rientravano nella perimetrazione della sua pericolosità. Quanto alla disponibilità in capo al proposto dei beni confiscati, essa è stata confermata anche in relazione all ‘ immobile intestato ad NOME COGNOME, sito in Moncalieri, INDIRIZZO ponendosi in luce che già il precedente proprietario dell ‘ immobile, NOME COGNOME, nel 2005 aveva funto da simulato acquirente del bene dietro la corresponsione di 1.000 euro, mentre COGNOME era il reale proprietario che si occupava di tutto; che NOME COGNOME, inquilina dell ‘ immobile, aveva confermato di non aver mai conosciuto COGNOME e che, nel 2017, per le questioni relative all ‘ appartamento era solita rivolgersi a COGNOME, che conosceva come il reale proprietario; che NOME COGNOME, amministratrice del condominio, aveva confermato di non aver mai conosciuto NOME e di sapere che, dal 2006, l ‘ immobile era stato acquistato da COGNOME, cui aveva sempre inoltrato i consuntivi delle spese; che dalle intercettazioni in atti emergeva come COGNOME, con il supporto di COGNOME, avesse gestito alcune problematiche relative all ‘ amministrazione dell ‘ immobile abitato da NOME COGNOME, registrata come «Affittuaria NOME» sul cellulare di COGNOME.
3. Il ricorso proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME.
3.1. Infondato è il primo motivo, con il quale la Difesa di COGNOME ha dedotto la violazione dell ‘ art. 521 cod. proc. pen. e degli artt. 24 e 111 Cost. in ragione della asserita non corrispondenza tra chiesto e pronunciato e della violazione del principio del contraddittorio e, con esso, del diritto di difesa.
3.1.1. Va premesso che, come correttamente ricordato dal decreto impugnato, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che, nel procedimento di prevenzione, non si configura una violazione del principio di correlazione tra contestazione e decisione qualora il provvedimento applicativo della misura ritenga sussistente una categoria di pericolosità diversa da quella indicata nella proposta, nell ‘ esercizio di un potere generale che spetta ad ogni giudice procedente. Nondimeno, esso deve essere esercitato previa interlocuzione delle parti sulle questioni dedotte o deducibili collegate alla proposta, in modo da escludere qualsivoglia violazione del contraddittorio (Sez. 6, n. 43446, n. 15/06/2017, COGNOME, Rv. 271220 – 01; Sez. 6, n. 26820 del 07/06/2012, COGNOME, Rv. 253116 – 01; Sez. 6, n. 45815 del 29/10/2008, COGNOME, Rv. 242005 – 01) e la nuova definizione giuridica deve essere fondata sui medesimi elementi di fatto posti a fondamento della proposta originaria (così Sez. 5, n. 28695 del 19/05/2022, Priolo, Rv. 283542 – 01; Sez. 1, n. 8038 del 5/02/2019, COGNOME, Rv. 274915 – 01; Sez.1, n. 32032 del 10/06/2013, COGNOME, Rv. 256451 -01;
Sez. 2, n. 28638 del 06/03/2008, COGNOME, Rv. 240611 – 01; Sez. 1, n. 25701 del 28/06/2006, Arena Rv. 234847 – 01). In particolare, nel caso in cui l ‘ ablazione, richiesta per la pericolosità qualificata del proposto ai sensi dell ‘ art. 4, comma 1, lett. a ), d.lgs. 6 settembre 2011, sia disposta per la sua pericolosità generica ex art. 1, lett. b ), stesso decreto, deve essere stato assicurato alla difesa un contraddittorio effettivo in merito all ‘ abitualità della commissione di delitti idonei a produrre profitti tali da aver costituito il reddito esclusivo, o comunque significativamente rilevante, del proposto, nonché in merito alla perimetrazione temporale della pericolosità, alla riconducibilità degli acquisti a tale periodo e alla commissione di reati che siano stati fonte di profitti in quantità ragionevolmente congruente rispetto al valore dei beni che si intendono confiscare (Sez. 6, n. 29157 del 12/04/2023, Valenti, Rv. 285039 -01).
3.1.2. Tanto osservato, rileva il Collegio che i Giudici di merito hanno escluso la violazione prospettata in ricorso sul rilievo che gli atti all’uopo utilizzati dal Tribunale fossero presenti nel fascicolo di prevenzione sin dall ‘ origine, che la Difesa del proposto fosse stata sollecitata sul punto e che, in sede di discussione, essa avesse espressamente interloquito in ordine al mutato profilo di pericolosità, negandone, nel merito, la sussistenza; e, inoltre, che la stessa Difesa, con il ricorso in appello, non avesse chiesto la rinnovazione istruttoria per difendersi dalla mutata contestazione, a dimostrazione del fatto che i presupposti rilevanti, dal punto di vista fattuale, per la decisione, fossero presenti in atti.
3.1.2. Secondo quando dedotto in ricorso, tuttavia, stante la diversità dei presupposti tra l ‘ ipotesi di pericolosità qualificata delineata dalla lett. a ) dell ‘ art. 4 e quella di cui alla lett. b ) dell ‘ art. 1, non sarebbe stato dimostrato che la nuova definizione giuridica fosse stata fondata sui medesimi elementi fattuali posti a fondamento della prima proposta; né che la Difesa fosse stata posta nella condizione di ricavare, dagli atti a sua disposizione e dal tenore della proposta, la necessità di interloquire su un profilo di pericolosità diverso da quello ab origine attribuito a COGNOME, indicato solo in sede di requisitoria del Pubblico ministero, il quale non avrebbe stimolato tempestivamente le parti al contraddittorio onde consentire alla Difesa di interloquire, in particolare, sulla non lucrogenicità delle condotte illecite ascritte al proposto, in specie per quanto concerne il delitto di cui all ‘ art. 512bis cod. pen., non autonomamente produttivo di reddito illecito.
3.1.3. Tale prospettazione si scontra, tuttavia, con quanto riportato nel provvedimento impugnato, secondo cui gli elementi fattuali valorizzati ai fini del giudizio di pericolosità qualificata di cui alla lett. b ) dell ‘ art. 4 e di pericolosità generica di cui alla lett. b ) dell ‘ art. 1, erano già presenti a corredo della originaria richiesta del Pubblico ministero, tanto è vero che la prima di quelle due fattispecie di pericolosità era già stata menzionata nell ‘ originario decreto di sequestro e che le intestazioni fittizie valorizzate per il giudizio di pericolosità generica erano quelle
contestate nel proc. pen. 3949/2015 RGNR (capi I e L, già capi 7 e 8) e relative alle quote sociali, formalmente attribuite a Priamo RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (costituita nel 2013), nonché agli immobili ove aveva sede l ‘ officina, intestati alla madre di Primerano: intestazioni cui si riferivano gli atti utilizzati dal Tribunale per la decisione e presenti nel fascicolo di prevenzione sin dall ‘ origine. E la contraria deduzione della Difesa non ha portato specifici elementi a confutazione del relativo assunto, contraddetto solo genericamente attraverso l ‘ apodittica negazione di quanto attestato dal decreto impugnato.
Del pari, quanto alla concreta possibilità di esercitare le facoltà difensive contraddicendo quanto offerto dall ‘ Accusa alla valutazione del Tribunale, la lettura del provvedimento di primo grado consente di riscontrare che COGNOME aveva effettivamente interloquito, cercando di confutarle nel merito, sulle conclusioni del Pubblico ministero all ‘ udienza del 24 aprile 2024, fondate, come detto, sulla stessa piattaforma probatoria già dedotta nel corso del giudizio di prevenzione; mentre il decreto di secondo grado ha evidenziato come la Difesa, con il ricorso in appello, non avesse formulato richieste di rinnovazione istruttoria volte a difendersi dalla mutata contestazione, a riprova che gli elementi di fatto utili per la decisione sul punto fossero presenti in atti e come, rispetto ad essi, la Difesa fosse stata nelle condizioni di prendere posizione. In questo senso, la tesi difensiva esposta nell ‘ odierno ricorso, secondo cui si sarebbe comunque consumata la sottrazione di un grado di merito, appare manifestamente infondata alla luce del dato, prima ricordato, che già in primo grado vi era stata la possibilità di un ‘ adeguata difesa.
3.2. Fondato è, invece, il secondo motivo con cui il ricorso deduce il vizio di violazione di legge quanto alla ritenuta pericolosità qualificata ex art. 4, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011, nonché quanto alla categoria di pericolosità generica di cui all ‘ art. 1, lett. b ), d.lgs. 159 del 2011.
