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Pericolo di reiterazione e custodia cautelare in carcere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo sottoposto a custodia cautelare per reati seriali contro il patrimonio, come furto e clonazione di carte carburante. La Corte ha confermato la misura, ritenendo concreto e attuale il pericolo di reiterazione. La decisione si fonda sulla ‘professionalità’ criminale dell’imputato, sulla serialità delle condotte e sulla sua dedizione al crimine come unica fonte di sostentamento. Secondo i giudici, questi elementi dimostrano una pericolosità sociale tale da rendere inadeguata qualsiasi misura meno afflittiva del carcere, nonostante il tempo trascorso dai fatti.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Custodia Cautelare: Quando il Pericolo di Reiterazione Giustifica il Carcere?

La valutazione del pericolo di reiterazione è uno dei pilastri su cui si fonda l’applicazione delle misure cautelari nel nostro ordinamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 27197/2025) offre un’analisi dettagliata dei criteri che guidano i giudici in questa delicata prognosi, confermando come uno stile di vita ‘professionalmente’ dedito al crimine possa giustificare la massima misura restrittiva, la custodia in carcere, anche a distanza di tempo dai fatti contestati.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo accusato di una serie di reati contro il patrimonio, tra cui furto aggravato, ricettazione e indebito utilizzo e falsificazione di carte carburante. A seguito dell’applicazione della custodia cautelare in carcere, la difesa aveva presentato ricorso al Tribunale del riesame, che aveva annullato la misura solo per il reato associativo, confermandola per tutto il resto.
L’imputato si è quindi rivolto alla Corte di Cassazione, sostenendo che il pericolo di reiterazione non fosse più attuale, dato il tempo trascorso, la sua confessione in un procedimento analogo e l’assenza di nuove condotte criminali dopo una precedente scarcerazione. Contestava inoltre la scelta della misura carceraria, ritenendola sproporzionata.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Pericolo di Reiterazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno confermato la validità della motivazione del Tribunale del riesame, che aveva giustamente individuato un concreto e attuale pericolo di reiterazione basandosi su elementi specifici.

Le Motivazioni: la ‘Professionalità’ Criminale come Fattore Decisivo

La Corte ha chiarito che l’attualità del pericolo non va intesa come imminenza di una specifica occasione di reato, ma come una prognosi fondata sulla personalità dell’accusato e sul suo contesto di vita. Nel caso di specie, gli elementi decisivi sono stati:

* La serialità e le modalità dei reati: Le condotte (furto e clonazione di carte) erano state ripetute nel tempo con un metodo seriale, indicativo di un’elevata ‘professionalità’ criminale e di un sistema illecito ben collaudato.
* La dedizione al crimine: L’attività criminale rappresentava l’unica fonte di sostentamento per l’imputato, evidenziando una ‘ostinazione’ e ‘pervicacia’ che rendevano altamente probabile la ripresa delle stesse attività se posto in libertà.
* L’insufficienza di misure meno afflittive: I giudici hanno ritenuto che neppure gli arresti domiciliari con controllo elettronico sarebbero stati sufficienti a neutralizzare il rischio, poiché l’attività di clonazione delle carte poteva essere tranquillamente proseguita anche da casa.

La Corte ha inoltre specificato che il tempo trascorso dai fatti è un elemento recessivo di fronte a una personalità così negativamente connotata. Allo stesso modo, il paragone con la posizione di altri coindagati (sottoposti a misure meno gravi) è stato respinto, poiché la valutazione delle esigenze cautelari è strettamente individuale.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del pericolo di reiterazione è un’analisi approfondita e personalizzata che va oltre il singolo episodio criminale. Quando emerge un quadro di ‘professionalità’ e di ‘stile di vita’ criminale, in cui il reato diventa l’unica o la principale fonte di reddito, i giudici sono legittimati a considerare il pericolo come attuale e concreto, giustificando così la misura della custodia cautelare in carcere come unica idonea a proteggere la collettività. La discrezionalità del giudice di merito, se logicamente e congruamente motivata come in questo caso, difficilmente può essere scalfita dal sindacato di legittimità della Cassazione.

Quando il pericolo di reiterazione può essere considerato ‘attuale’ per giustificare la custodia in carcere?
Secondo la Corte, il pericolo è ‘attuale’ non quando vi è un’imminente opportunità di delinquere, ma quando la valutazione della personalità dell’imputato, delle modalità del reato e del suo contesto di vita porta a una prognosi di continuità nell’attività criminale. La dedizione professionale al crimine è un indicatore chiave di attualità.

Il tempo trascorso dai fatti contestati può far venir meno le esigenze cautelari?
Non necessariamente. La sentenza chiarisce che il passare del tempo è un fattore da considerare, ma perde di rilevanza di fronte a una personalità che dimostra una stabile dedizione al crimine. In questi casi, la pericolosità sociale è ritenuta persistente e il rischio di ricaduta rimane elevato.

Perché un imputato può ricevere la custodia in carcere mentre i suoi coindagati una misura meno grave come gli arresti domiciliari?
La valutazione delle esigenze cautelari e della misura più adeguata è strettamente individuale. Ogni posizione viene vagliata separatamente, tenendo conto della personalità, del ruolo specifico e del rischio di reiterazione di ciascun indagato. Una misura applicata a un coindagato non costituisce un precedente vincolante per gli altri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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