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Pericolosità attuale: la detenzione non la esclude

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a sorveglianza speciale. La Corte ha chiarito che lo stato di detenzione non annulla la valutazione di pericolosità attuale, la quale si basa sulla carriera criminale del soggetto, inclusi reati legati a stupefacenti, armi e collegamenti con la criminalità organizzata. La misura di prevenzione, pur confermata, diventa esecutiva solo al momento della scarcerazione.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolosità attuale e stato di detenzione: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 849 del 2024, offre un’importante riflessione su un tema cruciale nell’ambito delle misure di prevenzione: la valutazione della pericolosità attuale di un soggetto che si trova in stato di detenzione. La pronuncia chiarisce che la carcerazione non è, di per sé, un elemento sufficiente a escludere il giudizio di pericolosità, il quale deve fondarsi su una valutazione complessiva della biografia criminale dell’individuo. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso: la Misura di Prevenzione e il Ricorso

Il caso trae origine da un decreto della Corte di Appello di Reggio Calabria che aveva parzialmente riformato una decisione del Tribunale. A un individuo era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e cauzione per una durata di due anni. La Corte territoriale aveva confermato la sua pericolosità sociale, pur escludendo alcune delle ipotesi originariamente contestate.

Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso in Cassazione tramite il suo difensore, lamentando una carenza di motivazione proprio in merito all’pericolosità attuale. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente considerato il suo stato di detenzione, un fattore che, a suo dire, avrebbe dovuto neutralizzare la valutazione di un pericolo concreto e presente per la società.

La Valutazione della Pericolosità Attuale in Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato e aspecifico. I giudici hanno sottolineato che l’impugnazione non si era confrontata efficacemente con le solide argomentazioni del provvedimento impugnato. La Corte d’Appello, infatti, aveva basato il suo giudizio su elementi concreti che delineavano un profilo di pericolosità qualificato e persistente.

Il Ruolo dello Stato Detentivo

Il punto centrale della sentenza riguarda proprio il rapporto tra detenzione e pericolosità attuale. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: lo stato detentivo non esclude automaticamente la pericolosità. Sebbene la misura di prevenzione non possa essere eseguita durante la carcerazione, la sua applicazione rimane valida e la sua esecuzione è semplicemente differita al momento della scarcerazione. La valutazione del pericolo, quindi, non viene meno, ma tiene conto della probabilità che il soggetto, una volta libero, torni a delinquere. La necessità di una verifica specifica al momento dell’eventuale scarcerazione rimane, ma non inficia la legittimità della misura applicata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello adeguata e ben fondata. I giudici di merito avevano evidenziato una ‘costante attitudine’ del ricorrente a commettere reati di varia natura, con un focus particolare su stupefacenti e armi. Ancor più significativo era il coinvolgimento in un procedimento penale legato a una potente cosca di ‘ndrangheta, per aver agevolato l’associazione mafiosa.

La Corte ha parlato di una vera e propria escalation criminale, dimostrando che la tendenza a delinquere non solo persisteva, ma si era aggravata nel tempo, anche dopo essere già stato sottoposto a una precedente misura di prevenzione. Questi elementi, nel loro complesso, disegnavano un quadro di pericolosità attuale che non poteva essere annullato dalla semplice circostanza della detenzione. Il ricorso è stato giudicato incapace di scalfire questa logica e coerente motivazione.

Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 849/2024 rafforza il principio secondo cui la valutazione della pericolosità attuale è un giudizio complesso, che si basa sull’intera storia personale e criminale del soggetto e non può essere limitato a una constatazione del suo status attuale (libero o detenuto). Lo stato di detenzione incide sull’esecutività della misura di prevenzione, non sulla sua applicabilità. La decisione sottolinea come la pericolosità sociale, specialmente quando radicata e collegata a contesti di criminalità organizzata, sia un elemento persistente che richiede un’attenta valutazione proiettata nel futuro, al fine di proteggere la collettività una volta che il soggetto tornerà in libertà.

Lo stato di detenzione di una persona esclude automaticamente la sua ‘pericolosità attuale’ ai fini di una misura di prevenzione?
No, secondo la Corte di Cassazione lo stato detentivo di per sé non è idoneo a escludere l’attualità del pericolo. La valutazione deve basarsi sulla condotta complessiva del soggetto e la misura di prevenzione, se applicata, avrà effetto al momento della sua scarcerazione.

Quali elementi sono stati decisivi per confermare la pericolosità del soggetto in questo caso?
La Corte ha valorizzato la costante attitudine del soggetto a commettere delitti, in particolare in materia di stupefacenti e armi, la persistenza di tale inclinazione anche dopo una precedente misura di prevenzione (configurando una ‘escalation’), e il suo coinvolgimento in un procedimento per agevolazione di un’associazione di stampo mafioso.

Perché il ricorso presentato alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non si è confrontato in modo specifico con la motivazione del provvedimento impugnato. Si è limitato a contestare genericamente la valutazione della pericolosità e a menzionare lo stato detentivo, senza riuscire a confutare gli elementi concreti su cui si fondava la decisione della Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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