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Pericolosità generica: la Cassazione annulla confisca

La Corte di Cassazione ha annullato un provvedimento di confisca di beni immobili, rilevando un vizio di motivazione nella valutazione della pericolosità generica del proposto. La Corte ha stabilito che non è sufficiente un mero rinvio a giudizio per giustificare una misura così grave, ma è necessaria un’analisi specifica e puntuale dei fatti che dimostrino l’abitualità a vivere di proventi illeciti. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo esame che rispetti i rigorosi standard di prova richiesti.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Generica: Quando la Motivazione non Basta per la Confisca

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione patrimoniale: la valutazione della pericolosità generica di un soggetto non può basarsi su mere enunciazioni o rinvii a procedimenti penali, ma richiede una motivazione solida, specifica e ancorata a fatti concreti. Con la sentenza in esame, i giudici hanno annullato un decreto di confisca di beni immobili, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello ‘apparente’ e quindi illegittima. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I fatti del caso: la confisca patrimoniale

Il caso trae origine da un decreto del Tribunale che disponeva la confisca di alcuni beni immobili nei confronti di un soggetto, ritenuto socialmente pericoloso, e dei suoi familiari conviventi. La misura era stata confermata dalla Corte d’Appello. Gli interessati hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i vari motivi, un’errata e insufficiente valutazione della pericolosità generica, presupposto indispensabile per l’applicazione della misura patrimoniale.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa ha sostenuto che la motivazione della Corte territoriale fosse viziata. In particolare, il giudizio sulla pericolosità del proposto si fondava essenzialmente sul suo rinvio a giudizio per reati come associazione a delinquere finalizzata a furto, ricettazione e riciclaggio, senza però entrare nel merito dei fatti specifici. I ricorrenti hanno evidenziato come mancasse un’analisi concreta delle condotte che avrebbero generato i profitti illeciti, rendendo la motivazione del tutto generica e non aderente ai rigorosi standard richiesti dalla legge e dalla giurisprudenza, anche europea.

L’importanza della motivazione sulla pericolosità generica

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato proprio sul profilo della carenza di motivazione. I giudici hanno chiarito che, per legittimare una misura di prevenzione basata sulla pericolosità generica ai sensi del D.Lgs. 159/2011, non è sufficiente indicare l’esistenza di un procedimento penale. È invece necessario che il giudice di merito analizzi in modo puntuale gli elementi di fatto.

La motivazione deve dimostrare tre requisiti fondamentali:
1. Abitualità: I delitti devono essere commessi in un arco temporale significativo.
2. Lucrosità: Le attività illecite devono aver generato profitti effettivi per il soggetto.
3. Fonte di reddito: Tali profitti devono costituire l’unica o, quantomeno, una rilevante fonte di reddito.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello si era limitata a menzionare il rinvio a giudizio, omettendo di specificare la tipologia dei reati contestati e, soprattutto, di enucleare gli elementi fattuali che avrebbero dovuto sostenere il giudizio di pericolosità. Questa mancanza ha reso la motivazione ‘apparente’, ovvero esistente solo in apparenza ma vuota di contenuto sostanziale.

Le motivazioni della decisione

La Suprema Corte ha richiamato principi consolidati, tra cui la sentenza n. 24/2019 della Corte Costituzionale e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (caso De Tommaso c. Italia), che impongono un elevato standard di legalità e precisione. Il giudizio di pericolosità deve fondarsi su ‘fatti specifici’ e non su ‘meri sospetti’. Anche quando il giudice della prevenzione valuta autonomamente fatti accertati in sede penale, è necessario che questi fatti siano individuati e indicati in modo specifico, non essendo sufficiente la mera enunciazione delle norme violate.
La Corte ha quindi stabilito che la decisione impugnata difettava completamente di questa analisi. La mancanza di una disamina dettagliata degli elementi di fatto idonei a corroborare il giudizio di pericolosità ha portato inevitabilmente all’annullamento del provvedimento.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito. La confisca di prevenzione è una misura estremamente incisiva che colpisce il diritto di proprietà. Proprio per questo, il suo presupposto, la pericolosità generica, deve essere accertato con il massimo rigore. Una motivazione che si limiti a fare riferimento a procedimenti penali in corso, senza un’autonoma e approfondita valutazione dei fatti storici, è illegittima. La decisione riafferma la centralità del principio di legalità e del diritto a una decisione giudiziaria basata su prove concrete e non su presunzioni, tutelando così il cittadino da possibili abusi.

È sufficiente un rinvio a giudizio per dimostrare la pericolosità generica ai fini della confisca?
No. Secondo la sentenza, il mero rinvio a giudizio, senza un’adeguata argomentazione sui fatti specifici, non è sufficiente. La motivazione risulta ‘apparente’ se non analizza concretamente gli elementi fattuali alla base delle accuse.

Quali sono i requisiti per affermare la pericolosità generica di un soggetto?
La pericolosità generica richiede la prova di tre elementi: 1) che si tratti di delitti commessi abitualmente in un arco temporale significativo; 2) che abbiano effettivamente generato profitti; 3) che tali profitti costituiscano l’unica o una rilevante fonte di reddito per il soggetto. Il giudice deve fornire una motivazione dettagliata su questi punti.

Una sentenza di assoluzione per un reato specifico impedisce di valutare la pericolosità del proposto?
La sentenza chiarisce che il giudice della prevenzione può valutare autonomamente i fatti, anche in presenza di un’assoluzione, ma deve specificare con chiarezza e precisione quali fatti, pur non sufficienti per una condanna penale, siano posti a base del giudizio di pericolosità. Tuttavia, nel caso specifico di un’assoluzione per estorsione, la Corte ha precisato che tale vicenda non era stata considerata ‘determinante’ ai fini del giudizio di pericolosità, che andrà comunque interamente rivalutato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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