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Pericolo sicurezza trasporti: forzare porta del treno

La Corte di Cassazione conferma la condanna per i reati di attentato alla sicurezza dei trasporti e interruzione di pubblico servizio a carico di un uomo che aveva forzato la porta di un treno in partenza per scendere. Ribaltando l’assoluzione di primo grado, i giudici hanno stabilito che il pericolo alla sicurezza dei trasporti era concreto, considerando il rischio di caduta per i passeggeri, il pericolo per le persone sul marciapiede e l’inutilizzabilità della porta come uscita di emergenza per il resto del viaggio.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Forzare la porta del treno in partenza: è reato di pericolo alla sicurezza dei trasporti?

Un gesto apparentemente impulsivo, come forzare la porta di un treno in partenza per scendere all’ultimo momento, può avere conseguenze penali molto serie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il grave reato di pericolo alla sicurezza dei trasporti, anche se non si verifica un incidente. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un’azione diventa penalmente rilevante per la sua potenzialità dannosa.

I fatti di causa

Il caso riguarda due persone che, a bordo di un treno ad alta velocità in partenza dalla stazione di Napoli, forzavano e danneggiavano una porta per poter scendere dal convoglio già in movimento. L’azione provocava l’attivazione del sistema di frenata di emergenza e un ritardo di pochi minuti.

In primo grado, il Tribunale aveva assolto gli imputati dal reato di attentato alla sicurezza dei trasporti (art. 432 c.p.), ritenendo che non si fosse verificato un pericolo concreto. La motivazione si basava sul fatto che il treno si muoveva ancora lentamente all’interno della stazione. Anche il reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.) era stato considerato di lieve entità.

La decisione della Corte d’Appello: un’analisi del pericolo sicurezza trasporti

La Corte d’Appello di Napoli ha ribaltato completamente la decisione. Dopo aver nuovamente ascoltato la testimonianza del capotreno, i giudici di secondo grado hanno individuato una serie di elementi che, nel loro insieme, configuravano un pericolo sicurezza trasporti concreto e non meramente ipotetico. In particolare, la Corte ha evidenziato tre profili di rischio:

1. La brusca frenata: L’arresto improvviso del treno avrebbe potuto causare la caduta dei passeggeri a bordo.
2. La discesa dal treno in movimento: La repentina discesa degli imputati sul marciapiede metteva a rischio non solo la loro incolumità, ma anche quella di altre persone presenti sulla banchina.
3. L’inutilizzabilità della porta: La porta forzata e danneggiata, pur essendo stata richiusa, non era più utilizzabile come uscita di sicurezza per l’intero tragitto fino a Roma, riducendo gli standard di sicurezza per tutti i viaggiatori in caso di emergenza (es. un incendio in galleria).

Sulla base di queste considerazioni, la Corte d’Appello ha condannato uno degli imputati alla pena di un anno e nove mesi di reclusione, riformando l’assoluzione iniziale.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:

* L’erronea applicazione della legge penale, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse fornito una “motivazione rafforzata” sufficiente a superare la sentenza di assoluzione.
* Un’errata valutazione nella determinazione della pena e nel diniego delle attenuanti generiche.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la sentenza di condanna. I giudici di legittimità hanno ritenuto le argomentazioni della Corte d’Appello logiche, adeguate e giuridicamente corrette.

In primo luogo, è stato chiarito che la Corte d’Appello aveva correttamente applicato il principio della “motivazione rafforzata”. Avendo rinnovato l’istruttoria (riascoltando il capotreno), i giudici di secondo grado hanno evidenziato, con argomenti solidi e persuasivi, le ragioni per cui la valutazione del Tribunale era errata, dimostrando l’esistenza di un pericolo concreto che andava oltre il semplice ritardo del treno.

In secondo luogo, la Cassazione ha respinto le doglianze sulla pena. La Corte d’Appello aveva legittimamente negato le attenuanti generiche basandosi sulla personalità dell’imputato, desunta dai suoi precedenti penali. La pena inflitta, inoltre, era stata calcolata partendo dal minimo edittale per il reato più grave, con aumenti contenuti per la recidiva e la continuazione con l’altro reato, risultando quindi del tutto conforme alla legge.

Le conclusioni

La sentenza riafferma un principio cruciale: il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti è un reato di pericolo concreto. Ciò significa che per la sua configurazione non è necessario che si verifichi un disastro o un danno materiale, ma è sufficiente che la condotta posta in essere abbia creato un rischio reale e tangibile per la sicurezza del servizio di trasporto. La valutazione di tale rischio deve tenere conto di tutte le possibili conseguenze negative dell’azione, inclusa la compromissione dei sistemi di sicurezza del veicolo, e non solo dell’esito immediato. Un gesto sconsiderato, anche se di breve durata, può avere implicazioni penali significative quando mette a repentaglio un bene giuridico di primaria importanza come la sicurezza pubblica nei trasporti.

Forzare la porta di un treno in partenza costituisce reato?
Sì, secondo la sentenza in esame, tale condotta può integrare sia il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti (art. 432 c.p.) sia quello di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.), poiché crea un pericolo effettivo per la sicurezza.

Quali sono gli elementi che configurano il “pericolo concreto” per la sicurezza dei trasporti in un caso come questo?
Il pericolo concreto è stato identificato in tre fattori: il rischio di caduta per i passeggeri a seguito della frenata brusca; il pericolo per l’incolumità degli stessi imputati e di altre persone sul marciapiede durante la discesa dal treno in movimento; l’inutilizzabilità di una porta come uscita di emergenza per il resto del viaggio.

Perché la Corte d’Appello può ribaltare una sentenza di assoluzione?
La Corte d’Appello può riformare una sentenza di assoluzione quando, anche a seguito della rinnovazione dell’istruttoria (come riascoltare un testimone), fornisce una “motivazione rafforzata”, ovvero una spiegazione più solida, logica e persuasiva che dimostri l’erroneità della valutazione del giudice di primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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