Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17920 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17920 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Misterbianco il 03/04/1956
COGNOME NOME nata a Misterbianco il 28/01/1961
NOME nata a Catania il 28/08/1978
NOMECOGNOME nato a Catania il 13/10/1980
COGNOME NOMECOGNOME nato a Catania il 14/05/1988
COGNOME NOME nato a Catania il 29/11/2002
NOME nata a Catania il 10/07/2002
COGNOME NOMECOGNOME nata a Catania il 15/05/1980
COGNOME nata a Misterbianco il 02/11/1942
COGNOME NOME nata a Catania il 05/01/1963
avverso il decreto del 13/01/2025 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il decreto in epigrafe la Corte di appello di Bologna, a seguito di gravame proposto dal proposto NOME COGNOME e dai terzi interessati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto emesso in data 8 maggio 2023 dal locale Tribunale con il quale è stata disposta la confisca di prevenzione su beni immobili, mobili registrati, quote societarie, rapporti bancari e finanziari intestati al proposto e ai terzi interessati come in atti indicati in relazione alla pericolosità generica di cui all’art. 1 lett. b) d leg.vo n. 159/2011 e qualificata di cui all’art. 4 lett. b) D. leg.vo n. 159/2011 riconosciuta in capo al proposto NOME COGNOME
Avverso il decreto hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo dei difensori e procuratori speciali, il proposto e i predetti terzi interessati deducendo con unico atto di ricorso i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, violazione di legge e mancanza della motivazione in relazione alla ritenuta pericolosità generica ai sensi dell’art. 1 lett. b) d. leg.vo n. 159/2011 per mancanza della abitualità e mancata individuazione dei proventi derivanti dagli asseriti traffici delittuosi e violazione dell’art. 4, comma 1, lett. a), d. leg.vo n. 159/2011.
La pericolosità generica, ritenuta in relazione al periodo dal 1991 a metà degli anni 2000, è stata ritenuta omettendo di motivare in ordine alla esistenza del presupposto che il proposto abbia vissuto abitualmente, anche in parte, dei proventi dell’attività delittuosa.
In particolare:
quanto ai delitti di usura ed estorsione dei primi anni ’90, non solo non sono sufficienti da soli a sorreggere un giudizio di pericolosità, essendo circoscritti nel tempo e risalenti, ma non risulta effettuata una valutazione dei proventi di tale attività;
quanto ai reati tributari, oggetto di declaratoria di prescrizione, manca la verifica dei concreti indizi delle ipotizzate violazioni e dell’ammontare dei tributi evasi quali ipotetiche fonti di reddito illecite, e non si tiene conto dell contestazione di tutti i reati a carico delle società, affermandosi apoditticamente
che la mera amministrazione di fatto ad opera del COGNOME costituisce indizio certo e concreto dell’utilizzo da parte di costui dei proventi delle evasioni fiscali;
quanto alla estorsione in danno di NOME COGNOME nonostante l’assoluzione perché il fatto non sussiste, i giudici di merito hanno proposto una rilettura di una condotta di minaccia in termini del tutto divergenti sul piano del significato, valorizzandola in chiave accusatoria, secondo criteri già giudicati incongrui nel processo penale, non individuando il provento della presunta attività illecita e la incidenza sui mezzi di sostentamento del proposto;
quanto alla tentata estorsione del 2007, erroneamente la Corte ritiene accertato il delitto di estorsione, trattandosi – invece – di tentativo che non ha prodotto alcun reddito illecito;
quanto alla indagine per traffico di stupefacenti (20042005), non risulta alcun elemento concreto di giudizio a carico del COGNOME, risultando sterilizzato ogni aspetto concernente la contestazione al predetto di rapporti con la criminalità organizzata;
quanto alla usura ed estorsione ai danni di NOME COGNOME (2005), manca qualsiasi motivazione sulla esistenza di elementi concreti su cui fondare il giudizio di pericolosità qualificata;
quanto al trasferimento fraudolento di valori, secondo una ipotesi espressa dal solo giudice della prevenzione, nulla consente di ritenere sussistente il dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, escludendo l’idoneità della condotta ipotizzata a conseguire un potenziale scopo elusivo delle misure di prevenzione il disposto dell’art. 26 del d. leg.vo n. 159/2011 e la mancanza di qualsiasi fondato timore in capo al Randone di essere destinatario di sequestro di prevenzione.
Quanto alla pericolosità qualificata la mera frequentazione o vicinanza di un soggetto a personaggi di caratura mafiosa, come quella ritenuta a carico del COGNOME, non integra il concetto di appartenenza alla consorteria.