Come già osservato, i Giudici di merito hanno fondato l ‘ applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di NOME su un doppio giudizio di pericolosità: da un lato, sulla fattispecie di pericolosità qualificata delineata dall ‘ art. 4, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011; e, dall ‘ altro lato, sull ‘ ipotesi di pericolosità generica di cui all ‘ art. 1, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011, richiamato dalla lett. c ) del medesimo art. 4. Mentre la prima ipotesi ricorre, per quanto qui di interesse, nel caso di «soggetti indiziati (…) del delitto di cui all ‘ articolo 12quinquies , comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356» (oggi sostituito dal delitto previsto dall ‘ art. 512bis cod. pen.), la seconda fattispecie concerne, invece, «coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose».
3.2.1. Muovendo, per ragioni di logica espositiva, dalla seconda delle due fattispecie di pericolosità, va ricordato che, sulla scia della sentenza n. 24/2019
della Corte costituzionale, la verifica della pericolosità generica prevista dall ‘ art. 1, comma 1, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011, deve passare attraverso l ‘ accertamento di specifici elementi di fatto dai quali desumere che si sia al cospetto di delitti commessi abitualmente dal soggetto, che abbiano effettivamente generato profitti in capo a costui e che costituiscano – o abbiano costituito in una data epoca l ‘ unico reddito o una componente significativa del reddito del soggetto ( ex plurimis Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280145 – 03; Sez. 2, n. 27263 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 275827; Sez. 6, n. 21513 del 09/04/2019, COGNOME, Rv. 275737; Sez. 1, n. 27696 del 01/04/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275888). Nel declinare tali requisiti di fattispecie la giurisprudenza ha precisato che essendo necessaria la commissione di delitti, non è sufficiente la realizzazione di un qualsiasi illecito (Sez. 1, n. 43826 del 19/04/2018, R., Rv. 273976 – 01; Sez. 2, n. 16348 del 23/03/2012, Crea, Rv. 252240 – 01), dovendo quindi escludersi, ad esempio, che «il mero status di evasore fiscale» sia sufficiente a consentire l ‘ applicazione della misura (Sez. 5, n. 6067 del 6/12/2016, dep. 2017, Malara, 269026 – 01; Sez. 6, n. 53003 del 21/09/2017, COGNOME, Rv. 272267 – 01); e, inoltre, che la nozione «abitualità» postula una «realizzazione di attività delittuose non episodica, ma almeno caratterizzante un significativo intervallo temporale della vita del proposto» (Sez. 1, n. 31209 del 24/03/2015, COGNOME, in motivazione), in modo che si possa «attribuire al proposto una pluralità di condotte passate» (Sez. 1, n. 349 del 15/06/2017, dep. 2018, Bosco, in motivazione), tanto da connotarne «in modo significativo lo stile di vita» (Sez. 2, n. 11846 del 19/01/2018, COGNOME, in motivazione). Quanto, poi, al riferimento ai «proventi» delle attività delittuose, esso è stato interpretato nel senso di richiedere che dalla realizzazione di tali attività sia scaturita un ‘ effettiva produzione di profitti illeciti (così Sez. 1, n. 31209 del 24/03/2015, COGNOME, in motivazione). Infine, il riferimento agli «elementi di fatto» su cui l ‘ applicazione della misura deve basarsi è stato interpretato nel senso che non siano sufficienti meri indizi, come avviene, come si dirà appresso (v. infra § 3.3), ai fini dell ‘ individuazione delle categorie di pericolosità qualificata previste dall ‘ art. 4, d.lgs. n. 159 del 2011 (v. Sez. 1, n. 43826 del 19/04/2018, R., in motivazione; Sez. 6, n. 53003 del 21/09/2017, COGNOME, in motivazione). Pertanto, ai fini del giudizio di pericolosità generica occorrerà un pregresso accertamento in sede penale, costituito da una sentenza di condanna o anche da una sentenza di proscioglimento per prescrizione, amnistia o indulto che però contenga, in motivazione, un accertamento della sussistenza del fatto e della sua commissione da parte del proposto (così Sez. 2, n. 11846 del 19/01/2018, COGNOME, Rv. 272496 – 01; Sez. 6, n. 53003 del 21/09/2017, COGNOME, Rv. 272266 – 01; Sez. 1, n. 31209 del 24/03/2015, COGNOME, Rv. 264320 – 01). Viceversa, l ‘ esistenza di una sentenza di proscioglimento nel merito per un determinato
delitto impedisce che esso possa essere assunto a fondamento della misura (Sez. 5, n. 182 del 30/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280145 – 01; Sez. 5, n. 48090 del 08/10/2019, COGNOME, Rv. 277908 – 01; Sez. 2, n. 11846 del 19/01/2018, COGNOME, Rv. 272496 – 01). Infatti, pur riconoscendosi l ‘ autonomia tra il procedimento penale e quello di prevenzione, il principio di non contraddizione dell ‘ ordinamento e della presunzione di innocenza come interpretata dalla Corte EDU fa sì che l ‘ inesistenza di un determinato fatto, accertata con provvedimento irrevocabile, impedisca di assumerlo come elemento di fatto rilevante ai fini del giudizio di pericolosità (Sez. 6, n. 45280 del 30/10/2024, COGNOME, Rv. 287312 – 01). Diversa da tale ipotesi, in cui è la stessa esistenza del fatto ad essere stata esclusa, è quella in cui il proscioglimento consegua alla insussistenza del delitto, di cui non ricorrano tutti i requisiti di fattispecie: in tal caso, infatti, un indirizzo giurisprudenziale che si va consolidando ritiene che il principio di autonomia tra il procedimento penale e quello di prevenzione faccia sì che la pericolosità generica del proposto possa essere affermata anche in presenza di una sentenza di assoluzione ai sensi dell ‘ art. 530, comma 2, cod. proc. pen., a condizione che risultino delineati, con sufficiente chiarezza, quei fatti che, pur ritenuti non sufficienti – nel merito o per preclusioni processuali – per una condanna penale, ben possono essere posti alla base di un giudizio di pericolosità (Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, COGNOME, Rv. 284488 – 01; Sez. 2, n. 4191 del 11/01/2022, COGNOME, Rv. 282655 – 01; Sez. 2, n. 33533 del 25/06/2021, Avorio, Rv. 281862 – 01; Sez. 2, n. 31549 del 06/06/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 277225 – 05; Sez. 2, n. 19880 del 29/03/2019, COGNOME, Rv. 276917 – 01).
3.2.1.1. Alla luce dell ‘ esposizione che precede, dunque, nel giudizio di prevenzione relativo alla pericolosità generica ex art. 1, lett. b ), d.lgs. n .159 del 2011 devono essere oggetto di accertamento dei «fatti», la cui esistenza non sia stata negata nel giudizio di cognizione, i quali devono essere sussumibili in una o più fattispecie delittuose di cui devono essere presenti tutti gli elementi costitutivi. Inoltre, dette fattispecie devono avere prodotto redditi illeciti dai quali il soggetto tragga sostentamento o che costituiscano una componente significativa del suo reddito.
Nel caso qui esaminato, i Giudici di primo grado avevano ritenuto integrata la fattispecie di pericolosità generica innanzitutto attraverso il richiamo a una pluralità di elementi di fatto, quali: le condanne del proposto per tentato omicidio e detenzione illegale di armi, commessi nel 1982, nonché per tentata estorsione, commessa nel 2003; e, ancora, l ‘ arresto, nel 1993, per associazione mafiosa e la segnalazione, nel 2007, per il medesimo reato, oltre che, in data 2 luglio 2008, per un ‘ estorsione; e, infine, l ‘ assunzione della qualità di indagato, nel 1996, per il delitto previsto dall ‘ art. 74, d.P.R. n. 309 del 1990 e, nel 2012, per quello di cui all ‘ art. 416bis cod. pen. Tali vicende, peraltro, erano state richiamate dal primo
provvedimento senza indicare, per ciascuna di esse, il relativo esito processuale, laddove, come evidenziato nel ricorso in appello proposto nell ‘ interesse di COGNOME in quasi tutti i casi tale esito era stato ampiamente liberatorio (essendo stato egli assolto dall ‘ accusa di associazione di tipo mafioso o non essendo stata esercitata l ‘ azione penale nei suoi confronti in relazione a tale reato nel procedimento cd. ‘Uova di drago’; ed essendo stato egli assolto in relazione al delitto di estorsione in concorso); e, soprattutto, il Tribunale non aveva indicato quali proventi illeciti fossero stati prodotti dai reati prima richiamati, che come dedotto, ancora una volta, nel ricorso in appello, non avevano carattere lucrogenetico (come nel caso del tentato