Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25679 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25679 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME Giovanni nato a Catania il 21/06/1978 NOME Giuliano nato a Catania il 06/05/1998 avverso l’ordinanza del 20/03/2025 del Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’appello cautelare; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che si riporta alla requisitoria già depositata e chiede il rigetto del ricorso; sentito il difensore dei ricorrenti, l’avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria ha applicato ad NOME COGNOME e NOME COGNOME la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in relazione ai reati aggravati di tentato furto e furto consumato.
I l Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice dell’appello cautelare, con ordinanza del 20/3/2025, in accoglimento del gravame proposto dal Pubblico Ministero, ha applicato agli indagati la misura cautelare degli arresti domiciliari, in
quanto unica idonea a fronteggiare le esigenze cautelari di prevenzione della reiterazione dei reati, avuto riguardo alla gravità dei fatti, al contegno post delictum degli indagati, alle loro personalità e storia giudiziaria.
Con ricorso a questa Corte, gli indagati hanno chiesto annullarsi l’ordinanza che ha disposto gli arresti domiciliari.
2.1. NOME COGNOME con un unico motivo, deduce vizi motivazionali e violazioni di legge circa l’assenza di un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato.
Si richiamano i fatti, ovvero il tentato furto in appartamento posto in essere dal ricorrente, in concorso con altri, il 27/5/2024, a seguito del quale il proprietario dell’appartamento aveva accoltellato i due correi che vi si erano introdotti, cagionando la morte di uno (NOME COGNOME e riducendo in fin di vita l’altro (il NOME): tanto che il proprietario dell’appartamento sarebbe imputato di omicidio e tentato omicidio.
A seguito della piena confessione del COGNOME, il Pubblico Ministero non avrebbe inizialmente chiesto alcuna misura cautelare, istanza proposta solo dopo nove mesi dai fatti, a quadro probatorio e cautelare immutato.
Viene censurato il richiamo (per motivare il giudizio di pericolosità) a un procedimento (n. 937/16 RG.N.R.) ancora in fase dibattimentale, in violazione della presunzione di non colpevolezza. Si lamenta che la valutazione del pericolo sia stata desunta principalmente dalla sola gravità del titolo di reato, in violazione dall’articolo 274 cod. proc. pen.: laddove, peraltro, la condotta (caratterizzata dall’ introduzione nell’appartamento da una finestra al piano terra e dalla immediata scoperta del furto da parte della vittima) doveva ritenersi di un “livello minimo di pericolosità”.
Si contesta l ‘omessa positiva valutazione del l’ ampia e articolata confessione resa dal Bruno, la quale, unitamente alla distanza temporale dai fatti e all’assenza di nuovi sviluppi investigativi, aveva correttamente indotto il Giudice per le indagini preliminari a rilevare l’inconsistenza dell’ipotesi che vi fosse un ulteriore complice, quale “basista”, e ad applicare la sola misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
2.2. Il ricorso di COGNOME NOME lamenta vizi motivazionali e violazioni di legge in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari tali da giustificare la misura custodiale, anche considerati la personalità e il ruolo dell’COGNOME.
La difesa censura l ‘equiparazione delle posizioni dei ricorrenti, laddove, al contrario, al quarto correo (La Spina Massimo), fermato con l’auto utilizzata per compiere il delitto, non era stata applicata alcuna misura cautelare.
Si rimarcano le seguenti differenze tra NOME e COGNOME:
-la notevole caratura criminale del Bruno, pluripregiudicato (per reati contro il patrimonio e in materia di stupefacenti) e imputato in un processo per associazione a delinquere finalizzata ai furti in abitazione, rispetto a quella del ll’ COGNOME, gravato da una sola condanna a pena sospesa per furto aggravato nel 2017 e da una denuncia per tentato furto nel 2024, mentre il procedimento del 2022, menzionato nella gravata ordinanza, si assume si fosse concluso con l’ estinzione del reato per mancanza della condizione di procedibilità;
-il diverso ruolo nella commissione del fatto , poiché l’ COGNOME fungeva da ‘palo’ all’interno dell’auto, unitamente al INDIRIZZO, essendo stati il Bruno e lo COGNOME ad accedere nell’abitazione.
