Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21539 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21539 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/11/2023 del TRIB. LIBERTA di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Taranto, con ordinanza del 13 novembre 2023, rigettava l’istanza di riesame avanzata da NOME avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere del 5 ottobre 2023 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Taranto.
Il giudice del riesame riteneva sussistenti gravi indizi di colpevolezza pendenti sul prevenuto in ordine all’ipotesi di reato di cui agli artt. 110, 73 comma 1, d.P.R. n. 309/1990 di cui ai capi 3 e 7 della incolpazione provvisoria.
I giudici della cautela ritenevano altresì la sussistenza altresì delle esigenze cautelari e GLYPH il concreto pericolo di reiterazione delle condotte illecite, nonché l’adeguatezza della misura della custodia in carcere come unica idonea ad arginare le esigenze cautelari.
L’indagato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione.
Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, ex art. 606, c. 1, lett. c) e lett. cod.proc.pen., violazione ed erronea interpretazione della norma processuale di cui all’art. 274 cod. proc. pen. e vizio della motivazione in ordine alla sussistenza dell’attualità del pericolo di reiterazione.
5.1. Deduce la difesa che l’ordinanza impugnata aveva innmotivamente disatteso l’insegnamento del Supremo Collegio secondo cui ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari ( sentenza n. 40538 del 2009). Nella specie si trattava di fatti risalenti ad oltre tre anni orsono e non erano state indicate specifiche circostanze da cui desumere la persistenza e concretezza del pericolo di recidiva, anzi era del tutto apodittica, contraddittoria e illogica l’affermazione per cui ” le condotte delittuose non si sono esaurite con il termine della attività di captazione (12 luglio 2020)”, senza alcuna prospettazione di una ipotesi associativa e con la chiara indicazione, nel capo di incolpazione provvisoria, del tempus comnnissi delicti fissato al luglio 2020. Parimenti illogico e contraddittorio era il riferimento al procedimento penale conclusosi con sentenza del GUP di Lecce del 16 luglio 2021, relativo all’acquisto di una partita di droga del valore di 65 mila euro da COGNOME NOME e COGNOME NOME, in quanto l’illecito era stato commesso addirittura prima e cioè nel dicembre 2018. A tanto doveva aggiungersi che, a fronte del predetto procedimento, il ricorrente era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dal 15 dicembre 2020 fico al 22 luglio 2021, data in cui la misura era stata revocata per la ritenuta insussistenza delle esigenze cautelari. Era dunque illogico disporre la misura cautelare della custodia in carcere per una ipotesi
delittuosa, quale quella relativa al presente procedimento, certamente di minore gravità con riferimento al quantitativo in contestazione. Era parimenti illogica l’affermazione per cui la perduranza dei legami con il contesto criminale sarebbe desumibile dal fatto che il COGNOME, in sede di arresto, era stato trovato in possesso di denaro contante e stupefacenti, non essendo in alcun modo riconducibili al NOME.
5.2. In relazione alla adeguatezza della misura, il ricorrente lamenta che il Tribunale aveva fornito una motivazione del tutto apparente non indicando le ragioni per cui la custodia in carcere costituiva l’unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari. Non era stata fornita alcuna motivazione, se non meramente assertiva, in ordine alla inidoneità della misura gradata degli arresti domiciliari con il controllo d braccialetto elettronico a contenere le esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato, e pertanto deve essere rigettato.
Giova premettere che il controllo di legittimità relativo ai provvedimenti de libertate, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità del argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (v., tra le tante, Sez. 2, n. 56 del 7 dicembre 2011, Siciliano, Rv. 251760; Sez. 6, n. 2146 del 25 maggio 1995, Tontoli ed altro, Rv. 201840). In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, può essere accolto solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17 maggio 2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. Un., n. 11 del 22 marzo 2000, Audino, Rv. 215828).
Tanto premesso, quanto alle esigenze cautelari, deve nuovamente essere condivisa, in quanto niente affatto illogica, la motivazione del giudice del riesame. Con particolare riferimento all’esigenza cautelare di cui all’art. 274, lett. c cod.proc.pen., si afferma costantemente in giurisprudenza che il pericolo di reiterazione criminosa si apprezza in ragione delle modalità e circostanze del fatto e della personalità dell’imputato (Sez. 3, n. 14846 del 5 marzo 2009, P.M. in proc. Pincheira, Rv. 243464). Peraltro, il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazio del reato, introdotto espressamente dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 nel testo
dell’art. 274 lett. c) cod.proc.pen., costituiva già prima della entrata in vigore del legge in questione un presupposto implicito per l’adozione della misura cautelare, in quanto necessariamente insito in quello della concretezza del pericolo, posto che l’attualità deve essere intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori reati, ma come prognosi di commissione di delitti analoghi, fondata su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una continuità ed effettività d pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della adozione della misura (Sez. 6, n. 9894 del 16 febbraio 2016, Rv. 266421). In particolare, dunque, la sussistenza di un pericolo “attuale” di reiterazione del reato va esclusa qualora la condotta criminosa posta in essere si riveli del tutto sporadica ed occasionale, dovendo invece essere affermata qualora – all’esito di una valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non sottoposto a misure – appaia probabile, anche se non imminente, la commissione di ulteriori reati (Sez. 2, n. 44946 del 13 settembre 2016, COGNOME ed altro, Rv. 267965). In conclusione, il requisito dell’attualità del pericolo previs dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 2 , n. 38299 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285217 – 01). Sez. 5 – n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4.1. Ciò chiarito, va rilevato, in primo luogo, che resiste alle censure proposte l’articolata argomentazione del giudice della cautela. In accordo con l’indirizzo giurisprudenziale sopra illustrato, il Tribunale ravvisa con certezza le esigenze di prevenzione in relazione alla personalità dell’indagato, gravato da un precedente specifico, essendo stato condannato ex art. 444 cod. proc. a due anni e otto mesi per reati in materia di stupefacenti risalenti al 2018. La commissione di condotte delittuose della stessa specie nel 2019 e 2020 è stata valorizzata dai giudici di merito, con ragionamento non illogico, quale elemento da cui dedurre la peculiare la propensione a delinquere dell’indagato che, anche dopo il 2018, epoca dai fatti per i quali aveva riportato condanna, aveva continuato a svolgere attività di illecito commercio di stupefacente. Il Tribunale valorizza altresì alle specifiche modalità e circostanze dei fatti in esame ( non sono stati contestati i gravi indizi di colpevolezza), sottolineando gli stabili legami dell’indagato con noti soggetti pluripregiudicati con i quali aveva collaborato nelle attività illecite di cessione di sostanza stupefacente; i ruolo di certo non marginale del COGNOME nella vicenda, essendo il COGNOME una figura di riferimento, in asse con il COGNOME, per la fornitura destinata al successivo smercio di sostanza nel centro di Taranto, i contatti del COGNOME con esponenti della delinquenza partenopea, come si ricava dalle risultanze dei servizio di OCP riportati nell’ordinanza impugnata. Aggiunge il Tribunale che il fatto, accertato, dell’acquisto di droga per l’importo di 65000 euro (per il quale aveva riportato condanna), può far certamente dedurre come il COGNOME sia un soggetto ben inserito nel contesto, non essendo plausibile che possa essere destinatario di una partita di tale valore un del personaggio che non goda di fiducia negli ambienti criminali; altro elemento valorizzato è la totale assenza dell’esercizio di attività lavorativa che, da un lat rende certamente verosimile il fatto che gli acquisti di droga siano maturati con i proventi di precedenti attività di cessione, e, dall’altro, fa ritenere immutato contesto socio ambientale di riferimento dell’indagato. Si tratta, dunque, di elementi idonei a rendere concreta ed attuale l’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione della condotta, così come tratteggiato dai precedenti giurisprudenziali sopra richiamati. Quanto alla adeguatezza della misura, il Tribunale sottolinea che, secondo quanto contestato al capo 3 della incolpazione provvisoria ( in questa sede non sono state mosse censure in ordine ai gravi indizi di colpevolezza) il COGNOME si serviva, ai fini di smerciare la droga, del COGNOME, all’epoca ristretto agli arresti domiciliari, c evidente dimostrazione della indifferenza dell’indagato alle prescrizioni imposte dalla autorità giudiziaria nonché della inidoneità della misura predetta ad impedire a condotta criminosa. Dette affermazioni, dotate di indiscutibile forza logica, non risultano neppure attaccate nel ricorso. E non sono illogiche neppure le argomentazioni del Tribunale inerenti alla pregressa sottoposizione del COGNOME alla misura degli arresti domiciliari in ordine al precedente procedimento di cui si è fatto cenno, conclusosi, come detto, con la condanna ad anni due e mesi otto di reclusione a seguito di sentenza ex art. 44 cod proc pen cui, per quanto si legge nel provvedimento impugnato, era seguito ordine di carcerazione poi sospeso. Il ricorrente si duole, in sostanza, che, a fronte di un reato riguardante l’acquisto di una partita di droga rilevante aveva subito una misura cautelare in forma gradata; sul punto, il Tribunale rileva che, da un lato, non può ritenersi vincolante una valutazione operata in altro provvedimento e che inoltre i due episodi contestati; seguenti a quello per il quale i COGNOME aveva riportato condanna, rivelavano una costante e stabile attività di spaccio, che non si era arrestata e che era stata perpetrata, appunto, mediante complici ristretti agli arresti domiciliari all’epoca dei fatti. Anche det considerazioni risultano logiche e coerenti e resistono alle censure proposte. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Va poi ribadito che il giudizio del Tribunale del riesame sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la su natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sull’inopportunità di impiego di uno degli strumenti elettronici di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen. (in motivazione, la Corte ha precisato che deve ritenersi assolto l’onere motivazionale sulla assoluta proporzionalità della misura carceraria quando si esclude in radice l’idoneità del regime cautelare fiduciario, ordinariamente GLYPH caratterizzato GLYPH dal GLYPH controllo GLYPH elettronico): GLYPH cfr. sez. 2 – n. 43402 del 25/09/2019, Marsili, Rv. 277762 – 01
Infine, deve rilevarsi che i giudici di merito hanno correttamente applicato il principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo cui, ai fini della valutazione di adeguatezza degli arresti domiciliari in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., non assume rilevanza l’assenza di formali inosservanze alle prescrizioni accessorie nell’esecuzione di analoga misura applicata in procedimenti diversi, ove risulti accertato che non sia valsa ad impedire la reiterazione del reato ( Sez. 5 – n. 12095 del 20/01/2021 , COGNOME, Rv. 280751 – 01).
Si impone pertanto il rigetto del ricorso, cui segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 c. 1-ter, disp. att cod.proc.pen.
Così deciso in Roma, il 19 marzo 2024
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente