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Pericolosità attuale: la valutazione post-detenzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale. La Corte ha confermato che la valutazione della pericolosità attuale deve basarsi anche su condotte recenti, successive a un lungo periodo di detenzione, come nuove violazioni e reati, che dimostrano la persistenza della tendenza a delinquere, rendendo legittima l’applicazione della misura di prevenzione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità Attuale e Misure di Prevenzione: Conta il Comportamento Post-Detenzione?

L’applicazione delle misure di prevenzione, come la sorveglianza speciale, si fonda su un concetto tanto cruciale quanto delicato: la pericolosità attuale del soggetto. Ma come si valuta questa pericolosità quando intercorre un lungo periodo di detenzione? Può la carcerazione, di per sé, essere considerata prova di una cessata pericolosità? Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre chiarimenti fondamentali, sottolineando come il comportamento tenuto dalla persona dopo la scarcerazione sia l’elemento decisivo.

I Fatti del Caso: Una Sorveglianza Speciale Messa in Discussione

Il caso analizzato riguarda un soggetto al quale era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel 2015. Poco dopo l’inizio della misura, l’uomo veniva arrestato e rimaneva in detenzione per un lungo periodo, fino al 2023. Al termine della pena, la Corte d’Appello, pur riducendo la durata della misura, ne confermava l’applicazione, ritenendo ancora sussistente la sua pericolosità sociale. L’interessato proponeva quindi ricorso per Cassazione, sostenendo che i giudici avessero erroneamente basato la loro decisione su fatti ormai datati (precedenti al 2015), senza considerare adeguatamente il lungo tempo trascorso in carcere, periodo durante il quale aveva seguito un percorso riabilitativo.

La Decisione della Corte: La Valutazione della Pericolosità Attuale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità del ragionamento della Corte d’Appello. Secondo la Suprema Corte, il giudizio sulla pericolosità attuale non può prescindere da una valutazione concreta e aggiornata della condotta dell’individuo, specialmente quella tenuta nei periodi di libertà, anche se recenti e successivi a una lunga detenzione. Il tempo trascorso in carcere non è, da solo, sufficiente a dimostrare che la pericolosità sia venuta meno.

Le Motivazioni: Perché il Periodo di Detenzione Non Basta a Escludere la Pericolosità

Il cuore della decisione risiede nell’analisi dettagliata del comportamento del soggetto dopo la fine del primo periodo di detenzione. Le motivazioni della Corte si articolano su tre punti principali.

La Condotta Durante le Misure Alternative

La Corte ha evidenziato che, una volta ottenuta la misura alternativa dell’affidamento in prova, il soggetto non aveva mantenuto una condotta irreprensibile. Al contrario, aveva commesso una serie di violazioni delle prescrizioni imposte. Questo comportamento ha portato alla revoca della misura alternativa e al suo ritorno in carcere. Tali violazioni sono state interpretate come un chiaro sintomo di insofferenza alle regole e, quindi, come un indice di una pericolosità attuale e persistente.

I Nuovi Reati e le Violazioni Recenti

Ancora più determinante è stata la condotta tenuta dopo la scarcerazione definitiva. Il soggetto era stato nuovamente segnalato per una truffa e, in epoca molto recente (nel 2024), era stato arrestato per ben due volte in flagranza di reato per aver violato gli obblighi della sorveglianza speciale. Questi episodi recenti, secondo la Corte, dimostrano in maniera inequivocabile che la tendenza a delinquere non si era affatto estinta con la detenzione, ma era, al contrario, ancora pienamente operante.

I Limiti del Ricorso per Cassazione in Materia di Prevenzione

Infine, la Corte ha ribadito un importante principio processuale: nel procedimento di prevenzione, il ricorso per Cassazione è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile censurare la decisione per ‘illogicità manifesta’ della motivazione, a meno che questa non sia del tutto inesistente o meramente apparente. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello era completa, logica e basata su elementi fattuali concreti e recenti, rendendo il ricorso inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: la valutazione sulla pericolosità attuale è un giudizio dinamico, che deve essere ancorato alla realtà dei fatti. Un lungo periodo di detenzione, pur essendo un elemento da considerare, non costituisce una ‘prova liberatoria’ automatica. La vera cartina di tornasole è il comportamento che la persona tiene una volta reinserita nel contesto sociale. Condotte devianti, violazioni delle prescrizioni o la commissione di nuovi reati, anche se successivi alla carcerazione, sono elementi decisivi che giustificano pienamente il mantenimento o l’applicazione di una misura di prevenzione.

Un lungo periodo di detenzione cancella automaticamente la pericolosità sociale di una persona?
No, la detenzione sospende l’esecuzione della misura di prevenzione ma non elimina la pericolosità. Al termine della pena, il giudice deve verificare se la pericolosità persiste, basandosi su una valutazione concreta e attuale del comportamento del soggetto.

Quali elementi considera il giudice per valutare la ‘pericolosità attuale’ dopo la scarcerazione?
Il giudice considera ogni comportamento sintomatico, anche se non costituisce reato. Nel caso specifico, sono state decisive le violazioni della misura alternativa dell’affidamento in prova, la commissione di una truffa e i ripetuti arresti per inosservanza degli obblighi della sorveglianza speciale, avvenuti dopo il periodo di detenzione.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla pericolosità fatta dal giudice di merito?
In materia di misure di prevenzione, il ricorso in Cassazione è limitato alla violazione di legge. Non è possibile contestare l’illogicità della motivazione, a meno che questa non sia completamente assente o meramente apparente, cioè priva di coerenza e logicità al punto da non rendere comprensibile la decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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