omicidio, delle condotte di inosservanza delle norme in materia edilizia, del reato di tentata estorsione, ovviamente non produttivo di reddito in quanto non consumato). Nondimeno, già il primo provvedimento aveva evidenziato una serie di condotte di intestazione fittizia di beni commesse da NOME sin dal 2013, comprovanti «una pluridecennale ininterrotta gestione di attività economiche», le quali avevano prodotto «proven ti sottratti all’imposizione fiscale». In particol are, il Tribunale aveva riferito come, nel luglio 2013, fosse stata costituita la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Alessandro (poi denominata, nel 2014, RAGIONE_SOCIALE Priamo RAGIONE_SOCIALE ), di cui COGNOME, sulla base di alcune intercettazioni telefoniche, appariva il reale dominus , gestendo l’azienda e redarguendo NOME COGNOME, dipendente della società, per le difficoltà nel corrispondere gli stipendi. La società aveva, inoltre, acquistato alcune unità immobiliari, vendute solo fittiziamente a NOME COGNOME, madre di NOME COGNOME. Inoltre, sempre dalle intercettazioni di conversazioni telefoniche era emerso il ruolo di COGNOME, che aveva operato per condurre al fallimento la RAGIONE_SOCIALE di Priamo Orlando vendendone le autovetture per ottenere utili necessari alla costituzione della RAGIONE_SOCIALE , avvenuta in data 28 giugno 2017, di cui lo stesso COGNOME era ritenuto il responsabile e ove operava NOME COGNOME a sua volta fittizio intestatario di beni immobili riferibili al proposto.
3.2.1.2. Rispondendo alle censure difensive dedotte con l’atto di appello, la Corte territoriale ha operato una ‘rilett ura ‘ del primo provvedimento, mettendo da parte gli episodi non accertati in sede giudiziaria e le condotte non produttive di reddito e, soprattutto, affermando che il Tribunale aveva posto a fondamento del giudizio di pericolosità generica ex art. 1, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011 le vicende dell ‘ intestazione fittizia relativa alla RAGIONE_SOCIALE di Lucisano Alessandro .
Ne dettaglio, il decreto di secondo grado ha evidenziato i plurimi elementi indicativi della sussistenza del fatto materiale tipico del delitto previsto dall’art. 512bis cod. pen. Infatti, dalle intercettazioni acquisite nel procedimento conclusosi con la declaratoria di estinzione per prescrizione era emerso che il dominus della società era proprio COGNOME il quale, pur non rivestendo formalmente alcuna posizione, prendeva decisioni relative alla gestione dell ‘ azienda (ovvero se
e come prelevare somme societarie dal conto corrente aziendale e dove custodirle, dando disposizioni in merito a quali spese dovessero avere la priorità e quali potessero essere tralasciate, facendo uso di denaro aziendale per spese personali, redarguendo NOME COGNOME, dipendente della società, per le condizioni di difficoltà della carrozzeria nel corrispondere gli stipendi, lamentandosi di tale situazione con la moglie e affermando che non poteva stare al lungo in Calabria, in quanto era necessaria la sua presenza a Vinovo, avvalendosi dell ‘ intermediazione di Primerano per concedere a NOME COGNOME l ‘ uso di alcune autovetture di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e destinate a ll’ impiego come veicoli sostitutivi, dimostrando di disporre a suo piacimento dei beni aziendali; e, ancora, risultando spesso presente presso i locali aziendali e addirittura vivendo nei locali abitativi pertinenziali dell ‘ azienda, ove era stato reperito all ‘ atto dell ‘ esecuzione dell ‘ ordinanza cautelare a suo carico). Così come è stata ritenuta accertata, in assenza di espresse contestazioni difensive, la fittizia intestazione alla madre di Primerano degli immobili in cui aveva sede l ‘ officina, dopo averli fatti acquistare e rivendere, in perdita, dalla stessa società. Inoltre, altrettanto pacifica è stata ritenuta la continuità tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE , aventi la medesima sede, il medesimo oggetto sociale, il medesimo personale ed essendo emerso il costante interessamento di COGNOME per le vicende societarie, compresa la necessità di inserire al suo interno dei ‘prestanome’.