Si lamenta, infine, la mancanza di attualità delle esigenze cautelari, risalendo i fatti contestati a maggio 2024, senza elementi attestanti la commissione di ulteriori reati o un rischio concreto di reiterazione.
Il difensore del NOME ha depositato memoria datata 24/5/2025, nonché copia della sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 16/4/2025, di sua assoluzione dal reato associativo finalizzato alla commissione di furti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per diversi profili inammissibile (specie nella parte in cui sollecita una mera rilettura dei fatti di causa), è nel complesso infondato.
In tema di misure cautelari personali, in sede di legittimità ci si deve limitare a verificare se i giudici di merito abbiano dato adeguato conto, in modo logico e conforme a diritto, delle ragioni che hanno indotto ad affermare (o negare), a carico dell’indagato, ex art. 292 cod. proc. pen., la gravità del quadro indiziario e la sussistenza delle esigenze cautelari in rapporto alla pericolosità dell’interessato e alla misura adeguata a fronteggiarla (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; confronta pure, ex multis , Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01). L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc. pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) sono, quindi, rilevabili in Cassazione solo se si traducono in violazioni di legge o nell’assoluta mancanza, manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione: mentre è inammissibile la richiesta di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; si
veda anche ex multis , Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 -01), esulando dal controllo di legittimità il potere di revisione degli elementi fattuali, ivi inclusi il giudizio sullo spessore degli indizi (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 26943801), sulla pericolosità dell’indagato e sulla adeguatezza della misura cautelare (Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01; Sez. 6, n. 17314 del 20/04/2011, Rv. 250093-01).
Nel caso di specie, secondo il provvedimento impugnato, la misura cautelare precedentemente applicata dal Giudice per le indagini preliminari (l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) è inidonea a fronteggiare le esigenze cautelari.
Il Tribunale collegiale, infatti, ha rimarcato la professionalità dei ricorrenti, trattandosi di furto ‘maturato nell’ambito di una spedizione organizzata al di fuori del territorio di residenza (la città di Catania)’, con l’uso di un veicolo noleggiato, e ‘di travisamenti e guanti in lattice per non lasciare impronte ‘, commesso da correi ‘la cui storia giudiziaria testimonia la dedizione professionale alla perpetrazione di reati contro il patrimonio ‘ (pagine 4 -5 provvedimento impugnato).
Dunque, il provvedimento censurato basa la sua decisione soprattutto sulle modalità, ritenute professionali, emerse dalla condotta delittuosa: ritenendo -con valutazione che non presenta vizi di sorta -per tale ragione idonea la misura adottata.
Sempre il Tribunale collegiale definisce i ricorrenti ‘soggetti che hanno elevato il crimine a fonte di reddito’ (p. 5 ordinanza oggetto di ricorso): tanto, oltre che per le dette modalità professionali di esecuzione del delitto, anche in ragione dei precedenti.
Né tale valutazione risulta inficiata dal richiamo anche di un procedimento che è solo pendente a carico dell’COGNOME.
È noto, infatti, che, ai fini del giudizio sulla personalità, richiesto in materia cautelare dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., va tenuto conto anche delle eventuali pendenze penali, le quali, pur se non qualificabili come “precedenti penali” in senso stretto, sono tuttavia sempre riferibili a “comportamenti o atti concreti” che si assumono posti in essere dall’imputato o indagato e sono pertanto valutabili sotto tale profilo, sulla base del testuale tenore della suindicata disposizione normativa, senza che ne derivi contrasto alcuno con il principio di non colpevolezza di cui all’art. 27, comma secondo Cost., atteso che tale principio vieta di assumere la “colpevolezza” a base di qualsivoglia provvedimento, fino a quando essa non sia stata definitivamente accertata, ma non vieta affatto di trarre elementi di valutazione sulla personalità dell’accusato dal fatto obiettivo della
pendenza, a suo carico, di altri procedimenti penali (Sez. 6, n. 45934 del 22/10/2015, COGNOME, Rv. 265069-01; confronta, negli stessi termini: Sez. 2, n. 47411 del 14/10/2021, Rv. 282360-01, Sez. 1, n. 51030 del 06/06/2017, Rv. 271405-01 e Sez. 2, n. 7045 del 12/11/2013, dep. 2014, Pmt in proc. COGNOME, Rv. 258786-01)
Ad ogni modo, parte ricorrente non argomenta nulla circa la decisività del riferimento del Tribunale, per l’Amato, a precedenti episodi non oggetto di sentenza di condanna definitiva, chiarendo per quale ragione, emendata da quei passaggi motivazionali ritenuti erronei, la decisione sarebbe stata diversa.
