Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27884 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27884 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Roma il 28/10/1990, avverso l’ordinanza del 18 febbraio 2025 del Tribunale della libertà di Roma, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; del Foro di Roma, in difesa di COGNOME che ha sentito l’Avvocato NOME COGNOME concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza impugnata il Tribunale di Roma ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere applicata a NOME COGNOME in relazione ai reati ex artt. 73 (plurime detenzioni illecite di cocaina) e 74, (partecipazione a operante in Roma, in altre parti d’Italia e in Olanda) d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, come descritti nelle imputazioni provvisorie.
Nel ricorso presentato dal difensore di COGNOME si chiede l’annullamento della ordinanza.
2.2.1. Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione circa il decorso del termine di fase relativamente alla durata della misura cautelare. Si osserva che a Negrelli è stata applicata la misura della
custodia cautelare in carcere per avere partecipato a diverse illecite detenzioni di cocaina nel periodo compreso fra il marzo e il giugno del 2019, ma egli è detenuto in esecuzione pena (ora quasi completamente espiata) per un fatto connesso a quello per il quale si procede perché arrestato nel giugno del 2019, essendo stato trovato in possesso di 18 chilogrammi di cocaina e di una ingente quantità di denaro, sicché avrebbe dovuto applicarsi l’art. 297, com ma 3, cod. proc. pen. perché l’ indagine che ha determinato il primo arresto è la stessa di quella in base alla quale ora si procede, tanto che ha riguardato lo stesso luogo in cui COGNOME è stato trovato in possesso della cocaina, e i fatti oggetto del provvedimento posteriore erano desumibili dagli atti già prima del rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prima ordinanza del 2019. Si evidenzia che nel suo interrogatorio COGNOME ha affermato che dal 2019 ha interrotto i suoi rapporti con gli ambienti criminali , come anche attestato dagli accertamenti compiuti nell’ambito del giudizio di sorveglianza, prodotti al Tribunale ma dal Tribunale non valutati.
2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel trascurare che i fatti contestati risalgono al 2019, il ricorrente ha già espiato in carcere quasi completamente la pena per i fatti connessi a quelli per i quali si procede e ha evidentemente interrotto ogni rapporto con gli ambienti criminali (già dal periodo trascorso agli arresti domiciliari la sua condotta risultò impeccabile). Si precisa che COGNOME ha chiesto che, in subordine, gli sia applicata la misura degli arresti domiciliari presso il domicilio della fidanzata, dalla quale presto avrà un figlio, in territorio (Zagarolo) che è lontano dai luoghi che furono sede delle condotte che gli si contestano.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Nell’ ordinanza impugnata sono riassunti gli elementi di valutazione circa i reati per i quali si procede e si osserva, in particolare, che COGNOME era il custode, presso la sua abitazione, della droga gestita dal gruppo e la consegnava, seguendo le direttive di COGNOME, ai sodali incaricati del suo smercio.
Il Tribunale ha ritenuto infondata nel merito l’eccezio ne relativa alla violazione dell’art. 297, com ma 3, cod. proc. pen. osservando che, sebbene tra il reato per il quale è stata emessa la prima ordinanza cautelare e quelli contestati nell’ordinanza impugnata sussista una connessione qualificata, tuttavia i gravi indizi relativi ai reati quali per i quali ora si procede non erano desumibili dalle fonti allora a disposizione e neanche dalla sentenza di condanna in primo grado emessa il 12 dicembre 2019, ma lo furono soltanto a seguito di complesse indagini compendiate nella informativa conclusiva redatta il 26 febbraio 2021 dal Nucleo Investigativo
dei Carabinieri di Frascati (p. 10-11), alla quale si sono aggiunti i contenuti delle dichiarazioni iniziate nell’ ottobre 2023, di NOME COGNOME divenuto collaborante con l’Autorità giudiziaria, le quali soltanto hanno consentito di inquadrare compiutamente i rapporti di COGNOME con i suoi complici (p. 11).
Deve ribadirsi, al riguardo, che in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore «deducibilità» dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare delle fonti indiziarie alla base dell’ordinanza cautelare successiva, non consiste nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio di dati (documentali e/o dichiarativi) che consenta al pubblico ministero di esprimere una adeguata valutazione della gravità degli indizi (Sez. 4, n. 16343 del 29/03/2023, Rv. 284464; Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, Rv. 277351).
Inoltre, il Tribunale ha puntualizzato che il ricorrente non ha allegato concreti elementi di valutazione che consentano di pervenire a una conclusione diversa, mentre è onere della parte, che adduce la retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare, provare la deducibilità dagli atti del primo procedimento del fatto di reato oggetto dell’ordinanza successiva (Sez. 2, n. 6374 del 28/01/2015, Rv. 262577).
1.2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
La motivazione delal ordinanza impugnata risulta carente relativamente all’applicazione della custodia cautelare in carcere.
Non può trascurarsi che dai fatti per i quali si procede sono trascorsi circa sei anni e che, sebbene per i reati indicati nell’ art. 275, comma 3, cod. proc. pen. sia prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati deve ─ alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47 e di un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione ─ essere espressamente considerato dal giudice, quando si tratti di un rilevante arco temporale nel corso del quale non sono emerse ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, perché questo dato può rientrare tra gli «elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», ai quali si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc pen. (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Rv. 286202; Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Rv. 285272; Sez. 6, n. 19863 del 04/05/2021, Rv. 281273).
Nel caso in esame, l’ ordinanza impugnata ha enfatizzato la rilevanza del ruolo svolto da COGNOME nella vicenda delittuosa per la quale si procede, ma non ha indicato specifici elementi di valutazione dai quali desumere il perdurare della sua pericolosità.
Al contrario, nel ricorso è stato evidenziato che: i fatti contestati risalgono al 2019; COGNOME ha già espiato in carcere quasi completamente la pena per i reati connessi a quelli per i quali si procede e già nel periodo trascorso agli arresti domiciliari la sua condotta risultò impeccabile.
Inoltre il ricorrente ha addotto di avere chiesto che la misura degli arresti domiciliari sia applicata presso il domicilio della fidanzata, dalla quale presto avrà un figlio, in territorio (Zagarolo) che è lontano dai luoghi che furono sede delle condotte che gli si contestano, mentre la argomentazione del Tribunale secondo la quale COGNOME comunque sarebbe collocato nella stessa Regione in cui sono avvenuti i fatti e alla reiterazione di condotte delittuose non osterebbe alla coabitazione con la sua compagna giacché egli, nel passato, custodì la droga press o l’abitazione dei suo genitori, si fonda su una assimilazione di condizioni non coincidenti e trascura la rilevanza del tempo trascorso dai fatti e gli effetti della patita carcerazione.
Pertanto, l’ ordinanza va annullata, limitatamente alle esigenze cautelari, per una rivalutazione della pericolosità attuale di COGNOME alla luce del principio di diritto prima richiamato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME