Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 38142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 38142 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/05/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udito per l’indagato l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catania, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il provvedimento con il quale il G.i.p. del Tribunale di Catania ha applicato a COGNOME NOME la misura cautelare degli arresti donniciliari per i reati di corruzione propria ed impropria, commessi dall’indagato nella sua qualità di dirigente del Comune RAGIONE_SOCIALE Tremestieri Etneo fino al 2020.
Avverso l’ordinanza ricorre l’indagato articolando due motivi. Con il primo deduce violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla sussistenza ed attualità del pericolo di reiterazione del reato. In proposito il ricorrente lamenta che i giudici de riesame avrebbero solo apoditticamente ritenuto ininfluenti, ai fini della valutazione sulla permanente configurabilità dell’esigenza cautelare, sia la risalenza dei fatti per cui si procede, che l’intervenuta dismissione da parte dell’indagato degli incarichi dirigenziali ricoperti al momento della presunta commissione dei reati contestatigli e la successiva sospensione dal servizio del medesimo da parte del Comune di cui è dipendente. Astratte e congetturali, nonché scarsamente rispettose dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, sarebbero inoltre le considerazioni poste dal Tribunale a fondamento della ritenuta permanenza del pericolo di recidivanza. Analoghi vizi vengono dedotti con il secondo motivo in merito alla ritenuta inadeguatezza e proporzionalità di misure meno afflittive ad arginare la menzionata esigenza cautelare. La motivazione del provvedimento impugnato sarebbe infatti solo apparente nel giustificare il diniego della sostituzione degli arresti domiciliari con una misura non detentiva, come invece richiesto in sede di riesame dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.
E’ principio consolidato quello per cui, n tema di reati contro la Pubblica Amministrazione, l’attualità del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie può ritenersi sussistente anche nel caso in cui il pubblico agente risulti sospeso o dimesso dal servizio, purché il giudice fornisca adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta sospensione o cessazione del rapporto, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione di analoghe condotte criminose da parte dell’indagato nella mutata veste di soggetto temporaneamente o definitivamente estraneo all’amministrazione (ex
multis Sez. 6, n. 8060 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 275087; Sez. 6, n. 55113 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274648; Sez. 5, n. 31676 del 04/04/2017, COGNOME, Rv. 270634).
Erra dunque il ricorso laddove sostiene che le dimissioni rassegnate dall’indagato e la sua successiva sospensione dal servizio assumerebbero carattere dirimente ai fini della esclusione della permanenza dell’ipotizzato pericolo di recidivanza, tanto più che le prime hanno avuto ad oggetto soltanto l’incarico dirigenziale ricoperto in precedenza dal COGNOME e non anche il rapporto di impiego con l’ente locale, mentre la seconda è provvedimento cautelare di natura intrinsecamente temporanea.
Colgono invece nel segno invece le critiche mosse dal ricorrente alla motivazione con la quale il giudice del riesame ha però ritenuto sostanzialmente irrilevanti le circostanze summenzionate. Ed infatti l’ordinanza impugnata in maniera apodittica le ha ritenute inidonee ad influenzare la valutazione sulla permanenza delle esigenze cautelari, sulla loro intensità e sull’adeguatezza della misura applicata, limitandosi in maniera generica e sostanzialmente congetturale a sostenere che la lunga militanza lavorativa dell’indagato nell’amministrazione locale gli consentirebbe di influenzare il regolare svolgimento della sua attività convertendola a finalità illecite, senza però indicare elementi concreti che rivelino tale capacità di condizionamento anche una volta dismessa la direzione dell’ufficio urbanistica ed allontanato dal servizio.
Fondata è altresì l’obiezione relativa alla sostanziale pretermessa valutazione del tempo trascorso tra la consumazione dei reati contestati all’indagato (che risalgono al più tardi al 2020) e l’intervento cautelare, atteso che il Tribunale non spiega per quali ragioni la pregressa sistematicità delle condotte addebitategli accertate in un ben determinato arco di tempo sia in grado di riflettere la pericolosità del COGNOME anche nell’attualità, ossia quattro anni dopo la consumazione dei fatti imputatigli.
In proposito è dunque opportuno ribadire il principio AVV_NOTAIO per cui il riferimento in ordine al “tempo trascorso dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma secondo, lett. c) c.p.p., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazion della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde, quantomeno, un affievolimento delle esigenze cautelari (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244377).
Alla luce dei vizi riscontrati l’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo giudizio.
Catania. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame
Così deciso il 8/10/2024