2.2. Con il secondo motivo violazione degli artt. 1, 4, 16, 18 e 24 del d. leg. vo n. 159 del 2011 per mancanza della necessaria correlazione temporale tra la ritenuta pericolosità sociale e l’acquisizione dei beni confiscati.
Non può essere affermato un giudizio di pericolosità dal 1991 al 2015, senza soluzione di continuità, essendovi uno iato temporale tra i primi episodi del 1991/1994 e i reati tributari dei primi ani 2000 di ben sei anni e concentrandosi gli altri episodi tra il 200g e il 2007 e non essendosi tenuto conto dell’esito positivo della prova a seguito dell’ordine di esecuzione della pena inflittagli nel 2003.
Né il requisito della sproporzione, da solo, può giustificare l’ablazione dei beni del proposto, dovendo necessariamente correlarsi alla sua pericolosità sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Il ricorso di NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo è inammissibile perché genericamente proposto per ragioni non consentite rispetto alla motivazione resa dal provvedimento impugnato e tenuto conto dei noti limiti di ricorribilità.
Quanto ai delitti di estorsione ed usura dei primi anni 90 la censura è del tutto generica rispetto al rilievo di serialità e professionalità dell’aver agito ai danni nove commercianti e/o titolari di ditte artigiane nel ravennate e il tasso digl capacità intimidatoria (previa esecuzione di attentati incendiari).
Quanto ai reati tributari – commessi sino al 1996 (condanna) e quelli dal 2000 al 2005 – la censura è generica rispetto alla accertata evasione di imposte per centinaia di migliaia di euro per anno (complessivamente superiore a un milione di euro), associate sempre a delittitlichiarazione di redditi addebitati anche al proposto, trattandosi di società riferite alla esclusiva amministrazione di fatto da parte del proposto, alla cui vita hanno fatto seguito gli acquisti immobiliari indicati.
Quanto alla estorsione in danno di COGNOME dal gennaio 2005 al luglio 2012 la censura è generica e manifestamente infondata, trattandosi di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., essendosi individuata una minaccia incidente sulla tutela del diritto del lavoratore in una controversia civile, espressiva del tasso di intimidazione e professionalità criminale del proposto, dovendosi ribadire il principio secondo il quale in tema di misure di prevenzione, il giudice, attesa l’autonomia tra processo penale e procedimento di prevenzione, può valutare autonomamente i fatti accertati in sede penale, al fine di giungere ad un’affermazione di pericolosità generica del proposto ex art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, non solo in caso di intervenuta declaratoria di estinzione del reato o di pronuncia di non doversi procedere, ma anche a seguito di sentenza di assoluzione ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., ove risultino delineati, con sufficiente chiarezza e nella loro oggettività, quei fatti ch pur ritenuti insufficienti – nel merito o per preclusioni processuali – per un condanna penale, possono, comunque, essere posti alla base di un giudizio di pericolosità (Sez. 2, n. 15704 del 25/01/2023, COGNOME, Rv. 284488 – 01).
Quanto alla tentata estorsione la censura è generica rispetto alla considerata valenza sul giudizio di pericolosità generica esteso fino al 2007.
Quanto al traffico di stupefacenti, la censura è generica rispetto al riconoscimento della valenza di primo tassello della pericolosità qualificata del
proposto, in considerazione della stretta vicinanza del proposto al Clan Nicotra, letto in combinato disposto con la sentenza emessa il 13.11.2015 dal Tribunale di
Ravenna a carico del proposto per tentato omicidio e detenzione e porto di arma da sparo ed estorsione con aggravante mafiosa.
Quanto alla estorsione ai danni del COGNOME, la censura è generica rispetto alla valenza sul profilo di pericolosità.
Quanto al trasferimento fraudolento di valori – dal 2000 al 2009 – la censura
è generica rispetto al rilievo, sulla incontestata esistenza delle intestazioni fittizi della consapevolezza da parte del proposto dei suoi precedenti e della sua
contiguità mafiosa.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto del tutto genericamente proposto rispetto alla perimetrazione temporale degli acquisiti all’interno di quella
correlata alla pericolosità sociale, segnalandosi la prosecuzione della attività
criminale dopo il periodo di detenzione indicato dalla difesa in relazione al coinvolgimento in attività estorsive accompagnandosi ad esponenti di clan
mafioso.
I ricorsi dei terzi interessati, in quanto hanno ad oggetto la ritenuta pericolosità sociale del proposto, sono inammissibili dovendosi aderire al più recente autorevole arresto espresso dalla informazione provvisoria delle Sezioni unite del 27.3.2025, Putignano per il quale «in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati. A tale fine può dedurre ogni elemento utile in relazione al thema probandum».
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 10/04/2025.