Quanto all ‘ elemento soggettivo del delitto in parola, il decreto ha affermato che l ‘ intestazione fittizia posta in essere da COGNOME non poteva avere altro scopo che quello di sottrarre i beni aziendali a misure di prevenzione patrimoniale, avuto riguardo al curriculum criminale del proposto e alla notevole sproporzione patrimoniale tra entrate lecite e tenore di vita.
Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto che l ‘ intestazione fittizia e l ‘ esercizio di fatto delle attività imprenditoriali della società abbiano garantito a COGNOME, reale dominus della società, degli introiti grazie ai quali mantenersi e trarre sostentamento per sé e per i suoi familiari.
Il provvedimento impugnato ha, poi, ritenuto che al delitto previsto dall ‘ art. 512bis cod. pen. si affiancassero plurime condotte distrattive ai danni della RAGIONE_SOCIALE , fallita il 7 novembre 2018, atteso che, quale amministratore di fatto della stessa e quale beneficiario di parte delle somme distratte, COGNOME aveva concorso nella commissione dei fatti di bancarotta per cui erano stati condannati, nel proc. pen. 381/2019 RGNR, NOME COGNOME e NOME COGNOME con sentenza di applicazione pena del Giudice dell ‘ udienza preliminare del Tribunale di Torino in data 21 novembre 2023, irrevocabile il 10 gennaio 2023.
3.2.1.3. Tanto premesso osserva il Collegio che la motivazione del provvedimento impugnato, nella parte relativa all’ individuazione del nucleo fondante del giudizio di pericolosità generica, si rivela apparente.
La Corte di appello, a fronte delle censure difensive contenute nell ‘ impugnazione, non ha individuato con chiarezza quali siano le attività delittuose da cui sarebbero derivati i proventi a loro volta utilizzati per l ‘ acquisto dei beni confiscati, facendo riferimento, di volta in volta, alle condotte di fittizia intestazione delle quote della RAGIONE_SOCIALE e delle società ad essa succedute, agli illeciti tributari che sarebbero stati consumati a seguito della mancata dichiarazione, da parte di COGNOME, degli utili derivanti dallo svolgimento delle attività economiche delle medesime società e, infine, alle condotte distrattive commesse da COGNOME nell ‘ ambito delle vicende che portarono al fallimento della RAGIONE_SOCIALE e che consentirebbero di configurare, a suo carico e ad onta del provvedimento di archiviazione, una penale responsabilità, che la Corte di appello parrebbe aver ricavato, in virtù dell ‘ autonomia del procedimento di prevenzione, dagli atti del giudizio di cognizione conclusosi con la sentenza di applicazione della pena emessa nei confronti di NOME e di NOME COGNOME.
Ora, quanto ai reati tributari, il provvedimento impugnato omette del tutto di riportare gli elementi costitutivi delle ritenute violazioni fiscali, non specificando quali fattispecie delittuose siano state integrate, né le relative condotte, né gli ulteriori elementi del fatto tipico relativi, in particolare, alle soglie di rilevanza penale, né i dati che consentono di collocare tali illeciti sul piano spazio-temporale.
Quanto, invece, alle condotte distrattive rilevanti ai sensi degli artt. 216, comma 1, n. 1, 222, 219 legge fall., premessa la già ricordata archiviazione della posizione di COGNOME, il decreto impugnato si è limitato a riportare i capi di imputazione relativi agli altri imputati e a ricordare il ruolo di dominus della società del proposto per inferirne, senza ulteriormente argomentare, la riferibilità allo stesso COGNOME di tutte le condotte contestate; e ciò senza spiegare quale autonoma valutazione del materiale probatorio acquisito nel procedimento di cognizione sia stato compiuto, sì da incorrere in una sostanziale mancanza di motivazione.
Del pari, quanto al delitto previsto dall ‘ art. 512bis cod. pen., deve rilevarsi la mancanza di motivazione in relazione alla configurabilità dell ‘ elemento soggettivo del delitto in parola. Ai fini dell ‘ integrazione della fattispecie de qua è, infatti, necessario che l ‘ agente abbia realizzato l ‘ attività di interposizione fittizia «al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure prevenzione patrimoniali o di contrabbando». Tale ipotesi di dolo specifico deve essere oggetto di accertamento al pari di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa produttiva dei proventi illeciti, della cui ricorrenza il giudice deve dare conto in motivazione (Sez. 1, n. 31209 del 24/03/2015, COGNOME, Rv. 264320 – 01); fermo restando, in ogni caso, che il delitto in parola, diversamente da quanto pare opinare la Difesa, può essere commesso anche da chi non sia ancora sottoposto a misure di prevenzione patrimoniali e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato, occorrendo solo, ai fini della configurabilità del dolo specifico, che
l ‘ interessato possa fondatamente presumere l ‘ avvio del procedimento (Sez. 5, n. 1886 del 07/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282645 – 01).
