Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 27024 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27024 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 10/08/1965
avverso l’ordinanza del 22/01/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Palermo Udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni depositate dall ‘ avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l ‘ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 31 gennaio 2025, il Tribunale di Palermo ha confermato la decisione dell ‘ 8 gennaio 2025, con la quale il G.i.p. del medesimo Tribunale aveva applicato a COGNOME Giuseppe la misura cautelare della custodia in carcere per il delitto di cui agli artt. 81 cpv, 110 cod.pen., art. 73, comma 1 e 80, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61 bis cod.pen. e il pericolo di inquinamento delle prove ritenuti dal G.i.p., e confermando la necessità della misura custodiale atteso il forte rischio di reiterazione del reato e l’insufficienza di misure meno afflittive , anche se presidiate da braccialetto elettronico, visto lo spessore criminale dell’indagato dimostrato dai precedenti specifici.
All’indagato era stato contestato di essersi, unitamente a COGNOME NOME (quale fornitore), COGNOME Alfonso (quale trasportatore), COGNOME Angelo (intermediario), reso cessionario insieme al consuocero COGNOME Bartolomeo, giudicato separatamente, di un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina di circa kg 2,300, a fronte di un corrispettivo pattuito
di complessivi euro 60.000, destinata alla successiva rivendita a terzi. Con l’aggravante di aver ceduto una notevole quantità di stupefacente, oltre a quella d i cui all’art. 61 bis cod.pen. Fatto commesso, a Porto Empedocle, Canicattì e Mazara del Vallo in epoca anteriore e prossima al 22 ottobre 2022.
Contro l’ordinanza emessa dal Tribunale per il riesame, il difensore dell’indagato ha proposto tempestivo ricorso, deducendo i motivi così sintetizzati, ai sensi dell ‘ art. 173 disp.att. cod.proc.pen.:
con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione in relazione alla valutazione operata dal Tribunale circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, posto che era rimasto privo di riscontri tangibili il riferimento all’intercettazione dalla quale si sarebbe appreso che, all’atto della consegna dello stupefacente, COGNOME NOME aveva corrisposto a COGNOME NOME un anticipo dell’importo di euro 5000,00 e aveva quindi consegnato la cocaina al consuocero, COGNOME Bartolomeo, il quale avrebbe dovuto occuparsi dello smercio della sostanza. L’attività di intercettazione era successiva alla data di commissione dei fatti ed era stata registrata a distanza di mesi, per cui ben emergerebbe il dato del l’estraneità dell’indagato rispetto ai coindagati.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione in relazione al potenziale contrasto di giudicati che potrebbe crearsi qualora NOME COGNOME venisse condannato per il delitto di cui all’art. 80, comma 2, d.P .R. n. 309/1990, posto che al COGNOME , già giudicato separatamente, tale aggravante non era mai stata contestata e che si trattava di circostanza di tipo oggettivo.
-Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 274 lett. c) cod.proc.pen. In particolare, deduce che il pericolo di reiterazione del reato era stato ritenuto in maniera apodittica, senza considerare che il COGNOME era estraneo alle vicende degli altri coindagati e considerato un ‘forestiero’, per giunta gravato da un unico prec edente di oltre trenta anni fa. Viene pure dedotta la violazione del principio di adeguatezza della misura cautelare applicata, disciplinato dall’art. 277 cod.proc.pen.
Il Procuratore Generale, con memoria depositata, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Il difensore del ricorrente ha depositato memoria, insistendo nell ‘ accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il Tribunale del riesame, dopo aver richiamato gli elementi indicativi della gravità indiziaria a sostegno del reato di cui all’ipotesi accusatoria (pagg.2-8), ha confermato il giudizio
espresso nell’ordinanza genetica circa la gravità indiziaria a carico di NOME COGNOME con motivazione priva di vizi rilevanti nel giudizio di legittimità.
Occorre premettere che, ai fini dell’applicazione o della conferma di una misura cautelare, è necessario ma anche sufficiente che i giudici delle fasi di merito cautelare non si sottraggano a una approfondita e scrupolosa disamina del compendio delle intercettazioni a loro disposizione, potendo desumere il giudizio di gravità indiziaria anche dalle sole conversazioni, tanto più allorché siano plurime, inequivoche e continuative nel tempo. È, infatti, sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273, comma 1-bis, cod.proc.pen. richiama espressamente il terzo ed il quarto comma dell’art. 192′ ma non anche il secondo comma (che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi): ne consegue che, in sede di giudizio de libertate, la valutazione degli indizi non va operata secondo i parametri richiesti ai fini dell’affermazione di responsabilità all’esito del giudizio di cognizione. Il diverso regime trova evidente giustificazione nella diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole ed alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. 2, n.8948 del 10/11/2022, dep. 2023, Pino, Rv. 284262 – 01; Sez. 2, n.48276 del 24/11/2022, COGNOME, Rv. 284299 – 02; Sez. 6, n.26115 del 11/06/2020, COGNOME, Rv. 279610 – 01, in cui si definisce il requisito della gravità dell’indizio).
Quanto al primo motivo, dunque, l’ordinanza impugnata, in presenza della contestazione per violazione del testo unico sugli stupefacenti sopra indicata, ha argomentato, relativamente al grave quadro indiziario, osservando che il procedimento costituisce l’esito di una complessa attività investigativa, articolatasi in captazione di conversazioni telefoniche tra presenti, in servizi di osservazione, pedinam ento e controllo, nonché nell’esecuzione di misure precautelari (arresti in flagranza) e di sequestro. Una delle prime ingenti cessioni di sostanza stupefacente monitorate nel corso delle investigazioni era stata quella avente ad oggetto due chilogrammi circa di cocaina venduti dagli indagati COGNOME NOME e COGNOME NOME a Focarino Giuseppe, al prezzo di euro 60.000.
Il Tribunale ha condiviso le valutazioni del gip rinviando al compendio indiziario effettuato in seno alla ordinanza genetica soprattutto alla luce del fatto che la difesa, nei motivi articolati con la richiesta di riesame, aveva specificamente non contestato la sussistenza e la realizzazione dei fatti obiettivi ed eccependo, esclusivamente, il difetto di prova del coinvolgimento del COGNOME.
6. In particolare, dalle attività di intercettazione si apprendeva: della consegna dello stupefacente a COGNOME NOME, previa corresponsione a COGNOME NOME di un anticipo di euro 5.000; della successiva consegna a COGNOME NOME, che avrebbe dovuto occuparsi dello smercio della sostanza, ma che fu arrestato il 22 ottobre 2022 in flagranza di reato dalla squadra mobile di Trapani e trovato in possesso di due panetti del peso complessivo di chili due e 350 grammi di sostanza stupefacente, poi risultata corrispondente a oltre 8000 dosi medie singole di cocaina; della necessità per il COGNOME, rimasto privo della fornitura di stupefacente e con un debito di euro 55.000 da onorare nei confronti di COGNOME e COGNOME; della ulteriore circostanza che questi ultimi parteciparono – per le pressioni del fornitore di nazionalità albanese residente in Germania – all ‘ incontro imposto dall’autorità mafiosa di Messina NOME, capofamiglia di Porto Empedocle, avvalendosi dell’aiuto di altri intermediari trapanesi di sua fiducia, in data 31 luglio 2023, ad una riunione presso il bar Vito di Mazara del Vallo, intercorsa fra Messina Fabrizio, COGNOME Vincenzo, COGNOME NOME, Firenze Francesco e Piazza INDIRIZZO, nel corso della quale veniva concordata la modalità di rientro del debito di 55.000; dell ‘ impegno contratto dal Focarino ad effettuare periodiche forniture di pesce in favore di Messina Fabrizio sino all’integrale saldo del debito; dell ‘ effettiva consegna, la mattina del 12 Febbraio 2023, da parte del COGNOME, a Messina NOME, fratello di NOME, del primo carico di pesce finalizzato a saldare parzialmente il debito.
7. L’ordinanza del riesame dà specifica contezza, alla pagina 5, del fatto che l’individuazione del COGNOME era avvenuta in quanto lo stesso era rivenditore di prodotti ittici, come emerso dagli accertamenti di osservazione e dal tenore inequivocabile delle intercettazioni. In ragione di tali risultanze, il Tribunale ha ritenuto che vi fosse la prova in ordine agli accordi intervenuti fra gli indagati quanto alla qualità e quantità della sostanza stupefacente ceduta.
8. Le motivazioni addotte dal Tribunale non sono censurabili in questa sede di legittimità perché congrue, logiche e coerenti. Quanto ai limiti del sindacato di legittimità, in tema di misure cautelari personali, deve essere ricordato che alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni e di controllare la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828). Si tratta di un controllo di logicità realizzato “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto al solo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente ai requisiti della esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato e dell’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo dell’atto impugnato (sul punto, tra le tante, cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 01).
È manifestamente infondato il secondo motivo. Il potenziale conflitto di giudicati paventato dal ricorrente non è ipotizzabile, giacché non si crea alcun giudicato su circostanze non incluse nella contestazione e che quindi non possono, neanche implicitamente, essere esclusi dal giudice. Ne deriva che il giudizio cautelare relativo al ricorrente non subisce alcun vincolo negativo, con la conseguenza legittimità della contestazione provvisoria della citata aggravante.
Per quanto attiene, infine, alla verifica dell’esistenza di elementi indicativi di un concreto pericolo di reiterazione del reato, si è avuto modo di rilevare, a seguito degli interventi modificativi apportati dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 (l’art. 2, lett. a) della legge suddetta ha disposto che all’art. 274. lett. c) cod. proc. pen. dopo la parola “concreto” siano inserite le parole “e attuale”), che (Sez. 3, n. 37087 del 19/5/2015, Marino, Rv. 264688), l’attuale conformazione della norma codicistica richiede che il pericolo che l’indagato commetta altri delitti sia non solo concreto, ma anche attuale, con la conseguenza che non è più sufficiente ritenere – in termini di certezza o di alta probabilità – che questi torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario, anzitutto, prevedere – negli stessi termini di certezza o di alta probabilità – che gli si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti (v. anche, Sez. 6, n. 21350 del 11/5/2016, lonadi, Rv. 266958; Sez. 6, n. 24476 del 4/5/2016, COGNOME, Rv. 266999).
Si è però ulteriormente precisato che tale requisito non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2 n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv. 280566; Sez. 1 n. 14840 del 22/1/2020, COGNOME, Rv. 279122; Sez. 3, n. 34154 del 24/4/2018, COGNOME, Rv. 273674; Sez. 5, n. 33004 del 3/5/2017, COGNOME, Rv. 271216; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269684), dovendosi quindi escludere in presenza di una condotta del tutto sporadica ed occasionale e dovendo, invece, essere affermato qualora – all’esito di una valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non sottoposto a misure – appaia probabile, anche se non imminente, la commissione di ulteriori reati, senza la previsione di specifiche occasioni di recidivanza, con la conseguenza che il requisito dell’attualità del pericolo può sussistere anche quando l’indagato non disponga di
effettive ed immediate opportunità di ricaduta (Sez. 2, n. 2474 del 08/11/2024, dep. 2025, Greco; Sez. 3, n. 47644 del 05/12/2024, Sitzia; Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891; Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, lordachescu, Rv. 282991; Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, Avolio, Rv. 277242).
Il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, dunque, presuppone la riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati che può però essere apprezzata anche sulla base delle modalità della condotta concretamente tenuta, della personalità dell’indagato, del contesto entro il quale i fatti si sono svolti, nonché su altri elementi obiettivi che consentano la formulazione del giudizio prognostico richiesto, che resta necessariamente tale.
Nel caso in esame, il Tribunale cautelare ha adeguatamente illustrato le ragioni per le quali sia sussistente il pericolo che l’indagato reiteri la commissione di reati in materia di sostanze stupefacenti, in ragione della attenta ed esperta organizzazione che si è dato nell’attività di reperimento ed intermediazione di considerevole quantitativo di sostanza stupefacente di cui ha disposto e delle concrete modalità del fatto, indicative del solido inserimento di costui in una estesa rete criminale dedita al narcotraffico; il Tribunale ha evidenziato, alla pagina 9, ove è stato trattato il tema dei gravi indizi di colpevolezza, fatti concreti e non congetture relative alla particolare rilevanza della intermediazione svolta dal ricorrente, anche considerando, sotto il profilo della personalità, la presenza di precedenti penali specifici, per reati analoghi a quelli per cui si procede.
L’ordinanza impugnata, avendo pertanto ancorato a specifici elementi concreti il periculum libertatis , risulta, sul punto, del tutto immune da censure e trova completamento, sotto il profilo dell’attualità, nelle affermazioni secondo cui, seppur le condotte siano riferibili al 2022, il modus operandi, che non ha risentito neanche dell’attività di polizia giudiziaria spiegata su altri soggetti appartenenti alla medesima organizzazione, escludono una prognosi di volontaria astensione dal crimine da parte de ll’ indagato. Tali valutazioni, inoltre, hanno sorretto anche il giudizio di totale insufficienza della misura degli arresti domiciliari, anche con presidio elettronico.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del medesimo ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto, inoltre, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Alla cancelleria spettano gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 20/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME