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Pericolo di reiterazione e custodia cautelare in carcere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo in custodia cautelare per reati di droga. La sentenza stabilisce che il semplice trascorrere del tempo non è sufficiente a escludere il pericolo di reiterazione del reato, specialmente in presenza di presunzioni legali come quelle per l’associazione a delinquere. I motivi di ricorso basati sulla gravità indiziaria sono stati respinti in quanto non sollevati nella precedente fase di riesame.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Pericolo di Reiterazione: Quando il Tempo Non Basta a Riaprire le Porte del Carcere

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20774/2024, torna a pronunciarsi su un tema centrale nel diritto processuale penale: la valutazione del pericolo di reiterazione del reato ai fini della custodia cautelare. La decisione chiarisce che il semplice trascorrere del tempo, anche se significativo, non è di per sé sufficiente a superare le presunzioni di pericolosità previste dalla legge per reati di particolare gravità, come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva rigettato l’istanza di riesame presentata da un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere. L’uomo era gravemente indiziato per reati legati al traffico di droga, inclusa la partecipazione a un’associazione criminale (art. 74 d.p.r. 309/1990).

Avverso questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, articolando diverse censure volte a smontare l’impianto accusatorio e, soprattutto, la necessità della misura detentiva.

I Motivi del Ricorso: Tempo e Indizi Sotto la Lente

Il ricorrente ha basato la sua difesa su sei motivi principali, concentrandosi in particolare sull’insussistenza delle esigenze cautelari.

L’Argomento Temporale

Il punto cardine della difesa era l’assenza di un pericolo di reiterazione concreto e attuale. Si evidenziava come dall’ultimo fatto contestato (febbraio 2020) all’applicazione della misura (novembre 2023) fossero trascorsi ben tre anni e otto mesi. Durante questo lungo periodo, l’indagato non avrebbe commesso reati analoghi e avrebbe interrotto ogni contatto con gli altri coindagati, dimostrando, a dire della difesa, di essersi allontanato dal circuito criminale.

Le Censure sulla Gravità Indiziaria

Altri motivi di ricorso criticavano la motivazione dell’ordinanza riguardo all’esistenza di gravi indizi di colpevolezza, in particolare per il reato associativo. La difesa contestava l’interpretazione di alcuni elementi probatori, ritenendoli insufficienti a dimostrare un legame stabile e organico con un’organizzazione criminale.

Il Pericolo di Fuga

Infine, il ricorso lamentava che l’ordinanza fosse immotivata o errata anche riguardo alla sussistenza del pericolo di fuga.

La Valutazione della Cassazione sul Pericolo di Reiterazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e inammissibile, offrendo chiarimenti cruciali. Per quanto riguarda il pericolo di reiterazione, i giudici hanno ribadito che il reato di cui all’art. 74 d.p.r. 309/1990 attiva una presunzione legale di pericolosità (art. 275, comma 3, c.p.p.).

Questa presunzione non può essere superata dal solo decorso del tempo. Sebbene il fattore temporale sia un elemento da considerare, non è di per sé determinante in assenza di altri elementi concreti che dimostrino un effettivo allontanamento dell’indagato dal contesto criminale. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva fornito prove di un reinserimento sociale, come ad esempio lo svolgimento di un’attività lavorativa stabile, che potessero indicare un reale cambio di vita.

L’Inammissibilità dei Motivi sulla Prova

Di particolare rilevanza processuale è la decisione sui motivi relativi alla gravità indiziaria. La Cassazione li ha dichiarati inammissibili perché si trattava di censure nuove, non dedotte nella precedente istanza di riesame. La Corte ha ricordato il principio secondo cui non è possibile introdurre per la prima volta nel giudizio di legittimità argomenti che dovevano essere sollevati davanti al Tribunale della Libertà. Questo garantisce la coerenza e la progressione logica del processo.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, ha stabilito che i motivi relativi alla sussistenza del pericolo di reiterazione erano manifestamente infondati. Il Tribunale aveva correttamente applicato la presunzione di pericolosità prevista dall’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale per reati gravi come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. Secondo la Corte, il mero trascorrere del tempo non è un elemento sufficiente a vincere tale presunzione, soprattutto quando l’indagato non ha fornito prove concrete di un suo allontanamento dal circuito criminale, come ad esempio un’attività lavorativa documentata.

In secondo luogo, i motivi che contestavano la gravità degli indizi di colpevolezza sono stati giudicati inammissibili. La Corte ha rilevato che tali questioni non erano state sollevate durante l’udienza di riesame, configurandosi quindi come ‘motivi nuovi’ non proponibili per la prima volta in sede di legittimità. Infine, i motivi concernenti il pericolo di fuga sono stati ritenuti irrilevanti, poiché per giustificare una misura cautelare è sufficiente la sussistenza di anche una sola delle esigenze previste dalla legge; in questo caso, il concreto e attuale pericolo di reiterazione era stato adeguatamente motivato.

le conclusioni

La sentenza in esame consolida due principi fondamentali in materia di misure cautelari. Primo: il pericolo di reiterazione del reato, per i delitti di criminalità organizzata, è assistito da una forte presunzione legale che non può essere scalfita dal solo decorso del tempo. Per ottenere una revisione della misura, l’indagato deve fornire la prova positiva di un percorso di vita alternativo al crimine. Secondo: il processo di impugnazione delle misure cautelari ha una struttura rigida. Le questioni relative alla gravità indiziaria devono essere sollevate immediatamente davanti al Tribunale del Riesame; in caso contrario, non potranno essere recuperate successivamente in Cassazione. Questa decisione, dunque, non solo conferma la severità dell’ordinamento verso certi tipi di reato, ma sottolinea anche l’importanza di una strategia difensiva completa e tempestiva sin dalle prime fasi del procedimento.

Il solo trascorrere del tempo è sufficiente a eliminare il pericolo di reiterazione del reato?
No. Secondo la sentenza, il mero passare del tempo, in assenza di altri elementi concreti (come un’attività lavorativa stabile), non è di per sé determinante per superare la presunzione di pericolosità legata a gravi reati come l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione motivi non discussi nel giudizio di riesame?
No. La Corte ha dichiarato inammissibili i motivi relativi alla gravità degli indizi di colpevolezza proprio perché non erano stati dedotti nella precedente istanza di riesame, configurandosi quindi come ‘motivi nuovi’ non ammessi nel giudizio di legittimità.

Per applicare una misura cautelare, devono sussistere tutte e tre le esigenze cautelari (pericolo di inquinamento prove, di fuga e di reiterazione)?
No. La sentenza ribadisce che per fondare una misura cautelare è sufficiente l’esistenza anche di una sola delle tre esigenze. Nel caso specifico, essendo stato ritenuto congruamente motivato il pericolo di reiterazione, le censure relative al pericolo di fuga sono state considerate irrilevanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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