Nel caso di specie, tuttavia, l ‘ elemento soggettivo è stato affermato sulla base di un ragionamento circolare e, comunque, apparente, posto che il decreto impugnato ha fatto generico riferimento al curriculum criminale del proposto senza confrontarsi con le deduzioni difensive che ponevano in luce, per gran parte degli episodi in cui COGNOME era stato coinvolto, la sua assoluzione o comunque, al di là della dichiarazione di responsabilità, il mancato accertamento dell ‘ esistenza dei reati e della loro riferibilità al proposto; e, dunque, senza chiarire di quali misure di prevenzione egli potesse astrattamente essere destinatario, onde inferirne, sul piano logico, che ad esse egli avesse inteso sottrarsi attraverso la cennata attività di fittizia intestazione, non potendo dette misure disporsi soltanto in ragione della sproporzione tra i redditi accertati e i beni nella disponibilità dell’effettivo titolare .
3.2.2. Le considerazioni appena svolte devono essere ribadite anche con riferimento alla ritenuta pericolosità qualificata ai sensi dell ‘ art. 4, lett. b ), d.lgs. n. 159 del 2011, anch ‘ essa fondata sul delitto previsto dall ‘ art. 512bis cod. pen. in relazione all ‘ intestazione fittizia delle quote della RAGIONE_SOCIALE
Sul punto, va innanzitutto osservato che, facendo riferimento la norma anzidetta ai «soggetti indiziati», non sia necessario, ai fini del giudizio di pericolosità qualificata, un accertamento di responsabilità con sentenza passata in giudicato, fermo restando che, anche in questo caso, quando detta responsabilità sia stata, definitivamente, esclusa per non avere l ‘ imputato commesso il fatto o per l ‘ insussistenza del medesimo, la fattispecie in parola non possa ritenersi integrata, trovando in tali casi un limite il principio, altrimenti applicabile, della cd. autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello di cognizione. Quando, poi, come nel caso di specie, nel giudizio di cognizione non vi sia stato un accertamento di responsabilità e, tuttavia, non sussistendo le condizioni per una assoluzione nel merito, l ‘ imputato sia stato prosciolto per essersi il reato estinto per prescrizione, l ‘ autonomia valutativa del giudizio di prevenzione si esplica in tutta la sua pienezza. Ciò significa, da un lato, che il materiale processuale oggetto del giudizio di cognizione e le ulteriori acquisizioni istruttorie del giudizio di prevenzione sono liberamente valutabili; e, dall ‘ altro lato, che sul giudice incombe uno specifico obbligo motivazionale consistente nell ‘ articolare una puntuale esplicitazione degli elementi che consentano di ritenere l ‘ esistenza di indizi circa la riferibilità del ‘reato spia’ al proposto, non potendo il provvedimento limitarsi a un pedissequo e acritico rinvio alla pronuncia emessa in sede di cognizione. Detta valutazione è stata certamente compiuta con riferimento all’elemento materiale del delitto di cui all’art. 512 -bis cod. pen., avendo il decreto impugnato puntualmente declinato gli elementi di fatto indicativi della fittizia intestazione. E, tuttavia, esso non ha spiegato, se non in maniera apparente, per quale motivo dovesse ritenersi
sussistente il peculiare elemento soggettivo della fattispecie de qua . Il riferimento ai «soggetti indiziati» del delitto in parola non significa, infatti, che debbano esserci meri indizi dell’esistenza del medesimo, quanto che essi debbano ricorrere in relazione alla riferibilità del delitto alla persona del proposto. Tuttavia, nel caso di specie, come già osservato, il provvedimento non ha indicato, se non in maniera vaga e, dunque, apparente, quali concreti elementi, ovviamente diversi dalla configurabilità della fittizia intestazione di beni, avrebbero potuto far ipotizzare a COGNOME la futura sottoposizione a misure di prevenzione, tali da indurlo, appunto, a intestare fittiziamente la quota delle società nella sua effettiva disponibilità.
3.3. Dall ‘ accoglimento del secondo motivo consegue, sul piano logico, che devono ritenersi assorbiti sia il quarto motivo, concernente la durata della misura personale, sia il terzo, con il quale erano stati dedotti il vizio di violazione di legge e la mancanza di motivazione quanto al mancato dissequestro del deposito a risparmio n. NUMERO_DOCUMENTO acceso il 10 luglio 2010 presso le Poste Italiane di Sant ‘ Onofrio e intestato a NOME COGNOME. Dall ‘ assorbimento del motivo consegue che la eventuale successiva riproposizione delle relative questioni non potrà ritenersi preclusa, segnalandosi, sin d ‘ ora, che il decreto impugnato non aveva reso alcuna motivazione delle ragioni della conferma della confisca di tale bene, peraltro oggettivamente in contraddizione con la revoca della confisca dei beni acquistati in data antecedente al 6 febbraio 2014.
Il ricorso proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME.
4.1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato, proposto per vizio diverso dalla violazione di legge e, in ogni caso, del tutto aspecifico.
4.2. Il ricorso deduce che COGNOME, adempiendo all ‘ onere di allegazione richiesto dalla giurisprudenza, avrebbe dimostrato di avere acquistato l ‘ immobile partecipando a un ‘ asta pubblica, avviata dalla banca poiché COGNOME non aveva pagato i canoni di mutuo, sicché ove l ‘ alloggio fosse stato nella disponibilità di COGNOME, costui non avrebbe avuto ragione di far sì che venisse venduto all ‘ asta per farlo ricomprare da un soggetto compiacente. Quanto alle dichiarazioni della conduttrice dell ‘ alloggio e dell ‘ amministratrice del condominio, il fatto che il proposto fosse proprietario di altri alloggi nel medesimo complesso avrebbe tratto in inganno le dichiaranti, che mai sarebbero state sentite in contraddittorio. Inoltre, le informazioni di polizia poste a fondamento della ritenuta disponibilità del bene in capo al proposto si limiterebbero a osservare come egli si sia prestato ad attività in favore di NOMECOGNOME con cui avrebbe avuto rapporti personali di vecchia data, senza che però la Corte territoriale abbia risposto all ‘ osservazione difensiva secondo cui COGNOME non avrebbe dovuto ricorrere a un intestatario fittizio solo per un singolo alloggio, tenuto conto che, nello stesso stabile, egli aveva altri alloggi. Irrilevanti sarebbero le circostanze che COGNOME avesse aiutato COGNOME
a ottenere il mutuo, che avesse aperto la porta al perito della Banca o che avesse il numero dell ‘ inquilina sul cellulare, posto che la disponibilità effettiva dell ‘ immobile faceva capo a Marcuccio, il quale avrebbe venduto personalmente anche l ‘ altro alloggio, inizialmente confiscato, all ‘ uopo svolgendo ogni incombente.
4.3. Osserva il Collegio che COGNOME ribadisce di essere titolare dell ‘ immobile oggetto di confisca a partire dalle medesime considerazioni già poste a fondamento dell ‘ appello e senza confrontarsi, in alcun modo, con gli elementi di fatto posti a base del provvedimento impugnato e con le argomentazioni ivi svolte, in particolare a pag. 14, cui la Difesa oppone la propria ricostruzione e interpretazione dei fatti. In questo modo, nondimeno, il ricorso finisce per dedurre un motivo non consentito, atteso che, per un verso, il ricorso per cassazione è ammesso, in materia di misure di prevenzione, soltanto per violazione di legge e che, per altro verso, le censure dedotte finiscono per proporre non consentiti vizi di motivazione, considerando che le specifiche argomentazioni della decisione non possono certo essere considerate apparenti né tantomeno inesistenti.
5. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell ‘ inammissibilità medesima consegue, a norma dell ‘ art. 616 cod. proc. pen., l ‘ onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro. Il ricorso proposto nell ‘ interesse di NOME COGNOME invece, deve essere accolto, sicché il decreto impugnato deve essere annullato nei suoi confronti, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Annulla il provvedimento impugnato nei confronti di NOME COGNOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Torino.
Così deciso in data 8 luglio 2025