Lo stesso Tribunale reputa, infatti, che la misura più stringente degli arresti domiciliari sia necessaria -come detto -in primis in ragione della professionalità dimostrata dai ricorrenti e da essa ne desume l’indole criminale, e considera espressamente il tempo decorso, ritenendo che nessuna ‘valenza neutralizzante’ possa ascriversi ‘al decorso di qualche mese dalla commissione del fatto’: non essendo ciò sufficiente a mitigare la pericolosità e la propensione a delinquere dei ricorrenti.
Né, ancora, può ritenersi di per sé decisivo, a favore dell’COGNOME, i l ruolo di ‘palo’ attribuitogli: essendo stato più volte chiarito che tale ruolo faciliti la realizzazione dell’attività criminosa, rafforzando l’efficienza dell’opera degli esecutori materiali e garantendo loro l’impunità (Sez. 5, n. 21469 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 281312-02; Sez. 2, n. 21453 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 27581701).
Il differente trattamento cautelare dell’altro coindagato è, evidentemente, irrilevante, tanto più ignorandosi la situazione del medesimo e, in particolare, se e quali siano i precedenti di quest’ultimo .
Men che meno, infine, è possibile comparare la posizione dell’COGNOME con la -dedotta -misura cautelare applicata alla vittima del furto, accusato di omicidio doloso e tentato omicidio doloso. È evidente che tale misura non possa costituire, ex se , parametro di riferimento significativo, in ragione delle diverse ragioni che hanno portato alle rispettive condotte e alla omessa comparazione del vissuto giudiziario di ognuno di loro.
Quanto alla sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 16/4/2025, di assoluzione del Bruno dal reato associativo finalizzato alla commissione di furti, è evidente che, trattandosi di dato sopravvenuto, la questione potrà, ove l’interessato lo riterrà, essere prospettata al giudice del merito che la valuterà, considerando evidentemente anche, tra l’altro, la contestuale condanna del medesimo per alcuni furti con irrogazione della pena a nove anni di reclusione e 10.000,00 euro di multa.
Infatti, in tema di impugnazioni cautelari, eventuali elementi sopravvenuti alla discussione dinanzi al Tribunale collegiale o addirittura alla sua decisione non assumono alcun rilievo nel successivo giudizio di legittimità, potendo essere fatti valere soltanto con una nuova richiesta di revoca o di modifica della misura cautelare al giudice competente (Sez. 3, n. 23151 del 24/01/2019, Rv. 27598201; Sez. 3, n. 13691 del 11/01/2011, Fascella, Rv. 249927-01; Sez. 2, n. 8460 del 14/02/2013, Di COGNOME, Rv. 255308-01).
Tale principio, affermato in relazione al sindacato di legittimità nei riguardi di un’ ordinanza del Tribunale in funzione di giudice del riesame, ha comunque natura generale (Sez. 3, n. 10429 del 6/2/2025, non massimata; Sez. 2, Sentenza n. 24328 del 27/4/2022, non massimata): sicché eventuali acquisizioni successive potranno essere fatte valere soltanto con la richiesta di revoca o modifica della misura al giudice competente (Sez. U, n. 11 del 08/07/1994, COGNOME, Rv. 19821101, in motivazione), come è dato desumere dall’ art. 299 cod. proc. pen. (Sez. 2, Sentenza n. 24328 del 27/4/2022, non massimata).
Trattasi -si ripete -di motivazione congrua, immune da vizi motivazionali e violazioni di legge, essendo, come detto, conforme ai principi di diritto sopra richiamati, che è esente da censure, pertanto, in questa sede.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di rigetto segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 04/06/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME